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che cosa c’è dentro

Creato il 01 novembre 2012 da Plus1gmt

Siamo tutti d’accordo che quando cerchi un buon analista non vai su Google, digiti qualche parola chiave su di te, su quello che ti aspetti o sul percorso che vorresti fare e poi, uno a uno, approfondisci i risultati che ti vengono presentati. Non è un sistema ancora pronto per questo genere di cose. Poi verrà il giorno in cui ci sarà anche il marketing digitale in questo settore e ci sarà pure l’opportunità di acquistare sedute con lo psicologo su Groupon o Trivago in occasioni scontate del 75%. Che non sarebbe poi così cattiva, come idea, visti i costi che non sono certo i cinque centesimi delle vignette su Lucy e Charlie Brown. C’era un amico che per mantenersi il percorso di sostegno in questo senso faceva un secondo lavoro. E uno non si aspetta nemmeno di trovarsi seduto in un sobrio chiosco in strada, vista tutta la letteratura televisiva e cinematografica a supporto del nostro immaginario. Però se entri nello studio la prima volta e non vedi il lettino pensi che uhm, non è proprio questo che intendevo, mi andrà bene lo stesso?

Che già la figura stessa che magari diventerà il tuo punto di riferimento e il tuo principale investimento per i prossimi tre, quattro o cinque anni non è proprio la persona che ti aspettavi. Materna o addirittura senile, che già la dice lunga sull’idea che uno si fa quando decide di affrontare una sfida impegnativa come quella, che non è che ti svegli e decidi di farlo dopo aver scremato una rosa che comprende fare una gita, mettere a posto il garage, approfondire temi sui quali hai notizie solo per sentito dire come che cosa davvero ci mettono nel cibo per animali domestici e se è vero che prendono le galline e le triturano tutte intere per fare quei cosini da imbustare in confezioni da cento grammi che lì dentro c’è tutto il necessario per un’alimentazione equilibrata.

No. Fai più di due conti, e in tutti i sensi, quindi suoni alla porta e malgrado tutto quello che ti aspetti ti sorprendi che possono davvero esistere dei meccanismi di transfert. Il dolcevita austero, i jeans attillati che terminano negli anfibi, i calzettoni a righe orizzontali e, una volta dentro, quello che sarà il tuo contenitore di progetti per i giorni a venire. Uno studio minuscolo in cui a malapena ci possono stare il dottore e il paziente e tutte le aspettative, una volta che verranno chieste come prima cosa, per rompere il ghiaccio. Una porta finestra e nient’altro perché non ci sta altro sul lato stretto, una libreria sul lato lungo, e due sedie poltrone Ikea che dopo i dentisti si vede che l’architettura d’interni standardizzata ha preso piede anche tra i junghiani e probabilmente c’è un nesso in tutto ciò come invece non c’è nemmeno un tavolino a separare il proprio sé da quello altrui. Nemmeno una barriera. Nulla se non la propria nudità, quella che magari si sogna malcelata in situazioni inopportune e chissà se quello è proprio il luogo giusto per capire cosa c’è sotto. E alla fine come è andata, visto che era la prima volta? Bello è un aggettivo inopportuno, ma qualcosa si deve aver trovato lì dentro se è stato necessario uscire tre volte, alla fine del tempo regolamentare. Una prima con sé stessi ma senza la borsa, una seconda con la borsa ma senza l’ombrello, e la terza tali e quali a quando si era entrati ma con una consapevolezza in più.



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