Tutti conoscono la fiaba di Cenerentola e della sua mitica scarpetta persa al ballo. Ebbene la favola da cui si ispirò Charles Perrault (e in seguito anche i fratelli Grimm e Walt Disney), per comporre la versione oggi considerata “classica”, trae spunto dall’antico racconto “La gatta Cenerentola” (nell’originale napoletano “La gatta Cennerentola”) di Giambattista Basile (letterato napoletano, di Giugliano, di epoca barocca che per primo utilizzò la fiaba come forma di espressione popolare), inclusa ne “Lo cunto de li cunti ovvero lo trattenemiento de peccerille”, una raccolta postuma di 50 fiabe in lingua napoletana edite fra il 1634 e il 1636.
Nella versione del Basile l’eroina Zezolla (Cenerentola appunto) si macchia dell’omicidio della sua matrigna che verrà però sostituita da una nuova e peggiore della prima, ma il finale però resterà inalterato.
All’epoca del Basile non c’era ancora il Palazzo Reale (progettato solo nel 1651 e sistemato definitivamente nella prima metà dell’800), al suo posto però c’era il Palazzo Vicereale Spagnolo all’interno del quale c’era uno scalone simile a quello di Palazzo Reale. È molto probabile che Basile quando pensava allo scalone del palazzo reale su cui Zezzolla, alias Cenerentola, perde la scarpetta (“lo chianiello”) nella sua fuga notturna, avesse in mente lo scalone del Palazzo Vicereale di Napoli, fonte d’ispirazione per la costruzione dello scalone di Palazzo Reale (quest’ultimo, infatti, pur essendo diverso nella sua struttura originaria è rimasto sostanzialmente simile a quello visto e vissuto dal Basile).
Doveva essere quindi questa più o meno la location immaginata dal Basile nella sua favola, quella stessa favola poi ripresa in epoca moderna e che tutti noi abbiamo prima ascoltato e poi raccontato ai nostri bambini.
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