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Certe forme della cultura paesana

Creato il 18 luglio 2012 da Libereditor

Certe forme della cultura paesanaVorrei qui oggi riportare una porzione di testo molto significativo del professor Luciano Zampese (tratto da Italianistica, Rivista di letteratura italiana, Anno XXXVIII, N. 1, Gennaio-Aprile 2009) sullo stile sottile e raffinato di Luigi Meneghello, scrittore molto amato dai suoi lettori per la sua eleganza, la forza, il brio della scrittura, per la bizzarria del racconto.
Un testo intelligente ed esplicativo perché ci spiega bene il Meneghello scrittore autobiografico, autore della memoria e della rievocazione del tempo dell’infanzia.

1963, Libera nos a Malo, 1964, I piccoli maestri. I primi romanzi di Luigi Meneghello definiscono i suoi due poli dell’ispirazione, quello della sua terra d’infanzia, politematico e selettivo: «Mi occupo specialmente di certe forme della cultura paesana, una componente sommersa della nostra cultura nazionale, che per un vicentino come me è legata alla vita e alla lingua del mio paese d’origine», e quello civile e pedagogico dell’esperienza partigiana, più concentrato temporalmente e tematicamente, teso alla precisione del dettaglio e in qualche modo all’esaustività: «ciò che mi premeva era di dare un resoconto veritiero dei casi miei e dei miei compagni negli anni dal ’43 al ’45: veritiero non all’incirca e all’ingrosso, ma strettamente e nei dettagli. Mi ero imposto di tener fede a tutto, ogni singola data, le ore del giorno, i luoghi, le distanze, le parole, i gesti, i singoli spari». Entrambe le opere sono veritiere, nel senso di un’assoluta fedeltà alla personale esperienza diretta, alla soggettivissima autopsia dell’io narrante: «Come per ciò che ho scritto sul mio paese, non prendevo nemmeno in considerazione la possibilità di adoperare altra materia che la verità stessa delle cose, i fatti reali della nostra guerra civile, così come li avevo visti io dal loro interno».


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