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Centri sociali chiusi, la paura umilia l’economia

Creato il 01 febbraio 2015 da Cremonademocratica @paolozignani

Torna la questione dell'indipendenza del Comune, il quale rischia di appiattirsi sulle richieste di alcuni editori e di gruppi di cittadini e di porsi tuttavia come interprete ufficiale della volontà dell'intera città di fronte all'autonomia dei centri sociali, che continuano ad appartenere a un'organizzazione molto più grande, comprendente i "black bloc" che rompono le vetrine delle banche assicurate. Una città, ma anche un paese, come qualunque comunità, è tale perché composita e variegata: "l'insociabile socialità" della specie umana è palese, fra egoismo e solidarietà, che nessun organo elettivo riesce a rappresentare totalmente. Le famiglie e le comunità, per quanto piccole, sono unite dal bisogno e dall'utilità, ma anche dall'idea comune di giustizia. Questioni che appartengono al dibattito sviluppato ai tempi di Aristotele e che si ritrovano nel libro chiamato "Politica", una serie di appunti degli allievi del filosofo.

L'ente locale va tutelato, poiché deve interpretare un ruolo di straordinaria importanza nelle interminabili crisi del capitalismo, che comportano sfratti, chiusure di utenze di acqua, energia, gas, riscaldamento, impianti che funzionano male, welfare in difficoltà, case popolari in cattive condizioni, criminalità, precariato, incertezze eccessive e paure. La legittimazione tramite il consenso che i massmedia locali tentano continuamente di orientare verso sentimenti di paura mette alla prova il Comune. La paura prelude alla sottomissione e alla rinuncia ad esercitare la libertà, la voglia di fare economia non passa per sentimenti come il terrore che non si coniugano con lo spirito d'iniziativa. Scrivo per questo: dalla paura non sorge ripresa economica, giustizia sociale, voglia di correggere gli errori.

Il super corteo del 25 gennaio, con distruttori di vetrine, ha commesso l'errore di voler chiudere una sede già chiusa, quella di Casa Pound, e di trasformare in conflitto aspro il contrasto dapprima esistente fra comitato antisfratto (emanazione del centro sociale Dordoni) e istituzioni. Il contrasto veniva svolto tramite contrapposizioni e incontri con le autorità. Anche un corteo così imponente diventa un massmedia, produce immagine, dà percezioni forti: botti assordanti, fumogeni e danni alle banche. L'antifascismo è stato interpretato in modo equivoco e ha fatto danni.

Per anni certo il Comune di Cremona non ha saputo esprimersi sull'avanzata dell'estrema destra e oltretutto ha compiuto scelte discutibili nelle politiche sociali, della casa, della gestione dei servizi essenziali alla vita e non riducibili alla voglia di profitto aziendale, premiate da sonori fischi in piazza durante il 25 aprile. Fischi all'amministrazione provinciale e al suo presidente, fischi al sindaco.

Alcuni, molti o tutti gioiranno: il Comune intende sfrattare i centri sociali, non rinnovare i contratti d'affitto anche perché Dordoni e Kavarna non hanno per niente dato messaggi rassicuranti né condannato il megacorteo delle vetrine rotte.

Un uomo di cinquant'anni è all'ospedale in coma, dopo aver subito fratture multiple al cranio, ma questo si nota che importa fino a un certo punto.

Il peggio è che il Comune possa sentirsi vincitore per avere il consenso malamente espresso in forme terrorizzate e spaventate. Le città, i paesi, le frazioni, le famiglie, i gruppi di amici, le associazioni, restano un arcipelago, una rete di differente di molti tipi che hanno bisogno di ritrovarsi nella fiducia. Sfrattati i centri sociali, i loro componenti potranno ritrovarsi e black bloc potrebbero tornare se il vero obiettivo, cioè l'impegno sociale e la lotta con metodi civili, non sarà raggiunto.

Ci si unisce perché se ne ha bisogno, perché si crede in una giustizia. Non sarà certo il Comune e nemmeno il Partito democratico ha sposare l'ideologia della paura e della sottomissione, non sarà Sel e nemmeno Rifondazione comunista a gioire per un messaggio di mero rigore proprio mentre oltre l'Adriatico non c'è bisogno di Aristotele per tornare a fare politica. Che può desiderare l'amministrazione? Che cosa può volere chi fa politica? Vorrà dare un messaggio di fiducia: è quel che non si sente e che si dovrà ascoltare.


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