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Cecenia, la guerra segreta dei servizi russi al “fedelissimo” Kadyrov

Creato il 21 marzo 2015 da Alessandroronga @alexronga

Ramzan KadyrovPare sempre più rafforzarsi la pista cecena per l’omicidio di Boris Nemtsov, l’oppositore liberale russo ucciso a Mosca lo scorso 27 febbraio: gli inquirenti russi sembrano muoversi a colpo sicuro, forti anche della somiglianza della dinamica dell’agguato all’ex vicepremier con quella di altri omicidi eccellenti riconducibili a Ramzan Kadyrov, signore e padrone della Cecenia, ex bandito, ex nemico e poi alleato del Cremlino. Umar Israilov, Movladi Baisarov, Ruslan e Sulim Jamadaev erano tutti suoi rivali, e sono morti ammazzati alla stessa maniera di Nemtsov: crivellati di colpi mentre si trovavano in strada, Ruslan Jamadaev addirittura a due passi dal Palazzo del Governo a Mosca. Similitudini che hanno spinto gli inquirenti russi ad imboccare la strada che porta a Grozny, verso la quale però gli investigatori del SKRF, il Comitato Investigativo di Russia (una sorta di FBI), sarebbero stati indirizzati dai loro colleghi del FSB, il potente servizio segreto erede del KGB. Già, perchè le indagini sul caso Nemtsov stanno prendendo sempre più le fattezze di una resa dei conti tra l’intelligence russa e il boss ceceno, verso il quale il FSB, o almeno una buona parte di esso, ha un conto aperto.

L’inedito scenario troverebbe conferma nel fatto stesso che gli inquirenti russi hanno imboccato con decisione la pista cecena, dando subito l’impressione di cercare qualcosa che sapevano di trovare: ciò potrebbe essere interpretato come un segnale verso Kadyrov, come a dirgli che i tempi dell’impunità assoluta di cui lui e le sue milizie, i famigerati kadyrovtsy, hanno beneficiato per anni sono finiti.

Nel Risiko del conflitto caucasico i kadyrovtsy e gli uomini delle forze di sicurezza e dei servizi russi combattono sullo stesso fronte contro le milizie jihadiste e qaediste. Ma non è più un mistero che il fronte comune antiterrorismo è minato da sinistri scricchiolii. E non da oggi, dato che nel 2013 alcuni ufficiali del FSB iniziarono uno sciopero della fame contro la mancata incriminazione di tre poliziotti ceceni, accusati di aver rapito e torturato un cittadino russo: in nome della stabilizzazione della Cecenia e del conseguente rafforzamento dell’assolutismo di Kadyrov voluto dal Cremlino, alla Lubjanka (la storica sede dei servizi russi) hanno dovuto ingoiare parecchi rospi. Per un lungo periodo, i kadyrovtsy hanno potuto fare quel che volevano, nella più sicura impunità: ecco perchè il FSB adesso ha tutto l’interesse a ridimensionare Kadyrov, cominciando a colpire la base della sua “Piramide di Potere”, ovvero i suoi uomini.

L’affaire-Nemtsov sembra dunque il casus belli di una sfida che parte da lontano. A febbraio, pochi giorni prima dell’omicidio dell’esponente liberale, si era già verificato un episodio anomalo: in Dagestan, altro tassello pericolante del complesso mosaico caucasico, un tribunale ha condannato a 9 e 12 anni di reclusione due ceceni accusati di aver progettato l’assassinio di Saigidpasha Umakhanov, sindaco di Khasavyurt, terza città della repubblica autonoma. Non poco, in una regione dove gli omicidi politici di matrice cecena fino a ieri restavano di solito impuniti.

Se i servizi segreti stanno riconquistando peso nella vicenda cecena e se Kadyrov è diventato improvvisamente ingombrante per il Cremlino, possiamo dunque ricollegare ciò ad una precisa strategia volta ad una sua prossima defenestrazione? È presto per dirlo, poichè al momento all’orizzonte non si intravede alcun cambio della guardia a Grozny. La ragione è semplice: Kadyrov è ancora l’uomo che può garantire l’ordine in Cecenia. Mosca questo lo sa bene, e sa pure che oggi un cambio “controllato” di regime sarebbe una manovra ad alto rischio: quello ceceno è storicamente un contesto formato da clan,  che cercherebbero in tutti i modi di colmare il vuoto di potere lasciato dal leader caucasico. In breve, la Cecenia tornerebbe indietro di vent’anni, stravolta da violenze, vendette e ritorsioni tra le varie bande, ognuna con a capo il suo signore della guerra.

A meno che non sia lo stesso Kadyrov a diventare così incontrollabile da far prevalere a Mosca la linea della deposizione, sostenuta dalla Lubjanka ma non dal Cremlino, dal momento che Putin e i suoi servizi segreti sulla questione si trovano su posizioni divergenti. Ciò che inquieta il FSB è proprio la tanto sbandierata fedeltà di Kadyrov alla Russia, in realtà costata a Mosca fior di quattrini per avergli “appaltato” il lavoro sporco della normalizzazione di un territorio conteso tra bande di jihadisti, mafiosi e trafficanti vari: uno che si è venduto per soldi e potere – è il timore dei russi – può farlo di nuovo e al miglior offerente, specie se vede che il terreno sotto i suoi piedi comincia a franare.

E l’entrata in gioco di un “miglior offerente”, consapevole del ruolo strategico della Cecenia sugli equilibri energetici del Caucaso, potrebbe non essere solo un’ipotesi. Pochi giorni dopo la strage alla redazione di Charlie Hebdo, Kadyrov ha organizzato un’oceanica manifestazione pro-islam e contro le vignette pubblicate dalla rivista satirica francese: tale improvvisa vocazione religiosa del leader ceceno autorizza a pensare che qualcuno possa aver già bussato alle porte di Grozny.


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