I leghisti vedono quelli dell’Udc, e Pierferdinando Casini in particolare, come fumo negli occhi (e usiamo un eufemismo). Proprio ieri Roberto Maroni, nella penultima tappa della sua tournée televisiva anti-Saviano, discorrendo amabilmente con Lucia Annunziata ha detto “le avevo sentite tutte, governo di solidarietà, governo tecnico, governo di ruolo ma governo di armistizio mai”. Era appena successo che terminando l’assemblea nazionale del suo partito a Milano, Casini aveva improvvisamente riaperto i giochi ed era tornato a dare la disponibilità sua e dei suoi, a sedersi intorno ad un tavolo con Silvio e ridiscutere tutto, ingresso dell’Udc nella maggioranza compreso. L’impressione è che il Berlusconi dato per “bollito”, tutto sia meno che in fase calante. E ha voglia Fini a dire che il suo discorso on-line non è stato un passo indietro, infatti si è trattato di una vera e propria retromarcia. Nel paese dei miracoli più o meno scientificamente provati, la resurrezione di Silvio-Lazzaro ha sconvolto solo coloro che lo avevano dato per morto. È bastato che Daniela-Marta Santanchè iniziasse il suo giro di perlustrazione fra gli ignavi per far dire a Berlusconi “il 15 dicembre avrò la maggioranza sia al Senato che alla Camera”. Insomma, in poche ore lo scenario politico italiano è radicalmente cambiato. Dimostrando di avere sette vite come i gatti (nove per gli inglesi), Berlusconi dato per morto e sepolto, ha avuto un risveglio ottenuto grazie alla sua invariata potenza di fuoco persuasiva, quella che va dall’offerta di un posto sicuro in lista al pagamento dei mutui, dall’assegno vitalizio, o quasi, come ha fatto con Pottino&Gabbana i due compari ex leghisti, fino all’invito ai party di Villa San Martino. Casini, insomma, si è ricollocato, riposizionato, ha rivisto i vecchi schemi forlaniani, li ha adeguati al giorno d’oggi e ha deciso che si può fare, si può tornare ad essere maggioranza dopo essere stato per troppo tempo all’opposizione. Ma l’aspetto comico dello statista Casini è che ieri ha esordito dicendo: “Non ci fidiamo della Lega, non ci fidiamo di Berlusconi, non ci fidiamo di nessuno di questo governo però, per amor di patria, siamo favorevoli all’armistizio”. Ma alla fine la “vajassa” è davvero Alessandra Mussolini? Il buon Tonino Di Pietro, che finalmente ha trovato nella Carfagna un’emula degna delle sue invettive, per Pierfy Casini elaborò qualche tempo fa una equazione matematica forse stanco del paragone bucolico con il “moscone verde” con il quale lo aveva sempre definito. Disse Di Pietro: “Casini sta alla politica come le escort a Berlusconi”, la fregatura è che il leader dell’Italia dei Valori come quasi sempre, e caso De Luca a parte, c’ha azzeccato. E la conferma che Silvio si senta in una botte di ferro è venuta dalle dichiarazioni rese a Lisbona sul caso della ministra per le pari opportunità che non ha più chiamato Mara ma “la signora Carfagna”, che è stato come un prenderne le distanze in modo risolutivo, un addio che manco Lara a Zivago mentre Victor Komarovsky la portava via con la slitta. Ma sapete qual è l’aspetto che ci spinge a dire stizziti “perdindirindina”? Il fatto che tutti parlino a nome di noi italiani e del nostro avvenire, che tutti abbiano a cuore le sorti della nazione dopo averla depredata fino a “farsela”, come ha lucidamente affermato Luciano Ligabue in “Buonanotte all’Italia”. A nome mio, se permettete, parlo io che non mi ritengo né gente né minoranza silenziosa, a nome vostro fate un po’ voi.
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Casini-Badoglio: “Occorre un governo di armistizio”. Siamo sicuri che la vajassa sia Alessandra Mussolini?
