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Castellammare del Golfo – 1860 (2)

Creato il 15 marzo 2011 da Diarioelettorale

Felice Cavallotti, chi era costui ?

GARIBALDINO,

GIORNALISTA,

POETA E DRAMMATURGO,

RADICALE DELL’ OTTOCENTO,

IL BARDO DELLA DEMOCRAZIA,

CHE PER PRIMO POSE LA ‘QUESTIONE MORALE’

NELLA POLITICA ITALIANA.

LOTTO’ CONTRO IL TRASFORMISMO, L’AUTORITARISMO,

LE INGIUSTIZIE SOCIALI,

E PAGO’ CON LA VITA LA SUA CORAGGIOSA BATTAGLIA

NEL PARLAMENTO E NEL PAESE

Tra i 3.500 volontari con 3.000 carabine rigate e 4000.000 cartucce che sbarcarono nella Cala di Castellammare del Golfo quel 18 giugno 1860 in quella che fu chiamata la “seconda spedizione dei Mille“, avevo in precedenza segnalato, tra gli altri, il diciassettenne Felice Cavallotti.
Di lui dice il Nicotri: “In quella generosa folla anonima vi era pure un giovane diciassettenne, allora uno dei tanti, che poi uscì dai ranghi sociali e divenne uno dei più grandi interpreti dell’epopea garibaldina, il bardo della democrazia: Felice Cavallotti.“.
Ed in effetti tra quanti sbarcarono in quella circostanza il Cavallotti è quello che forse più di altri, anche in ragione della giovane età, segnerà con la sua presenza ed iniziativa politica tutta la seconda metà dell’ottocento italiano.

Figura anchessa fuori dal comune, come quella di Jessie White Mario, Felice Cavallotti non è noto quanto Garibaldi e Mazzini, eppure alla fine dell’Ottocento era considerato unanimemente l’erede dei due eroi del risorgimento.

 

Felice Cavallotti

Felice Cavallotti

Felice Carlo Emanuele Cavallotti nacque a Milano il 6 ottobre 1842

All’insaputa dei genitori, si arruolò a Milano col foglio di congedo di un suo cugino più grande, Cacciatore delle Alpi ( condizione per essere inseriti in lista), e partì il 10 giugno da Genova sul vapore ‘Washington’, che, con altri due, portò in Sicilia la seconda spedizione Medici.
A Castellamare del Golfo conobbe per la prima volta Garibaldi, venuto in visita ai giovani volontari.
La colonna Medici, passando per Alcamo e Partinico, giunse a Palermo. Cavallotti e i suoi amici più sensibili furono impressionati “dalle bigotte superstizioni del popolino, dalla frequenza di preti e mendicanti, dai ragazzi cenciosi e affamati; e la scoperta di questa arretratezza non sarebbe stata dimenticata.“.
La sua compagnia fu tra quelle più duramente impegnate nella battaglia di Milazzo tra il 16 e il 20 luglio e Cavallotti fu in prima linea.
Combatté ancora nel 1866 in Valtellina e in Trentino, ove prese parte alla Terza Guerra d’Indipendenza come volontario nel 4° Reggimento comandato dal colonnello Giovanni Cadolini del Corpo Volontari Italiani.
Si distinse per valore nella battaglia di Vezza d’Oglio.

Sostenne nel 1867 la candidatura di Carlo Cattaneo al Parlamento. Nello stesso anno fu in primo piano nell’appoggio alla sfortunata impresa garibaldina nello stato pontificio, che si concluse con la tragedia di Mentana, quando gli zuavi mercenari pontifici, con l’appoggio dei francesi di Napoleone III, uccisero tanti giovani volontari idealisti.
Il popolo romano non insorse, il governo italiano non si mosse e Cavallotti scrisse parole roventi “Torma di femmine e di frati, tienti adunque la gonna e la cocolla, se a te non s’addice la toga del libero“. Da quella indignazione nascerà nel 1869 il suo libro storico “L’insurrezione di Roma del 1867″.

Fu il fondatore, insieme ad Agostino Bertani, del Partito Radicale storico, movimento attivo tra il 1877 e l’avvento del Fascismo.
Cavallotti fu considerato il capo incontrastato dell’”Estrema Sinistra” nel parlamento dell’Italia liberale pre-giolittiana.

Dopo la morte di Agostino Bertani, avvenuta nel 1886, la passione di Cavallotti nel rivendicare riforme, ed una riconosciuta generosità d’animo da parte dei contemporanei, gli assicurarono la leadership della sua parte politica ed una popolarità seconda solo a quella di Francesco Crispi.

Il “Gazzettino Rosa” il giornale democratico milanese di Bizzoni e Cavallotti fu in primo piano nella denuncia di uno dei primi scandali post – unitari, quello della Regìa cointeressata dei tabacchi, con somme e favori elargiti ad una sessantina di deputati per assicurarsene il voto a sostegno del progetto. Era la prima delle campagne di opinione che sarà portata avanti da Cavallotti fino all’età crispina, quando si raggiunsero i toni più aspri e forti.

In relazione ai disordini scoppiati a Milani sulla vicenda, i giornalisti del “Gazzettino Rosa” furono arrestati. Cavallotti si diede alla latitanza e da quella condizione (nel cuore di Milano) continuò a dirigere il giornale. Il processo si concluse con le inevitabili assoluzioni.

