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Che ci faccio al Senato?

Creato il 23 settembre 2011 da Malacarne_nonconunlamento

Che ci faccio al Senato?

( in foto Franca Rame al Senato)

a cura di Dale Zaccaria

Ci sono donne, che chiamo Regine, per l’onestà intellettuale, la forza, il coraggio, la verità, la lotta con cui hanno condotto in maniera “ostinata e contraria” direbbe De André la loro vità. Franca Rame, è una delle più grandi donne, che a mio parere abbia avuto la storia italiana. Acuta, ironica, intelligente, colta, patrimonio di forza culturale per un paese oggi come il nostro dove la parola cultura equivale a in-cultura. Queste sono le donne che rendono migliore il mondo, che lo cambiano che ti cambiano. E come lei c’è anche  l’ex-deputata afgana Malalai Joya. A queste donne va sempre il mio pensiero, i versi della mia poesia, le mie parole sussurrate e cantate nelle serate che faccio in locali, in piccole battaglie quotidiane e non. Loro sono le donne migliori, poi certo, ci sono quelle peggiori, quelle che rovinano il mondo, le cortigiane, le faccendiere, le madame dei morti, le ruffiane, le millantatrici, le camaleontiche, le ambigue per astuzia e per tornaconto, le viziate e le viziose,  le donne insomma fatte di miseria sfortuna e stupidità che nella vita ahimé un po’ tutti incontriamo. Ma io voglio parlare solo delle donne migliori, come Franca Rame o Malalai Joya, quelle che nel passaggio, nel nostro passaggio, lasciano un segno, un’ impronta, che portano nel volto l’Arte, che hanno nel cuore Vita e Poesia. Le donne che restano. E restano soprattutto per coraggio e intelligenza, perché sono Donne, sono Madri, sono Regine, ap-punto.

Che ci faccio al Senato?

di Franca Rame da Una Vita all’Improvvisa Guanda Editore 2010


Attendere e deglutire

Qualche giorno dopo l’inizio della XV legislatura, il 3 Maggio 2006, siamo stati convocati per eleggere il presidente del gruppo mistico, pardon misto, al Senato. Mi ha confuso la presenza di alcuni Democristiani: presiede Giulio Andreotti. Oh! Ecco, aappunto, il capo mistico! Sono entrata in una delle grandi aule di Palazzo Carpegna, non ricordo a quale piano, con un certo imbarazzo, all’idea di incontrarmi con il più enigmatico fra tutti i senatori a vita. Sicuramente Andreotti aveva letto i giornali di qualche giorno prima quando, interpellata dai cronisti: “Che farà quando incontrerà Andreotti?, rispondevo: “Andreotti…Grigio, più grigio del grigio…” (….)

DISCORSO DI FRANCA RAME TENUTO AL SENATO SUL RIFINANZIAMENTO DELLA GUERRA IN AFGHANISTAN

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INTERVENTO DI FRANCA RAME IN AULA SUL RIFINANZIAMENTO DELLA MISSIONE IN AFGHANISTAN

Signor Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, l’Italia è da anni impegnata nelle missioni di pace: PACE E GUERRA HANNO ORMAI LO STESSO SIGNIFICAT.
Guerre, con munizioni non convenzionali all’URANIO IMPOVERITO: centinaia di migliaia di vittime civili e militari sono state contaminate in Paesi che si volevano liberare, come i Balcani, l’Iraq e l’Afghanistan.
I nostri soldati sono stati esposti senza protezione alla contaminazione: hanno operato in quei luoghi con la stessa divisa che indossavano in Italia, a mani nude, respirando la terra sollevata dai carri armati. I militari americani e inglesi portavano tute speciali, maschere e guanti.
Sono membro della Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito. Dati forniti dall’Osservatorio militare: 45 morti, quelli che si conoscono, 515 gravemente ammalati, alcuni terminali, tumori, leucemie ecc. (rivolgendosi al ministro Parisi, presente in aula) signor Ministro… completamente abbandonati dal nostro Governo!
C’è da non crederci: né cure, né pensioni, famiglie rovinate, MADRI IMPAZZITE!
Un’altissima percentuale di militari al rientro dall’Afghanistan, è notizia di pochi giorni, dopo i risultati alterati delle analisi, sono stati operati alla tiroide per limitare i danni della contaminazione. Che futuro avranno?
QUESTO CINISMO, QUESTO CINICO DISINTERESSA PER LA VITA UMANA FA VERAMENTE PAURA!
Oggi si chiede un <<SI’>> al rifianziamento delle missioni. Il <<NO>>  è chiaramente nella mia testa, nel mio sentire.
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LETTERA DI DIMISSIONI DI FRANCA RAME DALLA SUA CARICA DI SENATRICE

Gentile Presidente Marini,

con questa lettera Le presento le mie dimissioni irrevocabili dal Senato della Repubblica, che Lei autorevolmente rappresenta e presiede.

Una scelta sofferta, ma convinta, che mi ha provocato molta ansia e anche malessere fisico, rispetto la quale mi pare doveroso da parte mia riepilogare qui le ragioni.

In verità basterebbero poche parole, prendendole a prestito da Leonardo Sciascia: «Non ho, lo riconosco, il dono dell’opportunità e della prudenza, ma si è come si è».

Il grande scrittore siciliano è, in effetti, persona che sento molto vicina, (eravamo cari amici) sia per il suo impegno culturale e sociale di tutta la vita, sia perché a sua volta, nel 1983, a fine legislatura decise di lasciare la Camera dei Deputati per tornare al suo lavoro di scrittore.

Le mie motivazioni, forse, non sono dissimili dalle sue. Del resto, io mi sono sentita “prestata” temporaneamente alla politica istituzionale, mentre l’intera mia vita ho inteso spenderla nella battaglia culturale e in quel-la sociale, nella politica fatta dai movimenti, da cittadina e da donna impegnata.

E questo era ed è il mandato di cui mi sono sentita investita dagli elettori: portare un contributo, una voce, un’esperienza, che provenendo dalla società venisse ascoltata e magari a tratti recepita dalle istituzioni parlamentari.

Dopo 19 mesi debbo constatare, con rispetto, ma anche con qualche amarezza, che quelle istituzioni mi sono sembrate impermeabili e refrattarie a ogni sguardo, proposta e sollecitazione esterna, cioè non proveniente da chi è espressione organica di un partito o di un gruppo di interesse organizzato.

Ma andiamo per ordine.

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Che ci faccio al Senato?

(in foto Malalai Joya in una scuola di donne)

DISCORSO DI MALALAI JOYA tenuto alla fondazione Lelio Basso di Roma nel 2007 (da me registrato e trascritto)

“ La morte potrebbe facilmente sopraggiungere anche adesso,
ma non sarò io cercarla. Certo se la dovessi incontrare, e ciò è inevitabile, poco importa.
Ciò che importa è se il mio vivere o il mio morire abbia avuto un effetto sulla vita degl’altri.”
Malalai Joya.

Qui di seguito il discorso tenuto da Malalai Joia il 12 Ottobre 2007 alla Fondazione Lelio Basso a Roma.


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