Sì dai, non parlano solo i numeri, parla la capacità negli anni '80 di identificare una generazione, piccola e sconvolta, di riuscire a parlarci e di riuscire a raccontarla in modo semplice, spesso diretto, a volte ironico e provocatorio. Nulla per cui stracciarsi le vesti, ed anche se il buon vecchio Geronimo detto Raudo, tra un segnale di fumo e l'altro, a fine discorso riesce a mettere tra i meritevoli della musica italiana chiunque sia nato tra Aosta e Gela ed abbia prima o poi inciso qualche fischiettata, il pezzo forte della serata è (fiato alle trombe!) Ligabue. Colpa di Virgin Radio, che dopo Green Day e Good Charlotte infila incoerentemente il boss della bassa. No, dico, il boss della bassa. Ma boss (volutamente minuscolo) di cosa esattamente? Il discorso parte sempre da lì: che questo album non è male, che alla fine qualcosa di decente lo ha fatto, che non è uno sborone, sì ok sono tutte uguali ma quella è carina... Ok, fermi tutti. Perché se stai andando a vedere i Pennywise devi parlare di Ligabue? Non lo so. Sono così felice di non aver mai fatto 4 ore davanti a un cancello per vedere uno di questi spettacolini così patinati dove le luci e gli schermi giganteschi contano più della sostanza, che non capisco per quale ragione ora, adesso, in questo momento mi vuoi rovinare il viaggio ad ovest della baia romagnola. Perché? Perché?
Vallo a capire. Alla fine il risultato del quiz è che il Boss, quello vero, ha un soprannome di un certo peso per evidenti meriti di carriera, l'altro non si sa. Si sa che il suo concerto più importante, l'evento della storia del rock italiano, il più grande esperimento di sempre, è andato di merda, nessuno sentiva un cazzo e lui non ne parla mai. Qualcuno gli avesse fatto notare per tempo che se nemmeno gli U2 osano così tanto un motivo ci deve essere per forza... e così, la leggenda del Campo volo di Reggio Emilia rimane tale e lui non ne parla mai volentieri, anzi evita direttamente il discorso. Perché non è sborone ma nemmeno coglione. Un pochetto sopravvalutato e, sì, effettivamente il Vasco Rossi anni '80 pesava qualcosa di più di tutta la carriera del nostro vicino di casa correggese. Chiuso il concetto, nel tentativo di chiudere anche la bocca a Emanuele Filiberto di Romagna detto Raudo che è ormai giunto ad esaltare anche Renato Zero (mancava Pupo e il lancio fuori dalla portiera in corsa sull'A1 sarebbe stato inevitabile), esce dal cilindro Punk in Drublic, un CD che è storia del punk-hc e se non fosse per qualche fenomeno che se non è del '77 è una merda a cui tutti danno troppa retta, tale riconoscimento sarebbe ovvio per molti più esseri umani. Sono quegli album definibili come essenziali. A prescindere. Taciamo di Linoleum per non ripetere sempre le stesse cose.
Poi Estragon, circolo ARCI Sardegna, birra e tanti ragazzi più giovani di me. Locale pieno solo per metà, prezzo d'ingresso che 15 anni fa avrebbe chiamato la rivoluzione e poi melodie tiratissime per un po'. Fino alla splendida cover di Stand by me e a Bro Hymn, il vero motivo per cui uno va a vedere i Pennywise, il vero motivo per cui tutta questa serata ha un senso. Il palco si vuota di Pennywise e si riempie di mondo, salgono i Real McKenzies (che abbiamo perso rimanendo a mangiare stronzi di cane con cipolla dal piadinaro fuori dal locale), poi il pubblico, tanto pubblico, troppo pubblico. Il palco non ha un centimetro libero, un carnaio ululante e uno dei cori più celebri dell'hardcore anni '90 sfonda finalmente le pareti dell'Estragon e arriva a Modena, a Zocca, a Correggio per ricordare qualcosa a qualcuno, per rimettere giustizia, per far capire cosa facciamo qua, adesso senza mega-schermi, senza milleluci, senza San Siro. Le teste sotto il palco si muovono sempre più velocemente, il pogo ha raggiunto le dimensioni di un gigantesco gorgo al centro dell'oceano... la vera differenza da 15 anni fa sono tutti quei cellulari accesi che scattano, flashano, filmano, registrano, imprimono dentro una fredda memoria fatta di gigabyte un momento che tra vent'anni, quando saranno tutti padri rincoglioniti, rivedranno senza ricordarsi perché, certe notti, il cielo di Bologna fa così tanto rumore. Io me lo ricordo sempre il perché, del cielo che fa rumore e del cuore che può far male.
Tanto poi si torna sempre a casa. Chissà se Ligabue quando ha scritto quella roba ci ha pensato. Certe notti vanno in modo strano, ma alla fine torni sempre a casa. Chi non torna finisce in Bro Hymn e qualcuno, presto o tardi, urlerà a squarciagola per essere sentito fin oltre le nuvole. Ma noi a casa ci siam sempre tornati. Io l'Antonello Venditti della bassa detto Raudo, il Punkish, il Merlo, il Ciccio, il Mone e Marcomorandidettokitoz. E poco importa se casa vostra è a Carpi o a Hermosa Beach California alla fine, certe notti, speri sempre che ci sia qualcuno che aspetta te.
Bro Hymn
To all my friends, present past and beyond
Especially those who weren't with us too long
Life is the most precious thing you can lose
While you were here the fun was never ending
Laugh a minute was only beginning
Canton, Colvin, Nichols, this one's for you
Ever get the feeling you can't go on
Just remember whose side it is that you're on
You've got friends with you till the end
If you're ever in a tough situation
We'll be there with no hesitation
Brotherhood's our rule we cannot bend
Whoa oh oh oh oooooooooooooooooooooh
When you're feeling too close to the bottom
You know who it is you can count on
Someone will pick you up again
We can conquer anything together
All of us are bonded forever
If I die you die that's the way it is
Whoa oh oh oh oooooooooooooooooooooh
To all my friends, present past and beyond
To all those who weren't with us too long
Life is the most precious thing you can lose
While you were here the fun was never ending
Laugh a minute was only the beginning
Canton, Colvin, Nichols, this one's for you
Whoa oh oh oh oooooooooooooooooooooh