«Non faccio parte di quella schiera di froci riconosciuti e autorizzati a parlare in pubblico a nome della categoria», a dirlo è l’attore omosessuale Nino Spirlì. Ha voluto prendere posizione dopo le vicende legate a Michaela Biancofiore, a cui hanno tolto le deleghe come sottosegretario alle Pari Opportunità a causa di alcune affermazioni scomode all’omosessualisticamente corretto.
Ha ad esempio espresso la sua opinione (simile a quella di tanti politici di destra, sinistra e centro, nonché della gran parte degli italiani) sui transessuali: «A livello di persone non vedo differenza, ma non credo sia normale che un uomo vada con un trans. Come donna non riesco ad accettarlo». Occorre ricordare che sono le associazioni di psicologi (da qualche anno politicamente gay-friendly) a considerare “non normali” gli stessi transessuali, in quanto affetti dal disturbo dell’identità di genere (DIG), patologia catalogata fra i disturbi mentali del DSM-IV (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali). La normalità, nonostante oggi faccia paura ricordarlo, è la complementarità dei sessi, come ha deciso la natura umana.
Un’altra frase della Biancofiore incriminata è questa: «Purtroppo qualcuno nasce con una natura diversa, tra l’altro una natura che non ti fa avere una vita facile. Sono persone che considero al pari di me. Non c’è solo l’eterosessualità, ma anche una sessualità diversa, che oggi, purtroppo, è estremamente comune». L’onorevole del PDL sembra in questo dare ragione al leader omosessuale Franco Grillini il quale sostiene che omosessuali si nasce e non si diventa, inoltre sottolinea la vita non facile degli omosessuali. Perché la lobby gay si è arrabbiata? Forse per il “purtroppo”? Polemiche anche per questa frase: «Gli italiani sono tendenzialmente contrari ai matrimoni gay perché noi restiamo un popolo profondamente cattolico. Detto questo, ho il massimo rispetto per tutte le forme di amore». Ancora una volta non si capisce cosa vi sia di discriminatorio in questa frase, forse non corrisponde alla realtà perché molti cattolici ormai sono totalmente in opposizione al cattolicesimo che professano, ma non si nota alcuna nota omofobica nella frase.
Infine c’è un’ultima frase della Biancofiore che è contestata: «Mi piacerebbe per una volta che anche le associazioni gay, invece di autoghettizzarsi e sprecare parole per offendere chi non conoscono, magari condannassero i tanti femminicidi delle ultime ore. Difendono solo il loro interesse di parte». Non ha senso chiedere agli omosessuali di concentrarsi sui femminicidi, tuttavia è vero che la lobby gay si ghettizza da sola con queste crociate ad personam, lo dicono gli stessi omosessuali liberi pensatori, come appunto Spirlì: «non faccio parte di quella schiera di froci riconosciuti e autorizzati a parlare in pubblico a nome della categoria». Sotto accusa è certamente l’Arcigay, che pesca nel retroterra comunista dell’Arci e su cui Il Giornale ha fatto una piccola inchiesta in questi giorni (ripresa da Dagospia). Alessandro Cecchi Paone, storico gay non allineato, ha spiegato: «Direi che è una rete solida e anche remunerativa, un business. Non a caso animatori e ballerine sfilano nel corteo del Gay Pride. La mitica lobby non riesce a portare a casa alcun risultato, proprio perché è impantanata negli schemi delle contrapposizioni politiche».
Ma non è certo un’opinione isolata: Nathalie de Williencourt, lesbica e leader di Homovox, ha affermato qualche tempo fa: «si ascoltano sempre le lobby LGBT, parlano sempre loro nei media, ma molti omosessuali non fanno parte di questo movimento. La maggior parte degli omosessuali sono amareggiati dal fatto che questa lobby parli a loro nome, perché non abbiamo votato per loro».
Ruggero Guarini ha giudicato «faziosa e assurda l’accusa di bigottismo omofobico che il terrorismo gay suole muovere a quanti si oppongono a questo progetto». Anche l’intellettuale italiano Ernesto Galli della Loggia è stato vittima di questo “terrorismo gay” mediatico, e ha risposto in modo chiaro: c’è una «sgradevole impressione che al fine di ottenere con successo, le legittime, sacrosante campagne del movimento gay, più che di convincere il pubblico cerchino solo di chiudere la bocca a chi la pensa diversamente». L’editorialista di “Spiked online”, Brendan O’Neill lo ha affermato chiaramente: «Il matrimonio gay è diventato una sorta di arma per dimostrare chi è megliore, chi è evoluto. Sostenere il matrimonio gay è diventata una sorta di guerra culturale, un modo di distinguersi dalla folla ignorante. Essere contro il matrimonio gay può ora essere visto quasi come un atto di ribellione politica, contro una élite lontana che teme e detesta chi non è come lei»
Benedetto Ippolito, filosofo presso l’Università degli Studi “Roma Tre” ha preso a sua volta posizione sul caso Biancofiore: «La famiglia è un rapporto stabile tra un uomo e una donna, all’interno del quale si produce biologicamente nuova vita. È, quindi, il diritto primo dei nascituri ad avere un padre e una madre ad impedire alle coppie omosessuali di essere famiglia e adottare figli, non la cattiveria della Biancofiore». Per questo «le disapprovazioni, mosse apertamente dalle associazioni gay, non paiono convincenti» e «l’accusa alla Biancofiore è, pertanto, ipocrita e retorica, perché accusa qualcuno di sostenere quanto la Costituzione asserisce e quanto la dottrina sociale della Chiesa insegna da sempre».