Prima scena: sabato mattina il fruttivendolo ambulante che compie il suo abituale giro nella mia zona giunge dalle mie parti si ferma come ogni settimana per vendere frutta e verdura, molta prodotta in proprio. La gente, più o meno la solita di sempre, si avvicina e compra apparentemente come le altre volte ma appena arriva il mio turno scopro che non è proprio così. Mentre mi prepara quel che leggo dall’elenco della spesa, domando incuriosito se la vicenda delle intossicazioni da Escherichia coli in Germania ha influito sulle sue vendite: “no, ancora non ho notato niente di particolare, tranne che per quelli lì” e mi mostra una cassetta colma di cetrioli provenienti dal suo campo, cetrioli che una settimana fa andavano letteralmente a ruba e che dopo poche soste andavano esauriti; sabato erano ancora lì, del tutto invenduti e quasi sicuramente riportati tutti alla base.
Seconda scena: sempre sabato ma di pomeriggio. Nuovo fruttivendolo, questa volta però di quelli “fissi”, ovvero munito di negozio. Faccio anche a lui la stessa domanda e anche lui mi risponde che non ha notato grossi cali di vendita, “tranne per quelli lì…”
In un incredibile sforzo deduttivo, provate a indovinare cosa intendeva per “quelli lì”… Dopo il “Continua” la soluzione.
Risposta esatta: cetrioli! Anche in questo caso scaffale colmo dell’ortaggio che lì è rimasto fino alla chiusura. Eppure il cetriolo, così come i germogli di soia, sono stati ampiamente scagionati dal sospetto di essere i vettori del contagio… Con racconti del genere potrei andare avanti a lungo ma bastano e avanzano questi due esempi per definire perfettamente lo scenario, in una parola: psicosi. Solo questo termine infatti riesce a dipingere bene la situazione che vede purtroppo il ripetersi di uno schema che sembra ormai ricorrente e che vede l’insorgere di un evento, più o meno preoccupante ma circoscritto, che viene amplificato al massimo dai meccanismi dei mezzi di comunicazione di massa che creano così il caso e diffondono allarmismo, spesso eccessivo quando del tutto ingiustificato, che ha come unico risultato quello di mettere in ginocchio il settore interessato dall’allarme di turno; solo per citare i casi più eclatanti, è successo per “mucca pazza” e per l’aviaria”, adesso tocca all’agricoltura. Sì perché il panico per il batterio killer ha causato solo in Italia e fino a ora un danno da 100 milioni di euro ma il fenomeno è molto grave per tutta l’agricoltura europea tanto che i 27 ministri dei vari Paesi responsabili del settore si riuniscono oggi per discutere delle varie misure da adottare. Il problema principale infatti non è E. coli ma noi consumatori: secondo Coldiretti il 43% dei consumatori sospende il consumo degli alimenti sospetti mentre il 13% li esclude definitivamente dalla propria dieta, con risultati drammatici per i produttori.
Senza voler minimamente sottovalutare il problema (non sono certo il tipo) analizzando però la cosa da un punto di vista razionale e puramente matematico si scopre che, anche se non è certo un’infezione da prendere sotto gamba, calcolando i 2300 infetti e il numero di abitanti in Europa si ha lo 0,00046% di contrarre il batterio e, calcolando i 23 decessi, lo 0,0000046% che questa sia letale. Ripeto, non dico che il fatto sia da sottovalutare, tutt’altro, ma non possiamo farci prendere sempre dalla psicosi del momento e mettere nei guai un settore che solo in Italia vale 4,1 miliardi di euro per un’infezione che ha questa incidenza, si rischia molto di più la vita ad attraversare la strada…
Quindi, prendiamo le dovute precauzioni (lavare a fondo la frutta e la verdura consumata cruda, per due o tre volte, magari con un prodotto a base di cloro e togliere tutti i residui di terra; lavare taglieri e coltelli utilizzati per il taglio degli alimenti; non mescolate alimenti lavati con altri da lavare; non consumate carne e latte crudi; l’E. coli muore se sottoposto a calore, cuocete bene gli alimenti, soprattutto gli hamburger; il più importante: LAVARSI BENE LE MANI, SEMPRE), ma è impossibile pensare di eliminare frutta e verdura dalla nostra dieta, le conseguenze sarebbero devastanti per la nostra economia e soprattutto per la nostra salute.
Foto di tom_focus
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