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Cerbero e Caronte

Creato il 08 agosto 2010 da Elton77

 

Cerbero

Sia per Omero che per Esiodo, Ade (Hadis in lingua albanese) è un luogo

copertina libro versione albanese
che rappresenta l’altro mondo ed è un posto scuro, un posto senza sole dove abitano i morti. Inoltre è un luogo di dimensioni indefinibili perché tutti possono entrarvi e per tutti c’è posto. Tutti possono entrarvi, ma nessuno può tornare indietro. Davanti alle porte del regno di Ade troviamo un cane nero, fortissimo e terribile, che verrà descritto con tre teste e con al posto della coda un serpente. I Greci lo chiamano Cerbero (Çerber in albanese). Il suo nome, ci dice Decharm (p. 392), è molto simile alla parola sanscrita Sarvari che significa notte. Io, insistendo anche in questo caso con l’affermare che la lingua sanscrita è più recente e si è formata dopo la lingua pelasgico – albanese, trovo che Cerbero indica il cane (cioè il guardiano senza sonno) delle tombe (Ade). Ecco la spiegazione: ken = qen cane nella lingua albanese, kυνά = qion nel greco antico, invece bαr (var) = varr (in albanese significa tomba). Inizialmente questa parola composta era Kenbar-os (dall’albanese qen – cane e var – tomba), dopo, con la sostituzione della lettera n in r, diventò Kenvar-os e in fine Qerver-os – Çerber (Cerbero in lingua italiana). La lettera n la usano di solito i Gheghi, invece la lettera r i Toschi, e cioè gli abitanti della zona in cui ha avuto origine il mito di Cerbero.

Aristidh Kola

Aristidh Kola

Caronte

Caronte, nella mitologia greca, è stato ideato supponendo che le anime dei morti dovessero passare il fiume Acheron, e che ci volesse qualcuno che li accompagnasse, qualcuno che conoscesse la strada. Era proprio questo che faceva Caronte. Successivamente si è diffuse il mito che una moneta posta nella bocca del morto che rappresentasse il prezzo del “biglietto” da pagare a Caronte per il suo servizio. Sono famosi I dialoghi dei morti di Luciano e la famosa risposta “Non riusciresti ad ottenerlo da chi non l’ha”.

Questa è la mitologia tardiva dei Greci che si basa sulla cosmogonia e sulla teogonia pelasgica.

Diodoro (A, 92, 2, 96,8) pretende che la credenza in Caronte avesse origine dall’Egitto. Decharm invece (p. 394), non è d’accordo con questa teoria ma trova l’etimologia della parola Caronte nel verbo della lingua greca, xαipω - godere, inteso come una forma di eufemismo.

Quando Caronte fa passare le anime nell’Ade, dà loro da bere l’acqua della dimenticanza, cosi queste anime dimenticano di ritornare indietro, come ci raccontano tante leggende.

Come sempre la lingua albanese, che era la lingua parlata dal popolo in Grecia fino alla rivoluzione del 1821, ci dà la spiegazione per il mito dell’acqua della dimenticanza che è collegata strettamente con l’etimologia del nome di Caronte. Nella lingua albanese esiste tutt’ora il verbo haronj, oppure haroj, che in tutti e due i casi significa dimenticare. È chiaro il collegamento fra il nome Caronte (colui che doveva far dimenticare ai morti di tornare indietro), e il verbo haroj (dimenticare) della lingua albanese *.

È vero che gli Albanesi della Grecia del Sud arrivarono tutti insieme nel XIV secolo dal Nord-Ovest della Penisola Balcanica, ma nella popolazione Çam che abita in Thesprotia da millenni noi troviamo toponimi come Aqeronti, ed esiste un lago che si chiama Aqerusia. La popolazione Çam è stata mandata via dalle sue terre dai Greci perché musulmana. Ma, nonostante il genocidio tremendo attuato dai Greci, molti sono rimasti. È rimasta soprattutto l’anima di quel popolo nel folclore della Grecia, e nella mitologia. È rimasta la danza panellenica, la danza dei Çam. Perciò possiamo dire senza ombra di dubbio che la tradizione millenaria non è stata mai interrotta nel popolo Çam.

* nota del traduttore.

Liberamente tratto dal libro Gjuha e perëndive dell’autore Aristidh Kola


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COMMENTI (1)

Da ambri
Inviato il 09 febbraio a 19:08
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articolo molto interessante

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