Cazzoni e kazaki

Creato il 16 luglio 2013 da Albertomax @albertomassazza

Il caso del blitz di Casal Palocco della notte tra il 28 e il 29 maggio scorso segna il punto più basso raggiunto dalle Istituzioni italiane nella gestione di una controversia internazionale. Il fermo della  moglie del dissidente kazako Ablyazov, Alma Shalabayeva e di sua figlia e il successivo rimpatrio forzato di entrambe in Kazakistan per essere usate dal dittatore Nazarbayev come ostaggi nella sua guerra personale contro Ablyazov, richiama alla memoria il caso di Abu Omar, l’Imam di Milano sequestrato da 10 agenti Cia e un maresciallo dei Carabinieri dieci anni fa, in un’operazione orchestrata dai servizi segreti italiani e americani.

Ma, se possibile, il pasticciaccio brutto di Casal Palocco segna un ulteriore salto di qualità nella mortificazione dei diritti civili in Italia, in questioni di respiro internazionale. Se per l’Imam milanese, alla base del blitz ci furono la pressione statunitense e una situazione di generale allarme terroristico, alimentata dalle posizioni ideologiche di Abu Omar (anche se poi è stata accertata la totale infondatezza dei sospetti sui legami tra l’Imam e il terrorismo islamico), in questo caso si è calpestata la libertà e la sicurezza di due donne, una delle quali abbondantemente minorenne,  per accondiscendere alle pressioni di uno stato retto in modo feudale e incurante delle normative internazionali, per il semplice fatto che detto stato è ricchissimo di giacimenti di gas e petrolio. Nazarbayev aveva già fatto pressioni in particolare sulla Gran Bretagna, paese in cui Ablyazov ha ottenuto asilo come rifugiato politico, minacciando rappresaglie sugli interessi economici britannici in Kazakistan, ma il Governo di Londra, ben più attento del nostro in tema di diritti umani, non si è fatto minimamente intimidire.

Stabilire come si sia svolta effettivamente la vicenda non dovrebbe essere difficile. Io avanzo la mia ipotesi: Nazarbayev interessa un suo amico ex-presidente del consiglio italiano della faccenda, proprio per arrivare alla moglie e alla figlia di Ablyazov, in modo da poter ricattare il dissidente; l’ex-presidente del consiglio, di cui non voglio svelare il nome, esaltato dalla possibilità di ritornare a svolgere un ruolo diplomatico e di dimostrare, una volta di più, la sua infinita generosità con gli amici, nonostante le molte magagne personali, si prende a cuore la questione e ordina al suo cameriere, attuale vicepresidente del consiglio e ministro dell’interno, di trovare una soluzione per il problema; il cameriere scatta sull’attenti e da disposizione a chi di dovere di consegnare le due donne agli uomini di Nazarbayev. Sempre che non si voglia credere che il satrapo kazako abbia rinunciato all’appoggio di un basista in terra italiana valido come il suo grande amico!

Ora, è chiaro che la questione sia eminentemente politica e  che dovrebbero essere automatiche le dimissioni di Alfano, Bonino e Letta, ma in Italia, statene certi, tutto si risolverà con qualche testa saltata che miracolosamente, appena le acque si saranno calmate, andrà a ricoprire incarichi ancor più prestigiosi degli attuali. Alfano, oltre alle dimissioni, inutile spiegarne le ragioni, dovrebbe essere denunciato alla Corte dell’Aia per violazione del Diritto internazionale, aggravata dalla minore età di una delle vittime. La Bonino avrebbe dovuto sollevare la questione di fronte all’opinione pubblica all’inizio di giugno, appena avuta la conoscenza dei fatti, ma si è adeguata al goffo tentativo generale di insabbiare tutto, nonostante il quotidiano austriaco Kurier, ripreso successivamente da alcuni organi di stampa italiani, rivelava l’intrigo già il 3 giugno, chiamando in causa anche il Governo di Vienna. Letta, infine, per quanto, possa apparire credibile la sua estraneità ai fatti, è stato di fatto sfiduciato dal comportamento tenuto dal suo vice e Ministro dell’Interno; ergo, se avesse voluto mantenere la credibilità come capo del Governo, avrebbe dovuto chiedere immediatamente la testa di Alfano, ma non l’ha fatto per calcolo squisitamente politico.


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