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Cécile Kyenge? E Yara Gambirasio, allora?

Creato il 10 novembre 2013 da Malvino
Rinviato a giudizio per le offese rivolte a Cécile Kyenge, Roberto Calderoli solleva due obiezioni.La prima è relativa al giudizio immediato, chiesto dal pm e concesso dal gip: «Generalmente celerità fa rima con efficienza, ma in materia di giustizia penso abbia una certa rilevanza anche il rispetto delle procedure. Adesso inoltrerò una richiesta perché il Ministro della Giustizia attivi un’ispezione al Tribunale di Bergamo affinché venga appurato se ci sono state irregolarità in questa vicenda».Non gli sta bene che la faccenda sia risolta in tempi brevi, è evidente, ma appellarsi al rispetto delle procedure è scelta infelice, nel merito e nel metodo. Nel merito: «Quando la prova appare evidente [e in questo caso c’è tanto di video che prova l’offesa rivolta Roberto Calderoli a Cécile Kyenge], salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini [e in questo non si capisce come potrebbe], il pubblico ministero chiede il giudizio immediato se la persona sottoposta alle indagini è stata interrogata sui fatti dai quali emerge l’evidenza della prova [e in questo caso così è stato]» (art. 453 c.p.p.); «Entro novanta giorni dall’iscrizione della notizia di reato nel registro previsto dall’art. 335, il pubblico ministero trasmette la richiesta di giudizio immediato alla cancelleria del giudice per le indagini preliminari[e così è stato in questo caso]» (art. 454 c.p.p.); «Il giudice, entro cinque giorni, emette decreto con il quale dispone il giudizio immediato [come ha legittimamente disposto in questo caso] ovvero rigetta la richiesta» (art. 455 c.p.p.). Dove sarebbe venuto meno il rispetto delle procedure?E qui veniamo al metodo: che senso ha – per meglio dire: che senso cerca – il chiedere al Ministro della Giustizia un’ispezione al Tribunale di Bergamo, quando basta sfogliare le pagine del Codice di Procedura Penale? Pare evidente che l’appello non sia alla Giustizia, ma al Ministro, anzi, a questo Ministro della Giustizia, e da Senatore, anzi, da Vicepresidente del Senato.Seconda obiezione: «Auspico – ha detto Roberto Calderoli – la medesima solerzia ed efficienza anche per la risoluzione del caso di Yara Gambirasio. Parenti e amici attendono giustizia da quasi tre anni per lei, anche se capisco bene che una frase detta in un comizio sia molto più grave dell’omicidio di una tredicenne innocente».Un vero e proprio delirio, in apparenza. Che per giunta si concede pure il lusso dell’ironia. Su quale piano, infatti, si può proporre un’interpolazione tra un caso come quello che vede vittima Cécile Kyenge e un caso come quello che vede vittima Yara Gambirasio? Non su quello logico, perché sappiamo bene chi ha dato dell’«orango» a Cécile Kyenge, ma ancora non abbiamo un presunto colpevole dell’assassinio di Yara Gambirasio. Né su quello giudiziario, perché nel primo caso è in questione la decisione del giudice, nel secondo il lavoro dell’inquirente. Dovremmo concludere che a Roberto Calderoli manchi una rotella, ma sarebbe conclusione affrettata e, tutto sommato, ingenerosa.Con la prima obiezione, infatti, si attua il tentativo di coinvolgimento di Anna Maria Cancellieri, che dopo il caso Ligresti non può più respingerne alcuno. Può disporre un’ispezione al Tribunale di Bergamo? Senza dubbio. Ma qui ce ne sono gli estremi? Domanda irrilevante: se è prevalso il momento «umanitario» su quello «legaritario» nel caso Ligresti, perché non dovrebbe prevalere nel caso Calderoli? So bene che anche questa interpolazione non regge sul piano giudiziario, ma regge su quello della stessa logica che giustifica, con la seconda obiezione sollevata, il tentativo di coinvolgere la pancia di chi, fermato dalla Polizia Stradale per aver superato i limiti di velocità, si lamenti della multa elevata a suo carico, perché «intanto i responsabili della strage di Ustica sono ancora impuniti»

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