Creato il 22 novembre 2010 da Massimoconsorti @massimoconsorti
I leghisti vedono quelli dell’Udc, e Pierferdinando Casini in particolare, come fumo negli occhi (e usiamo un eufemismo). Proprio ieri Roberto Maroni, nella penultima tappa della sua tournée televisiva anti-Saviano, discorrendo amabilmente con Lucia Annunziata ha detto “le avevo sentite tutte, governo di solidarietà, governo tecnico, governo di ruolo ma governo di armistizio mai”. Era appena successo che terminando l’assemblea nazionale del suo partito a Milano, Casini aveva improvvisamente riaperto i giochi ed era tornato a dare la disponibilità sua e dei suoi, a sedersi intorno ad un tavolo con Silvio e ridiscutere tutto, ingresso dell’Udc nella maggioranza compreso. L’impressione è che il Berlusconi dato per “bollito”, tutto sia meno che in fase calante. E ha voglia Fini a dire che il suo discorso on-line non è stato un passo indietro, infatti si è trattato di una vera e propria retromarcia. Nel paese dei miracoli più o meno scientificamente provati, la resurrezione di Silvio-Lazzaro ha sconvolto solo coloro che lo avevano dato per morto. È bastato che Daniela-Marta Santanchè iniziasse il suo giro di perlustrazione fra gli ignavi per far dire a Berlusconi “il 15 dicembre avrò la maggioranza sia al Senato che alla Camera”. Insomma, in poche ore lo scenario politico italiano è radicalmente cambiato. Dimostrando di avere sette vite come i gatti (nove per gli inglesi), Berlusconi dato per morto e sepolto, ha avuto un risveglio ottenuto grazie alla sua invariata potenza di fuoco persuasiva, quella che va dall’offerta di un posto sicuro in lista al pagamento dei mutui, dall’assegno vitalizio, o quasi, come ha fatto con Pottino&Gabbana i due compari ex leghisti, fino all’invito ai party di Villa San Martino. Casini, insomma, si è ricollocato, riposizionato, ha rivisto i vecchi schemi forlaniani, li ha adeguati al giorno d’oggi e ha deciso che si può fare, si può tornare ad essere maggioranza dopo essere stato per troppo tempo all’opposizione. Ma l’aspetto comico dello statista Casini è che ieri ha esordito dicendo: “Non ci fidiamo della Lega, non ci fidiamo di Berlusconi, non ci fidiamo di nessuno di questo governo però, per amor di patria, siamo favorevoli all’armistizio”. Ma alla fine la “vajassa” è davvero Alessandra Mussolini? Il buon Tonino Di Pietro, che finalmente ha trovato nella Carfagna un’emula degna delle sue invettive, per Pierfy Casini elaborò qualche tempo fa una equazione matematica forse stanco del paragone bucolico con il “moscone verde” con il quale lo aveva sempre definito. Disse Di Pietro: “Casini sta alla politica come le escort a Berlusconi”, la fregatura è che il leader dell’Italia dei Valori come quasi sempre, e caso De Luca a parte, c’ha azzeccato. E la conferma che Silvio si senta in una botte di ferro è venuta dalle dichiarazioni rese a Lisbona sul caso della ministra per le pari opportunità che non ha più chiamato Mara ma “la signora Carfagna”, che è stato come un prenderne le distanze in modo risolutivo, un addio che manco Lara a Zivago mentre Victor Komarovsky la portava via con la slitta. Ma sapete qual è l’aspetto che ci spinge a dire stizziti “perdindirindina”? Il fatto che tutti parlino a nome di noi italiani e del nostro avvenire, che tutti abbiano a cuore le sorti della nazione dopo averla depredata fino a “farsela”, come ha lucidamente affermato Luciano Ligabue in “Buonanotte all’Italia”. A nome mio, se permettete, parlo io che non mi ritengo né gente né minoranza silenziosa, a nome vostro fate un po’ voi.
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