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Centrali nello spazio: ulteriore passo in avanti in Giappone

Creato il 11 marzo 2015 da Valtercirillo

Centrali nello spazio: ulteriore passo in avanti in Giappone

La giapponese Jaxa (Japan Aerospace Exploration Agency) ha concluso con successo nei giorni scorsi un esperimento di trasmissione di energia elettrica tramite microon de, da una stazione emittente a un ricevitore posizionato a 55 metri.

Tecnicamente l'esperimento è solo un ulteriore passo per dimostrare la fattibilità industriale del trasporto di energia elettrica tramite fasci concentrati di microonde. L'idea è concettualmente semplice: si genera elettricità nel punto A e la si trasforma in microonde, le quali vengono concentrate e sparate verso il punto B, dove sono raccolte e riconvertite in elettricità da immettere in rete.
Il problema non è nella fattibilità teorica, già dimostrata dal 1975, ma nella possibilità di farlo per quantitativi adeguati di energia su grandi distanze.

Il "successo" dell' esperimento di Jaxa non è dunque dato dai 55 metri di distanza e nemmeno dalla quantità di energia (è stato utilizzato un piccolo generatore da 1,8 kW), bensì dalla precisione e costanza con cui il fascio di microonde ha centrato il ricevitore.

Questa tecnologia è infatti allo studio da una cinquantina di anni con una idea ben precisa: trasportare sulla terra l'elettricità prodotta da centrali nello spazio, ovvero da giganteschi impianti fotovoltaici posti in orbita geostazionaria, cioè a circa 36.000 km di altezza.
Va però aggiunto che, per diversi e intuibili motivi, anche i militari trovano di grande interesse la possibilità di trasferire a distanza e in sicurezza quantità significative di energia.

Centrali nello spazio: aspetti positivi e sfide da vincere

Il perché uno dovrebbe avere voglia di andare a costruire una centrale nello spazio è presto detto. Perché a 36.000 km di altezza la radiazione solare è costante 24 ore su 24, per 365 giorni l'anno, senza essere filtrata dall'atmosfera: il che vuol dire una generazione di energia circa dieci volte superiore a quella di una centrale di equivalente potenza a terra.

La lista degli aspetti negativi contiene però molte voci. A cominciare dai costi.
Nel 2009, per esempio, le giapponesi Mitsubishi Electric Corp. e IHI Corporation hanno firmato un accordo con Jaxa per realizzare nello spazio una centrale fotovoltaica da 1.000 MW di potenza. Il tempo necessario per il montaggio di una simile centrale, che con le tecnologie attuali avrebbe una superficie di 4 km 2 (un quadrato di 2 km per lato) è stimato in circa 30 anni, con un investimento di oltre 21 miliardi di dollari 2009.

Per realizzare una centrale simile ci sarebbero infiniti problemi da superare, in particolare in relazione ai materiali in gioco (che devono essere più leggeri e più resistenti di quelli oggi disponibili) e all'assemblaggio in orbita di strutture enormi. Ma i tecnici concordano sul fatto che la cosa sarebbe tecnicamente possibile, come confermato dall'Accademia Internazionale di Astronautica (IAA, con sede a Parigi) che nel novembre 2011 ha pubblicato un dettagliato studio sulla fattibilità progettuale di centrali nello spazio capaci di trasferire a Terra l'elettricità generata in orbita.

Sono quindi in molti a pensarci, sia in Asia (oltre al Giappone, anche Cina e Corea), sia in America (in particolare il DOE sta elaborando progetti innovativi per ridurre drasticamente i costi e in Europa, dove l'Airbus Defence & Space sta lavorando sul trasferimento di elettricità tramite fasci di raggi laser.

L'altro grande problema è appunto quello del trasferimento dell'energia. Esclusa la possibilità di stendere un cavo lungo 36.000 km, le ipotesi in discussione prevedono tutte l'uso di onde elettromagnetiche concentrate: raggi infrarossi, laser o microonde. Queste ultime sono ancora le più gettonate, anche se per utilizzarle in sicurezza (i fasci di microonde di cui stiamo parlando hanno una densità di potenza di 1000 Watt/m 2) richiedono una precisione di spedizione e ricezione che per il momento possiamo solo sognarci. Una cosa è farlo per una potenza di 1,8 kW e 55 metri di distanza, ben altro è farlo per 1.000 MW a 36.000 km.

Per capire il livello di difficoltà da superare, si pensi che nel 2008 l'americana Space Energy ha condotto un test di trasmissione elettrica tramite microonde tra due isole delle Hawaii, distanti 148 km. Il test ha suscitato entusiasmo perché in qualche modo è riuscito, ma dalla rectenna ricevente ( si chiama rectenna la speciale antenna che trasforma direttamente le microonde in corrente continua) è stata riconvertita energia pari a solo 1/1000 di quella inviata.
Si ritiene che il motivo di questo scarsissimo rendimento sia stata la dispersione causata dalla densa atmosfera marina su tutti i 148 km di distanza, cosa che nel caso delle centrali nello spazio non ci sarebbe, a parte i circa 10 km finali. Ma, insomma, la strada da percorrere è davvero ancora molta.

[ Valter Cirillo]

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