Durante il processo era accaduto, infatti, che un componente del collegio giudicante era stato sostituito e non era stata disposta la rinnovazione degli atti. Il difensore dell'imputato, tuttavia, aveva depositato tempestivamente un'istanza per ottenere la rinnovazione deli atti, rigettata; pertanto, l'anomalia del processo - che per effetto della mancata rinnovazione degli atti aveva subito una regressione al primo grado di giudizio - non è addebitabile alla parte che ha chiesto l'equa riparazione.
I Giudici di legittimità hanno ritenuto non corretta la decisione della Corte d'Appello, che non ha accolto la domanda di equa riparazione per la durata del processo oltre il termine ritenuto ragionevole perchè ha ritenuto di valutare la durata del processo conteggiandola "alla stregua di una durata "tipica", costuita da tre gradi di merito".
La Cassazione ritiene applicabile, in materia, il principio di diritto secondo cui "il diritto all'equa riparazione sorge per il protrarsi della durata del processo oltre il termine che, in rapporto alle caratteristiche specifiche del processo medesimo, appare ragionevole, indipendentemente dal fatto che ciò sia dipeso da comportamenti colposi di singoli operatori del processo o da fattori organizzativi di ordine generale riconducibili all'attività o all'inerzia dei pubblici poteri deputati a far funzionare il servizio giurisdizionale".
Gli Ermellini osservano, altresì, che nel caso di specie il procedimento avrebbe potuto concludersi in tempi più ragionevoli, se non si fosse verificata l'anomalia.
Alla luce di queste motivazioni, la Suprema Corte ha cassato il provvedimento impugnato e deciso nel merito, accogliendo la domanda di equa riparazione e condannando il Ministero di Giustizia al pagamento della somma liquidata a tale titolo, oltre che delle spese e competenze dei due gradi di giudizio.
Roma, 7 luglio 2011 Avv. Daniela Conte
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