Dopo circa due settimane di assenza, eccomi di nuovo qui per riconquistare prepotentemente la mia piccola ma alquanto suggestiva porzione di blogosfera. Prima di accingermi a scrivere questo nuovo post, dedicato nuovamente alla mia rubrica pseudosettimanale “Cos’è? Ve lo spiego io!”, vorrei, nel limite del possibile, giustificare questa assenza che agli occhi di molti profani potrebbe apparire microscopica, ma che sulle spalle di un blogger pesa non poco.
Al termine dell’anno scolastico, avevo comunicato a tutti voi, attraverso la mia pagina Facebook, che in questi mesi estivi la frequenza di pubblicazione a cui vi avevo abituati sarebbe aumentata. Avevo programmato, pensate un po’, una serie di post molto interessanti da snocciolarvi giornalmente. Purtroppo, come ben saprete, i fatti e gli eventi mi hanno smentito e sbeffeggiato alla grande! Dal 16 giugno non pubblico nemmeno uno straccio di articolo…
Finite le ciance, non mi resta che augurarvi una buona e gustosa lettura…
Che cos’è? – Il Reddito Minimo Garantito è una forma di reddito, devoluto a tempo indeterminato o per 2 o 3 anni, a tutti i cittadini che si trovano sotto la soglia di povertà. Assieme a Grecia e Ungheria, l’Italia è l’unico paese europeo privo di questa forma di sussidio pubblico. L’obiettivo principale del RMG è assicurare ai senza-lavoro e ai più bisognosi uno stile di vita degno e decoroso.
In molti paesi europei, l’assegno ammonta a circa 300 o 500 euro al mese e viene concesso solo e soltanto dopo un attento e capillare esame della situazione generale dell’individuo a cui verrà assegnato. La persona che riscuoterà questo legittimo “beneficio” non dovrà però accasciarsi sugli allori, prendendo il RMG come una forma di ammortizzatore sociale a oltranza, ma dovrà bensì mobilitarsi a ricercare, con la calma e la serenità che il RMG dovrebbe garantire, un lavoro.
In conclusione – A differenza del Reddito di Cittadinanza (ho approfondito questo tema QUI), il RMG è sicuramente fattibile da un punto di vista di costi e non incarna il concetto per il quale lo Stato dovrebbe mantenere incondizionatamente il cittadino, insabbiando così la motivazione lavorativa, bensì rappresenta una possibilità di riscatto da non confondere con una ripugnante elemosina.