La rampa del Parco Dora di Torino è una sorta di teatro acrobatico underground che attira aspiranti freestyler da tutta la cintura del capoluogo piemontese.
Skate, BMX, rollerblade, pattini a rotelle, monopattini, manovrati con più o meno abilità si alternano in questi pochi metri quadrati alla ricerca di un trick tecnicamente sempre più preciso, audace e rigorosamente diverso da qualunque altro fatto prima.
Non contano età, sesso, orari o temperature invernali. Troverete sempre qualcuno che sfida sè stesso e i propri limiti, maltrattando la propria bici o il proprio skate volendogli “tutto il bene possibile”.
In questo parco post-industriale, dove fino agli anni Novanta sorgevano i grandi stabilimenti produttivi della Fiat e della Michelin, abbiamo incontrato Stefano Giusiano e Ludovico Patti, rispettivamente rider e skater della crew torinese 45 ST..
Amici. Freestyler. Uniti dalla stessa passione.
Per Stefano la Bmx è una “sfida continua verso se stessi, un’occasione per cercare di fare sempre qualcosa di diverso da prima. L’aspetto che più amo di questo sport, che in realtà è un vero e proprio stile di vita è che sei libero e puoi dare sfogo alla tua creatività.”
Per Ludovico, ventireene che ha alle spalle un Campionato Italiano Skateboard categoria Transition, lo skate è una sfida alle “leggi della fisica! Riuscire in manovre che non credevi di poter fare, che vedevi solo nei video. Bisogna impegnarsi, mantenere la concentrazione, avere senso dell’equilibrio, studiare i movimenti e, soprattutto insistere.”
Per entrambi, però, la parola d’ordine è una : adrenalina.
“Senso del pericolo e rischio vanno bilanciati con la consapevolezza dei propri limiti, con la padronanza del proprio corpo e, nel mio caso, della bici.” spiega Stefano, riferendosi alla BMX come se si trattasse di un’estensione di sè, alla stregua di un braccio. Non a caso, nessuno dei due ha avuto infortuni gravi, ma “solo ginocchia e gomiti sbucciati”.
Un altro aspetto interessante è il loro modo di leggere la città.
“In realtà non conta dove ti trovi – racconta Stefano – perchè impari a guardare l’arredo urbano con un occhio diverso, in funzione del riding. Ogni panchina, muretto, monumento diventano uno spot da interpretare in modo sempre diverso. La sola cosa importante è non essere da soli, sebbene non sia uno sport di squadra perchè nella performance contano solo le capacità individuali, fare squadra è basilare. Non mi sognerei mai di andare da solo a provare!” Ludovico aggiunge ridendo : “Io da solo su una rampa non durerei più di venti minuti, mi annoierei subito! E poi confrontarsi è importante, si migliora più in fretta! Ricordo di interi pomeriggi passati seduto con lo skate in mano a osservare skaters più capaci per cercare di capire come fare un ollie o uno switch. Guardare dal vivo poche ore mi è servito molto di più che provare da solo per anni!”
“Anche la competizione – continua Stefano – viene vista in modo sano, perchè conta molto di più ciò che unisce : l’amore per gli sport freestyle. Il senso di appartenenza è tale che in qualunque luogo del mondo sarai, sai già che potrai sentirti a casa. Sarai accolto come se fossi amico da sempre da chi condivide la tua stessa passione e questo significa, per fare un esempio concreto, che troverai sicuramente un posto dove dormire, aspetto che negli sport tradizionali non è così scontato. ”
“’Cause we’re friendly for ozone”, come cantavano i Bomfunk Mc’s nel 1999 “Carry on with the freestyler… “