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Che fare con le piccole case editrici?

Da Marcofre

Sto seguendo da qualche settimana l’ultima iniziativa di questa casa editrice: I Sognatori. Da anni pubblicano romanzi e racconti senza richiedere alcun contributo agli autori, e il loro lavoro è spesso buono oppure molto buono. Una loro opera, “Il funerale della balena” è, secondo il mio parere (che non vale molto), uno dei migliori romanzi pubblicati in Italia in questi ultimi anni. Naturalmente, i grandi giornali non ne hanno parlato.

Un’altra opera che avrebbe merito una fortuna maggiore è Lapsus, ma come sopra, meglio parlare di best-seller e dei soliti noti.

Adesso, l’editore ha deciso di sospendere la valutazione dei dattiloscritti, e ha lanciato una sorta di sfida: vendere un migliaio di libri entro il primo settembre. I libri sono ovviamente della casa editrice. Perché lo fa? Mi sembra evidente: il desiderio di pagare un anticipo equo agli autori. Di organizzare iniziative per rilanciare la lettura in questo Paese. Riuscire a programmare altre uscite con meno patemi d’animo.

Il bello è che al momento sono sette le persone che hanno raccolto l’invito e acquistato.

Esiste un fatto, inspiegabile (o meglio: spiegabilissimo): tutti scriviamo, ma non siamo disposti a comprare ogni tanto un libro di una piccola casa editrice.

L’editoria è un ecosistema come la savana, e se tutti ammirano leoni e ghepardi, non si può ignorare il ruolo degli insetti, della flora, degli erbivori. Se uno di questi salta, entra in crisi tutto.

Sul sito di questa casa editrice, è offerta la possibilità di scaricare un’anteprima di tutte le opere in PDF; e non si tratta di poche pagine.

Un difetto questa casa editrice ce l’ha, si capisce. Zero ebook. Niente di niente. A parte quello intitolato “Attendo contratto”; racconto questo episodio. Era disponibile al download gratuito (come adesso) e veniva richiesta solo una donazione (non ricordo se una cifra qualunque, o c’era un tetto minimo), e io pagai. Eppure sono ligure, non so se mi spiego…

Qualche giorno dopo l’editore mi scrisse un’email per ringraziarmi, e rivelarmi che ero il… settimo o l’ottavo ad aver sborsato qualche Euro, mentre il PDF veniva scaricato con regolarità e ormai il contatore veleggiava verso i 1000 download.

Forse l’avversione al libro elettronico nasce anche da questa esperienza, ma chissà che l’editore non cambi idea, prima o poi.

La conversione digitale potrebbe indurre i lettori ad acquistare più libri di questa casa editrice? Non lo credo.

Dubito che l’ebook induca i singoli a leggere di più. Non ho mai creduto alla leggenda di una Nazione affamata di cultura che non legge perché gli editori sono cattivi e vendono i libri carissimi. Certo, l’editoria è brutta sporca e cattiva: tutta? Tutta tutta? E se per caso ci sono delle eccezioni, che vogliamo fare?

Quando si investe nella mediocrità e si costruisce un intero sistema di vita su questa caratteristica, non si accetterà mai di cambiare le regole del gioco, perché questo vorrebbe dire implodere. Certo, alla fine il sistema arriva al collasso, ma questo non impedisce di resistere a tutti i costi.

Di opporsi con tenacia al buonsenso che dice: “È tempo di cambiare. È stato bello. Ci siamo divertiti, ma adesso è finita”. La stupidità non richiede coraggio, ma coerenza: solo in questo modo si affonda con criterio.

Intanto, ho acquistato questo libro: Hitler era innocente. E ne ho acquistato un altro (ebook stavolta) della casa editrice Intermezzi. Quindi: cosa fare con le piccole case editrici? Provare a comprare i loro libri, per esempio…

 

P.S. Sono stato respinto due volte da questa casa editrice. Modestamente. Qualcosa vorrà pure dire, giusto?


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