La cena migliore della mia vita.
Non posso dire altrimenti dell’esperienza fatta a Da Vittorio, il ristorante della famiglia Cerea di Brusaporto, in provincia di Bergamo. Tre stelle Michelin, 100 stelle per passione, ambiente e gentilezza e un pezzettino di cuore – il mio – che è rimasto lì, nella Bergamasca.
Mi ha regalato questo sogno mio marito, che la sera del mio compleanno mi ha costetta a tenere gli occhi chiusi per un’ora, in auto, mentre mi fceva una delle sorprese più belle.
– “Quanto manca?”
– “Fa la brava, ci siamo quasi”
Provate voi a tenere gli occhi chiusi per un’ora, con la curiosità che vi divora.
“Ok, adesso puoi aprire!”
Il grande portone di legno si apre davanti alla nostra auto. È ormai calata la sera, piove, ma quella villa sulla collina emana una luce splendida e io, che riconosco al volo quel ristorante visto solo in fotografia tante volte, impazzisco dalla gioia.
Il bello, però, doveva ancora arrivare. Un trattamento non a tre ma a 5 stelle (con quel che avrà pagato – direte voi – non è così scontato, vi dico io, che qualche posticino stellato ho avuto la fortuna di provarlo), professionalità e allo stesso tempo un calore familiare commovente.
Ma arriviamo alla parte più importante: la cena.
Abbiamo preso due menu Carta bianca (sì, mi son sentita una vera principessa). Circa venti portate, una più incredibile dell’altra. In sostanza con questo menu lasci scegliere allo chef che cosa offrirti. Ovviamente prima vi verrà chiesto se avete allergie, intolleranze o se c’è qualcosa che proprio non mangiate. Il nostro è stato un menu pazzesco, completamente di pesce freschissimo, fatta eccezione per 2/3 piatti di carne e verdure. È veramente difficile da descrivere. Perché è un’impresa ardua raccontare l’esplosione di sapori che c’era in alcuni piatti. Uno su tutti, il risotto: in quella tartare che lo accompagnava era racchiuso un mondo, fatto di agrumi fortissimi ma non invasivi, che lasciavano spazio alla delicatezza del pesce senza assolutamente sovrastarlo. Di queste cose può essere capace soltanto un mago come lo chef Chicco Cerea, che in ogni piatto mette un ingredienti indispensabile: la passione pura per il suo mestiere. Non c’è un piatto che scarterei o di cui farei a meno, nemmeno uno. Perché anche quello apparentemente più semplice era tutto un turbinìo di sapori inimmaginabili: pesce di qualità altissima, un agnello morbido come il burro (e io che non mangio agnello… l’ho spazzolato!) e poi, i dolci, altra sorpresa. Innanzitutto devo dire che ho molto apprezzato il fatto che lo chef abbia fatto uscire i suoi giovani pasticceri, uno alla volta, a presentarci le loro creazioni. Niente di complicato, sapori molto legati alla tradizione, ma anche loro sorprendenti. Il cannoncino, per esempio, era leggerissimo, la quenelle di gelato alla nocciola con una crosticina di cioccolato ti riempiva la bocca di dolcezza, il babà era fantastico, ma uno su tutti, il sorbetto, mi ha completamente rapito il cuore: stesso effetto del risotto, un’esplosione di sapori e un gusto travolgente. E poi coccole a profusione: deliziosi cioccolatini presentati su una nuvola di zucchero filato, biscotti secchi friabilissimi e un intero carrello di praline ripiene e confetti tra i quali scegliere. Vi lascio una carrellata di tutti i piatti, in ordine di uscita.
Ci sembrava il minimo fare i complimenti allo chef, alla fine della cena: non so quante volte ci ha ringraziati, credo infinite. Ed erano dei ringraziamenti sinceri da chi, la testa, non se l’è montata per niente.
Ovvio, il prezzo è alto, molto, non c’è bisogno di fingere. Ma se volete vivere un sogno come il mio, lasciatevi tentare dalla perfezione.
(E, amore mio, grazie di tutto).