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Che lavoro fai?

Da Ant0n3l


“Niente, sto a casa”. Vi assicuro che spesso è più facile rispondere così piuttosto di spiegare bene quale lavoro faccia, sempre si possa considerare tale. A volte mi viene il dubbio non lo sia, un lavoro. Credo che alcune amiche blogger si trovino nella stessa situazione e che capiscano pienamente cosa intenda dire.
In effetti, a volte, non riesco a definire neppure io una sostanziale differenza tra quello che comunemente dovrebbe far pensare essere un lavoro da quella che comunemente è da considerarsi una passione.
Faccio un lavoro che mi piace, scrivo (a volte minchiate e a volte cose serie). Faccio un lavoro che è anche una passione. Fortunata, certo perché so di meritarmelo. Faccio il lavoro che ho deciso, quello che più si avvicina al mio bisogno di libertà (di pensiero e decisionale) e al mio modo di essere. Libertà che stride solo col conto in banca ma questo l’ho messo in conto, a suo tempo, quando ho scelto di vivere la vita che volevo, per me e per la mia famiglia.
Scrivo e faccio cose. Progetti concreti (anche in “team” come si suole dire, che le blogger o, meglio, le donne che scrivono in rete sono tante, neanche ve lo immaginate quante…) che nascono dalla realtà virtuale in cui quotidianamente mi imbatto. 
Più o meno, lavoro quando voglio, dove voglio (sì, a volte anche in vacanza) e negli orari in cui voglio. A dire la verità a seconda del periodo perché ci sono giorni che le fantomatiche 12 ore di cui tanto si lamentano le donne che vivono in ufficio mi fanno un baffo… Che la differenza tra me e loro, sta nel fatto che io ho il pc sul tavolo della sala di casa mia e loro sulla scrivania in ufficio, che non devo rendere conto ad alcuno se non a me stessa, che posso “gestire” il mio tempo e che non ho uno stipendio fisso a fine mese. 
Spesso lavoro di notte perché amo scrivere di notte.
Sì, guadagno qualcosa per il lavoro che faccio: a volte passano mesi senza che sul conto entri un euro ma sono quelli che ti fanno apprezzare di più i mesi in cui entrano tutti insieme (gli euri, dico). Sono anche quelli che ti permettono di dare al denaro il giusto valore, quelli che ti fanno rendere conto di quanto la tua vita possa essere tremendamente bella anche senza la borsa di Prada o quelle scarpe costosissime. Sono i mesi che ti spronano a fare di più, a inventarti nuove cose, nuove idee. Nuove strade. Nuovi obiettivi, quelli che a volte non ti fanno dormire la notte perché ti sembrano troppo difficili da raggiungere, perché hai paura di non essere all’altezza, di non potercela fare. I mesi che ti fanno trovare il coraggio, il coraggio di “fare”, di provare, di continuare a lottare per vivere la vita che vuoi vivere.
Sono una precaria, decisamente. Per scelta. Spero solo di poterlo essere per sempre perché mi rendo conto di essere molto fortunata ad avere la possibilità di sognare, di poter provare a realizzarli, i miei sogni. Con tenacia, forza e determinazione. E perché non temo il “cambiamento”. Sono molto fortunata perché a quarant’anni non mi sento come se avessi già giocato la mia partita. Anzi, so di averne giocate molte di partite (alcune le ho vinte, alcune perse) e so che tante altre ne giocherò. Vincerò e perderò ancora. Spero sempre a modo mio.
Ecco, non è semplice spiegare il mio lavoro a gente che non mi conosce e me lo chiede, preferisco rispondere un semplice: “Niente, sto a casa”. Che dire: “Scrivo”, per molti ma per fortuna non per tutti, equivale a dire: “Non faccio un cazzo”.
A proposito, il 3 settembre andate a vedere e a leggere il “nuovo”Donne Magazine. E ditemi cosa ne pensate. ;-)

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