Cento giorni di nulla spinto. La sintesi del Governo Letta sino ad oggi. L’Espresso riassume i provvedimenti rimandati e le decisioni non prese:
Riforme istituzionali. Sono il chiodo al quale Letta ha appeso la propria ambizione a durare e a dare un respiro alto alle larghe intese, e anzitutto per questo il loro iter va osservato con particolare attenzione. Quando si insediò, infatti, il premier diede un orizzonte temporale al proprio governo, sul metro della realizzazione di riforme come il superamento del bicameralismo perfetto e federalismo fiscale: 18 mesi. Un anno e mezzo non (come si tende a riassumere) per concludere l’iter delle leggi costituzionali, ma almeno – come disse più accortamente Letta – per “verificare se il progetto è avviato verso un porto sicuro”. Risultato? Sin qui prevedibilmente a rilento, ma ancora nei tempi. Dopo il leggendario periodo della Commissione dei 35, saggi bipartisan reclutati per cominciare a concretizzare modi e priorità delle riforme, il Parlamento è alla prese con la condizione per avviare l’iter delle riforme: la discussione sulla legge costituzionale che deve istituire il Comitato dei 42, saggi anche loro, ma stavolta parlamentari, che saranno incaricati di preparare le varie proposte, che poi il Parlamento voterà. La Camera ha appena finito la discussione generale sul ddl dei 42: incardinato il provvedimento, se ne riparlerà a settembre.
Legge elettorale. Inizialmente facente parte (come è naturale che sia) del pacchetto delle riforme istituzionali, ha tuttavia preso un andazzo e un ritmo sincopati, ed è forse il miglior simbolo dei tempi. La riforma del Porcellum, a parole inviso a tutti, sta infatti stretta in una tenaglia a tre punte: la consapevolezza che vada cambiata; la certezza che dopo si andrà a votare; la difficoltà di trovare un accordo, per via delle infinite sfumature possibili. Ergo, in un primo tempo è prevalsa la tentazione (più comoda e, per certi versi, più logica) di porla al termine del percorso delle riforme: adesso, invece, complice la vicenda giudiziaria di Berlusconi, si è deciso invece di andare avanti spediti – apportando se non altro i correttivi agli aspetti più turpi del Porcellum. Una settimana fa, la conferenza dei capigruppo ha stabilito di esaminarla con procedura d’urgenza, il che vuol dire che il voto sulla legge arriverà a ottobre, vale a dire nel mese successivo all’inzio della discussione. Per la cronaca: le alate discussioni sulle sfumature dei cambiamenti da apportare sono già cominciate.
Soldi ai partiti. Prima di bloccarsi in parlamento, il ddl che abolisce il finanziamento ai partiti entro tre anni è uscito dal consiglio dei ministri a fine maggio, dopo solo un mese di governo. Via il sistema dei rimborsi, si introducono detrazioni e incentivi fiscali per i cittadini che finanziano spontaneamente partiti e movimenti (i quali a loro volta devono avere requisiti minimi di trasparenza e democrazia interna per poterli ricevere). Dopo vari rinvii il ddl è approdato in Aula alla Camera il 2 agosto, senza che la commissione Affari costituzionali avesse finito di esaminarlo.
Imu e Iva. Letta ha proceduto, così come annunciato, allo stop dell’aumento dell’Iva dal 21 al 22 per cento previsto per luglio (per ora, rinviato a ottobre) e alla sospensione della rata di giugno dell’Imu. Il Pdl lo attende adesso al varco della rimodulazione complessiva della politica fiscale sulla casa, promessa anche quella nell’insediamento: il partito di Berlusconi vorrebbe che Letta imponesse al ministro dell’Economia Saccomanni l’abolizione della tassa sulla prima casa, il viceministro Fassina ha spiegato che il decreto arriverà solo alla ripresa. “entro fine agosto”, ha ripetuto Letta nel giorno del voto della mozione di sfiducia su Alfano.
[Fonte L'Espresso]