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Cesare, Lenin ed Antonino

Creato il 25 settembre 2010 da Liscadpesce

“Un esempio inarrivabile di coerenza e visione anticipatrice dello sviluppo della mafia“.

Così Vittorio Teresi, procuratore aggiunto di Palermo e segretario dell’Anm, ricorda la figura di Cesare Terranova, magistrato ucciso dalla mafia il 25 settembre del 1979 e commemorato al cinema teatro Grifeo di Petralia Sottana su iniziativa del Centro Pio La Torre e dell’amministrazione del comune madonita.

“Quello di Terranova è per la mafia un omicidio preventivo. Cosa nostra sapeva che, diventato capo dell’Ufficio Istruzione di Palermo, avrebbe perseguito con forza la strategia di recidere le trame tra mafia e politica - continua Teresi – un obiettivo che ha contraddistinto da sempre il suo operato, sia da magistrato che da politico”.

La relazione di minoranza della Commissione Antimafia del 1976 stesa dallo stesso Terranova, insieme a Pio La Torre, anticipa di anni il rapporto stretto tra istituzioni, imprenditoria e mafia. Per la prima volta si fanno i nomi di Ciancimino,Vassallo, dei fratelli Salvo e dei loro affari che la magistratura accerterà solo anni dopo.

“Nel 1969 – ricorda Vito Lo Monaco, presidente del Centro Pio La Torre - Terranova è il primo magistrato ad imbastire un processo alla mafia palermitana, processo che nasce dalla strage di Ciaculli. Ed è inoltre il primo ad intuire che la mafia è un organismo verticistico con una radicazione nel territorio. Ma la mancanza di una specificità di un reato di associazione mafiosa impediva la condanna di molti mafiosi”.

Ciò nonostante nel 1974 riesce a far condannare all’ergastolo Luciano Liggio. (da blogsicilia)

Accanto a Terranova quel giorno sedeva l’agente di scorta e fedele amico Lenin Mancuso, maresciallo del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza; entrambi morirono crivellati da numerosi proiettili di mitra, sparati da killer che sarebbero poi stati a loro volta uccisi;

E’ triste dover ricordare che i condomini dell'edificio sotto al quale fu ucciso (fra la via Rutelli e la via De Amicis) rifiutarono di consentire l'apposizione di una targa che ricordasse l'accaduto.

Lo stesso giorno, 9 anni dopo, sulla strada Agrigento – Caltanissetta, vennero uccisi il giudice Antonino Saetta ed il figlio Stefano, reo quest’ultimo di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato…

Il movente dell'assassinio è stato triplice: "punire" un magistrato che, per la sua fermezza nel condurre il processo Basile, e, prima, il processo Chinnici, aveva reso vane le forti pressioni mafiose esercitate; "ammansire", con un' uccisione eclatante, gli altri magistrati giudicanti allora impegnati in importanti processi di mafia; "prevenire" la probabile nomina di un magistrato ostico, quale Antonino Saetta, a Presidente del maxiprocesso d'Appello alla mafia.

Antonino Saetta era un magistrato schivo e riservato, per indole e per scelta di vita. Un giudice che, come tanti, ma non come tutti, aveva fatto carriera lontano dai centri di potere, palesi od occulti. Un giudice che, come il conterraneo Rosario Livatino, evitava la frequentazione dei politici, non per banali pregiudizi nei loro confronti, ma per far sì che non si determinassero indebite interferenze, magari inconscie, sul suo operato. Un giudice che però, dopo la sua tragica fine, è stato spesso dimenticato. Al punto che la sua figura, e persino il suo nome, sono ormai sconosciuti a tanti, soprattutto ai più giovani.   (da http://www.solfano.it/canicatti/antoninosaetta.html)


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