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Cartoline dai morti

Creato il 07 novembre 2010 da Fabry2010

CARTOLINE DAI MORTI

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Qui la fine della primavera e la fine dell’inverno sono piú o meno la stessa cosa. Il segnale sono le prime rose. Ne ho vista una mentre mi portavano nell’ambulanza. Ho chiuso gli occhi pensando a questa rosa mentre davanti l’autista e l’infermiera parlavano di un ristorante nuovo dove ti fanno abbuffare e si spende pochissimo.

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Sono morto in Canada. Avevo una brutta diarrea, avevo una brutta faccia. Mi sono ricoverato in ospedale e dopo un paio di giorni di analisi mi hanno detto che mi restavano pochi mesi di vita. Non ho piú mangiato, non mi sono piú alzato dal letto.

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Ho preso la corrente, sono morto fulminato. Stavamo lavorando nel cinema, il lavoro era quasi finito. Ero appena tornato dalla Svizzera. Ero contento.

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A un certo punto ho pensato che potevo diventare un uomo importante. Sentivo che la morte mi dava tempo. E allora infilai la testa nel mondo come un bambino che infila le mani nella calza della befana. Poi è arrivato il mio giorno. Svegliati, disse mia moglie. Svegliati, continuava a ripetere.

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Ho scritto queste cartoline dopo i piccoli attacchi di panico che continuano a visitarmi. Non sono piú gli attacchi di una volta, quelli per cui cerchi qualcuno che ti accompagni in ospedale e se non lo trovi ci vai da solo e quando ci arrivi ancora non ti è chiaro se stai morendo davvero o sei a un altro capitolo della tua penosa ipocondria. Ho provato a scrivere delle cartoline anche in altri momenti, ci ho provato un po’ di volte, ma ho buttato tutto. Erano simili alle altre, il disegno delle frasi era quello, quello il colore, ma la stoffa era asciutta, non era bagnata in quell’umore che ti viene dalla morte appena trascorsa. Allora puoi scrivere intorno a questa cosa che forse regge tutto, intorno a questo niente che sorregge e corrode ogni cosa. Lo sguardo del panico dilata i sensi, li fa grezzi, non hai tempo di raffinare, di romanzare. Dopo dieci, venti minuti sei di nuovo sul binario morto della calma o dell’agitazione usuale e allora puoi solo parlare della tua vita o di quella degli altri. I morti non ti pensano, non ti mandano nessuna cartolina.



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