L’insigne giurista Gaio Trebazio Testa (I sec. a.C.), avvisava l’eccelso poeta Orazio Flacco, suo grande amico, sul rigore delle leggi a cui rischiava di andare incontro con le sue pungenti satire.
- “Se uno avrà composto dei versi cattivi contro qualcuno, sarà portato in tribunale e condannato!” – redarguiva l’attento avvocato rivolto all’amico.
- “D’accordo!”- rispondeva Orazio – “Ma se qualcuno ne avesse scritto di buoni che fossero anche piaciuti ai più?”
- “Allora anche le tavole della legge si scioglierebbero dalle risate e te ne andresti assolto a casa tua!” – concludeva il grande giureconsulto tranquillizzando l’amico poeta.
Ecco come io ho immaginato il dialogo tra i due, traducendo liberamente dalla Prima satira del Libro Secondo delle Satire del grande poeta Orazio.
Gaius Trebatius Testa- ” Si mala condiderit in quem quis carmina, ius est iudiciumque!”- ego tibi moneo Horatius
Quintus Flaccus Horatius – ” Esto, siquis mala, docte Trebati; sed bona siquis judice condiderit?”
Gaius Trebatius Testa: – ” Solventur risu tabulae, tu missus abisis laudatus Flaccus.