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Chaotic Ana – un viaggio nella storia di sè

Creato il 08 giugno 2010 da Soloparolesparse

L’inizio di Chaotic Ana (dico proprio la prima inquadratura) è terribile: con quel piccione in volo in primissimo piano… brutto, stilisticamente brutto.
Immediatamente dopo però Julio Medem si riscatta mostrandoci lo stesso piccione bianco che si contorce per terra colpito a morte.

In questa prima scena c’è un po’ tutto il senso del film.
Un film che è psicologico, politico e vorrebbe essere probabilmente anche filosofico.

Chaotic Ana – un viaggio nella storia di sè

Ana vive col padre su una spiaggia di Ibiza e disegna quadri sgargianti (ma vagamente inquietanti). Passa di lì una mecenate madrilena e la porta con se nella struttura in cui ha raccolto giovani talenti.
La nuova vita di Ana sembra felice, non fosse per immagini, sogni e ricordi che l’incontro con un ragazzo sahariano le scatenano.

Una serie di sedute di ipnosi affidate ad una ltro giovane ospite della casa convincono la combriccola che Ana riesce a ricordare le sue vite precedenti. Africana, araba, indiana d’america… ed ogni volta è morta giovane e per morte violenta. Ogni volta c’è di mezzo una guerra e la malvagità degli uomini.

Medem riesce a creare un’atmosfera di riflessione per tutta la durata del film ma man mano che seguiamo Ana nel suo viaggio (quello fisico e quello mentale) si finisce decisamente per perdersi in storie che non hanno una fine, un perchè definito.
L’atmosfera è aiutata dalle splendide musiche, che ci accompagnano sulla soglia del sogno confondendo la realtà con la menzogna.
E ho trovato decisamente affascinanti anche le ricostruzioni in video dei ricordi di Ana. Musiche e colori che confondono e lasciano riflettere.

Chaotic Ana è scandito da un conto alla rovescia che rispecchia la tecnica per indurre l’ipnosi, dieci capitoli che segnano il viaggio della ragazza e guidano alla soluzione cercata per tutto il film.

Chaotic Ana – un viaggio nella storia di sè

Cose buone ce n’è parecchie, a partire da Manuela Velles, davvero splendida nel sorriso enigmatico e nel corpo nudo che più volte viene riproposto.
E splendidi sono anche i quadri che dipinge (opera di Ana Medem, sorella del regista, cui il film è dedicato insieme alla di lui figlia – anch’essa Ana, guarda un po’!)
E belle sono le soggettive continuamente riproposte (in particolare quando guardiamo le vite vissute di Ana), a partire da quella un po’ estrema del rapporto sessuale tra la Velles e Nicholas Cazalè, una doppia soggettiva incrociata (se mi permettete di inventare il nome di una tecnica).

Tuttavia alla fine sembra che qualcosa manchi, che il cerchio non si chiuda.
Tolte le atmosfere, le immagini, i colori e i corpi, tolto tutto questo (che non è comunnque poco) la vicenda delude un po’.
Ed in particolare delude il finale (e fermatevi qui se volete evitare lo spoiler) con il politico che diventa simbolo del male e di tutte le guerre.
Troppo scontato, troppo ovvio, anche se non si arriva alla conclusione che sembra essere preparata per buona parte del film.


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