Magazine Per Lei
Poi ci sono Andrea, imprenditore italiano trentenne a Bruxelles, Francesco, medico a Nimes, Federico, sviluppatore a San Francisco, Alex, ingegnere a Silicon Valley.
Come dimenticare poi Fabiola Gianotti, non solo italiana, ma pure donna, nuova direttrice del Cern di Ginevra?
Non passa giorno che la carta, stampata o meno, ma anche per quanto mi riguarda strani link diffusi su facebook, non raccontino queste storie di successo. Storie di italiani che sono andati all'estero, si sono rimboccati le maniche e ce l'hanno fatta.
Riflettevo qualche tempo fa.
Conobbi FF ad una festa, ormai quasi nove anni fa. Si trattava di una festa di addio per un amico neolaureato che stava per trasferirsi negli Stati Uniti alla ricerca di fortuna. A quella festa erano presenti circa una quindicina di persone.
Ebbene a nove anni di distanza solo 3 fra quei quindici ragazzi sono in Italia: FF, io e un'amica che però lavora per una multinazionale americana e che quindi è come se vivesse su di un altro pianeta.
Quello che è più strano è che nessuno tra quelli che sono partiti ha mai mostrato di voler tornare. Nessuno ci ha mai provato. Al massimo qualcuno si è spostato di Stato in Stato alla ricerca di una condizione migliorativa che, nella maggior parte dei casi, alla fine ha trovato.
Non ho mai lavorato all'estero, casomai ci ho solo studiato in un paio di occasioni, ma a detta degli italiani in fuga all'estero sanno che cos'è una persona umana: un essere vivente che ha bisogno di mangiare, dormire in un posto caldo, costruire una famiglia, curarsi se è malato, talvolta riposare e, last but not least, essere gratificato.
Eh sì, all'estero si sta meglio, lo dicono tutti.
Sia ben chiaro: non ho niente contro le mozzarelle di Angelo, contro Andrea, Francesco o Fabiola. Ci mancherebbe poi che non desiderassi solo il meglio per i miei amici, ovunque si trovino.
Solo che questo continuo bombardamento di storie di successo di cervelli in fuga fa sembrare noi che restiamo dei cervelli in formaldeide.
Il paragone è evidente: loro se ne sono andati, hanno messo a frutto i propri talenti e ora hanno il meritatissimo successo. Noi che restiamo siamo solo pigri, mammoni o semplicemente non abbiamo alcun talento che valga la pena di sfruttare (sapersi toccare la punta del naso con la lingua non sembra essere apprezzato nei colloqui di lavoro)? La domanda sorge spontanea.
Così come suppongo sorga spontanea ancora di più nelle menti piccole di coloro che credono ciecamente alla tv quando cerca di farci credere che noi giovani siamo attaccati alle comode gonne della mamma e c'è bisogno degli extracomunitari perchè non abbiamo più voglia di sporcarci le mani.
Vedendola così, in confronto ad Angelo, Alex, Francesco, Andrea, Fabiola e tutti gli altri, noi che:
- ci facciamo prendere in giro con la promessa di un bonus bebè (recentemente "ritrattato" nelle condizioni per l'assegnazione di modo che possano usufruirne solo indigenti ed evasori) invece di quella di più giuste ed eque retribuzioni;
- ci facciamo soffiare da sotto al naso l'articolo 18;
- ci facciamo dire mammoni, viziati, figli di papà a cui basta solo frequentare la gente bene e avere un cellulare in tasca;
- ci facciamo dare il tfr (sempre soldi nostri, eh) in busta paga per riuscire a campare fino alla fine del mese facendocelo tassare di più;
- pagheremo presto il canone all'interno della bolletta dell'elettricità, così che sarà di fatto una nuova tassa sul possesso di qualsivoglia dispositivo elettrico (come se sullo sportello del forno potessimo vedere Rai Storia);
- quando ci lamentiamo ci dicono che il sabato sera i locali sono tutti pieni (sì, di gente che vende rose e accendini)
sembriamo proprio dei cretini patentati.
Dico io, ma non è ipotizzabile che chi decide di non scegliere la soluzione fuga possa anche non essere un cretino, ma una persona normale con delle motivazioni per restare?
La Redazione
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