Nel 1869 uscì la raccolta della sue poesie, andata subito a ruba e che suscitò l’intervento della Procura del re, affinché fosse sequestrata e l’autore arrestato. Cavallotti si fece alcuni giorni di carcere, a fianco del fratello Peppino.

Nel 1870 conobbe Bakunin di passaggio a Milano, consolidò i suoi rapporti con le società operaie, accentuò il suo furore antisabaudo. In occasione di una cerimonia presso gli ossari di S.Martino e Solferino, in replica ad una poesia di Giacomo Zanella filosabauda, aveva criticato la “servil zampogna” i ” bugiardi metri”, ricordando ad esempio la viltà di Carlo Alberto.

Scoppiata la guerra tra la Francia di Napoleone III e la Prussia, la sinistra democratica lombarda, tra cui Cavallotti, firmò un manifesto per la neutralità, nel rispetto del principio di nazionalità a favore della Germania e nel ricordo doloroso di Mentana, contro orientamenti governativi a favore di Napoleone III.

Vi furono agitazioni e disordini e tra i primi arrestati vi fu Cavallotti, che restò in carcere tre mesi fino ad ottobre, proprio nei giorni in cui si chiudeva la questione romana e in Francia tornava la Repubblica. Si ebbe allora in tutti i democratici italiani un’inversione di atteggiamento verso il vicino paese latino e Garibaldi da Caprera invitò a sorreggere la repubblica con tutti i mezzi.

Nel 1873, all’età di 31 anni, Felice Cavallotti fu eletto per la prima volta al Parlamento come deputato di Corteolona (Pavia).
Fu molto attivo contro gli ultimi governi della destra storica. Ma non solo: fu a capo dell’opposizione anche quando al governo vi fu la Sinistra storica,che salì al potere nel 1876, e si tenne all’opposizione, denunciandone il trasformismo negli anni di Agostino Depretis.

Tramite un’intesa conclusa nel 1894 con Antonio Starrabba, Marchese di Rudinì, egli ottenne molte concessioni alle richieste radicali.
Durante i dodici anni sotto la sua guida il partito, che sposò una posizione filo-francese, crebbe in numero da venti a settanta deputati, ed al momento della sua morte l’influenza parlamentare di Felice Cavallotti era all’apice.

Cavallotti, che nel 1871 aveva espresso il proprio appoggio alla Comune di Parigi, mostrava attenzione verso le idee marxiste, pur non condividendo l’approccio di classe alla “questione sociale” che peraltro anche lui denunciava da parlamentare.
Se i socialisti vedevano nel Partito Radicale una sinistra borghese, nei fatti radicali e socialisti si trovarono insieme nelle lotte per l’emancipazione delle classi subalterne e nell’opposizione al colonialismo italiano.
Il primo operaio ad essere eletto parlamentare, nel 1882 fu Antonio Maffi e tra le file dei radicali.
E a Napoli, colpita dall’epidemia di colera, a trovarsi al fianco delle classi popolari nel 1885 furono il socialista Andrea Costa, l’anarchico Errico Malatesta e il radicale Cavallotti.

Cavallotti colse tutte le occasioni per riaffermare la sua intransigenza come laico nei confronti delle pressioni operate della Chiesa sulla politica dello Stato italiano.
Fu anche grazie a lui che a Roma, in Piazza Campo de’ Fiori, nel 1889 venne eretta la statua a Giordano Bruno, opera di Ettore Ferrari.

Felice Cavallotti, descritto come persona dal carattere passionale e testardo, nel corso della sua vita combatté ben trentatré duelli, e prestò il giuramento di fedeltà come deputato solo dopo averne pubblicamente contestato la validità.
Fu in questa occasione che pronunciò la frase, “Coscienze inquiete, rispettate le coscienze tranquille !“, rivolta agli avversari della destra che rumoreggiavano contro la sua contestazione del giuramento.

Riconfermato fino alla morte per ben dieci legislature, Cavallotti sedette sempre all’Estrema Sinistra, divenendone in breve tempo uno dei capi più autorevoli e amati.

Felice Cavallotti morì il 6 marzo 1898, ucciso in duello dal conte Ferruccio Macola, direttore del giornale conservatore Gazzetta di Venezia, che lo aveva sfidato in seguito ad un diverbio. Il radicale aveva tacciato di mentitore il conte, responsabile di avere pubblicato una notizia non verificata relativa ad una querela che egli aveva ricevuto come deputato. L’ultimo duello di Felice Cavallotti ebbe luogo a Roma, presso Porta Maggiore, in un giardino nella villa della contessa Cellere. Felice Cavallotti morì raggiunto alla bocca ed alla carotide dalla spada dell’avversario.
Con la sua morte, gli elementi dell’Estrema Sinistra in Italia persero un leader, e la Casa dei Savoia un instancabile oppositore.
Per la morte di Felice Cavallotti, Giosuè Carducci pronunciò un discorso funebre pieno di passione all’Università di Bologna.

Un corteo di tre chilometri ne accompagnò il feretro fino al cimitero di Dagnente (oggi frazione di Arona), sul Lago Maggiore, dove è sepolto.


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