In Italia gli eroi, quelli veri, senza mantello, maschera e poteri soprannaturali si riconoscono non appena un regista illuminato o un cantante coraggioso decidono di raccontarne la vita e, fin troppo spesso, la tragica morte.
Questo perchè nel nostro paese i libri di storia tutto devono trattare tranne che i passi fondamentali della storia politica e sociale italiana, guai a raccontare delle stragi della mafia in Sicilia, della Camorra in Campania o ancora della N’drangheta in Calabria: per questo ci sono le trasmissioni televisive quasi sempre edulcorate, i giornalisti leccaculo e, talvolta, qualche bravo scrittore che finisce sempre per rimetterci la libertà (quando gli va bene) come Roberto Saviano o addirittura la vita come Giuseppe Fava.
Ieri sera su RaiUno è andato in onda Fortapàsc del regista Marco Risi: un film sulla vita del giornalista napoletano Giancarlo Siani assassinato dalla camorra il 23 settembre 1985, a soli 26 anni, per la sola colpa di aver scoperto le collusioni tra politica e clan camorristici e di averle pubblicate.
La tragica storia di Siani ricorda molto quella del (nostro) siciliano Peppino Impastato assassinato dalla Mafia nel 1978, a trent’anni, per aver osato schierarsi contro la malavita organizzata e l’omertà del popolo della sua Cinisi.
Entrambe le storie, e anche quelle di altre, tante persone che ci hanno rimesso la vita solo per ostinarsi a dire la verità, andrebbero raccontate in ogni scuola italiana in modo che la memoria di eroi come Peppino, Giancarlo, ma anche Giuseppe Fava, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tantissime altre vittime dello stragismo non venga obliata con il passare degli anni; bisognerebbe spiegare cosa spinge un ragazzo a sacrificare la sua vita per raccontare le turpitudini di un sistema politico e sociale tanto marcio da essere ormai, a distanza di oltre un trentennio, forse irrecuperabile.
Bisognerebbe anche volerla ricordare e raccontare la storia di questi eroi.