Da tempo arriva l’eco della protesta, zittita, costretta al silenzio, di chi sta per perdere il lavoro alla Danone di Casale Cremasco, lo stabilimento di cui è stata annunciata la chiusura. Prima ancora però che la francese Danone manifestasse di andarsene in Belgio, lasciando a casa 100 dipendenti, compresi i 13 amministrativi della sede milanese, in primavera, esattamente il primo aprile, il Sole 24 Ore dava notizia dell’accordo raggiunto tra Lactalis – altra multinazionale francese – e i sindacati italiani.
Danone, a Casale Cremasco, è in affitto: impianti e fabbrica sono della Galbani, la quale certo non li lascerà inutiizzati nella serie di spostamenti in programma.
Ad aprile intanto è stata decisa la chiusura della Galbani di Caravaggio e del reparto di confezionamento del reparto di Gorgonzola di Introbio.
Il Sole del primo aprile riporta che l’accordo sindacale è stato raggiunto dopo ben 14 ore di trattativa presso Assolombarda: la firma è stata apposta solo alle quattro del mattino.
Non tutto di quel che già si sapeva o intuiva è stato detto? Perché poi tanta cura nel definire gli ammortizzatori sociali, quasi persona per persona, in particolare per la manodopera femminile?
Dei 218 dipendenti Galbani di Caravaggio 131 sarebbero stati spostati, nel gioco delle mobilità, proprio a Casale, mentre 62 sarebbero stati spostati a Corteolona e 11 a Giussago-Certosa di Pavia.
Galbani ora ha una carta in più da giocare a Casale, utilizzando impianti e fabbrica dati in affitto a Danone. Potrebbe sorgere un polo lattiero-caseario da 430 posti di lavoro, col rischio però, per i sindacati, che uno stabilimento chiuda in provincia di Pavia, correggendo così quell’accordo del primo aprile.
In un mese, da quanto si viene a sapere da fonti sindacali, arriveranno 80 dipendenti Galbani da Caravaggio a Casale e più tardi arriveranno gli altri 200 circa: la crudeltà di questo risiko è che i due stabilimenti sono vicini. Alcuni troveranno o ritroveranno il lavoro, altri lo perderanno. Tutto per uno scambio di pedine, per un gioco di interessi francesi che non si possono controllare in un mercato spietato? Erano stati ancora i sindacati della Danone a far notare alla stampa che la fabbrica di yogurt non era in crisi, bensì in calando, ma ancora in attivo. Danone sceglieva un trasferimento in Belgio “preventivo”, temendo una crisi nei prossimi anni. Galbani – cioè Lactalis – non farà lo yogurt e a Casale, visto che gli impianti di confezionamento e produzione usati da Danone sono nuovi, avrà una chance straordinaria. 430 dipendenti sono una potenza, se questo programma sarà attuato.
Che cosa possa provare un dipendente della Danone di questi tempi si può immaginare. Sindacati forti da una parte, deboli dall’altra? O aziende che credono nell’Italia e altre no, forti di leggi che non lasciano molti margini di trattativa ai sindacati? E il lavoratore a che cosa è ridotto in questo via vai?