In un paese in cui le vicende personali diventano questioni di stato e in cui le questioni di stato sono, purtroppo, mosse frequentemente da interessi personali, sembra che neppure il ministro della Giustizia Cancellieri abbia mostrato di aver agito diversamente. E’ noto da qualche giorno lo scandalo che vede protagonista la suddetta ministra e Giulia Ligresti, proveniente da una famiglia di grande prestigio, la quale è stata scarcerata causa ufficiale: anoressia. Inizialmente la Cancellieri ha affermato di aver agito secondo uno spirito umanitario, mentre già da martedì scorso (5 Novembre) ha dichiarato in aula che tutto ciò è avvenuto <<per indipendente decisione della magistratura torinese>>.
C’è chi la difende e chi si è schierato contro di lei. Questo articolo non vuole parlare della vicenda per filo e per segno o approfondire il panorama politico che si è andato formandosi negli ultimi giorni, ma offrire uno spunto di riflessione sulla situazione delle carceri italiane, paragonando al caso Ligresti un altro famoso scandalo riguardante la giustizia italiana che è quello di Stefano Cucchi, morto nel 2009, di cui sicuramente nessuno si è dimenticato. Per questo sarà necessario rivangare sinteticamente alcune notizie.
Per quanto riguarda la Ligresti, ci sono delle dichiarazioni sul suo “trattamento speciale” all’interno del carcere di Vercelli: una cella con due letti, lasciata talvolta aperta poiché la donna diceva di soffrire d’ansia, cibi provenienti dall’esterno, passeggiate nei corridoi ogniqualvolta ne avesse fatto richiesta, colloqui con la direttrice che andava a visitarla in cella e una stanza privata per i colloqui con i suoi familiari. Sotto forma di anonimato sono state anche alcune secondine del carcere ad affermare che la direttrice le aveva raccomandate di “trattarla con riguardo”. E poi la Cancellieri che interviene, e la successiva decisione degli arresti domiciliari (in parte trascorsi da Giulia in un hotel a 5 stelle per rimettersi in forma).
Tutta un’altra storia quella di Stefano Cucchi, morto in carcere con lesioni, ematomi, fratture e in evidente stato di malnutrizione (alla sua morte pesava 37 kg). Tutti segni di una detenzione non certo privilegiata come quella della Ligresti. Certo, è difficile parlare di un caso legato a droga e forse (solo forse) allo spaccio. Il ragazzo era tossicodipendente ed era già molto magro quando è stato portato in prigione, ma ciò non può in alcun modo giustificare le violenze che ha subito, fintanto che lo hanno portato alla morte. Alcuni medici che hanno fatto l’autopsia hanno dichiarato che sarebbe bastato un cucchiaino di zucchero per tenerlo in vita.
A questo punto ognuno tragga la propria conclusione, tenendo anche in considerazione i seguenti rapporti che ci raccontano la problematicità delle carceri nel nostro paese e infine chiedendosi se quello di Giulia Ligresti sia davvero stato il “caso umanitario” più grave o più meritevole di attenzioni da parte della Cancellieri.
Allego i link ai siti utili per permettere ad ogni lettore di appurare con precisione l’autenticità di quanto viene detto in questo articolo, e per poter leggere più ampiamente i grafici e visualizzare informazioni aggiuntive, quali il sovraffollamento, la percentuale di detenuti stranieri, la percentuali di detenuti per motivi legati alla droga a seguito della legge Fini-Giovanardi (sulla quale consiglio ai lettori di soffermarsi):
- http://espresso.repubblica.it/attualita/2013/10/17/news/ecco-chi-sta-in-prigione-1.137904
- http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_14.wp
Qui di seguito la parodia di Maurizio Crozza sullo scandalo Cancellieri-Ligresti:
Elena Corradi