De Le Troiane di Euripide non ho un ricordo eccezionale. Diciamo che mi hanno trascinato a vederlo a teatro quando già non mi aveva appassionato la lettura della tragedia; troppi cori, troppe femmine. Io volevo andare a vedere Medea, ma per i licei la programmazione cittadina proponeva solo quello.
Diciamo che mi sono abbastanza annoiata se si escludono due momenti. Il primo, quando entra in scena Elena, giustamente vestita come una velina dell’antichità, con un peplo tutto spacchi e trasparenze, un diadema sbarluccicoso in testa, andatura ondeggiante e voce roca da 144. Le altre troiane, più attempate, tutte vedove e incarognite, con le sopracciglia a gabbiano à la Frida Kahlo e certe tuniche stracciformi, la guardano di traverso: pensa te sta svergognata che crea scompiglio, fa scoppiare la guerra e ha il coraggio di presentarsi qui ancheggiando, avesse almeno la decenza di coprirsi invece di conciarsi come la Madonna del Petrolio che qui siamo tutte in lutto. Praticamente le cagnette del paesino di sant’Ilario.
Ecco, Elena era tipo così (fonte: http://www.carnivalsuperstore.it)
Il secondo, è quando Ecuba dice a Menelao che “non esiste un vero amante che non ami per sempre”. Un po’ sono d’accordo: l’amore più vero e autentico non è estemporaneo né effimero. Gli inizi di un amore hanno sempre pari dignità, sia che esso spunti nottetempo come i funghi, sia che ci metta 21 mesi come i cuccioli d’elefante.
Il problema è la fine. Quando ci si lascia, c’è una parte di me che pensa “Non era vero amore”. Era una cosa simile all’amore. Era bella, significativa, importante, soddisfacente, probabilmente aveva anche una certa pretesa di eternità. Ma l’amore è un altra cosa (o un’altra ròba, scriverebbe qualcuno.)
Se ci sono divergenze e difficoltà, deve superarle. Se ci sono ostacoli, deve sormontarli. Soprattutto, se ci sono attese forzate, deve sopportarle. Un po’ come l’innamorato storico di mia nonna, da poco stabilitosi nella stessa casa di riposo in cui vive lei. Il vecchietto non ha perso la baldanza di gioventù e la desidera come se non fossero passati più di 65 anni dal suo primo NO. Pare che la segua, le stia sempre a fianco, un po’ cavalier servente, un po’ stalker. Pare che le prenda la mano, quando son seduti nella living room a guardare Studio Aperto. Pare che talvolta la passione prenda il sopravvento e che le tocchi anche il culo, provocazioni cui lei si sottrae non senza sdegno e che hanno generato molti gossip tra gli altri ospiti.
Questa storia è giunta alle orecchie delle figlie di mia nonna, altrimenti note come mia zia e mia madre, che, incazzate come iene perplesse si sono fiondate dal direttore della struttura a reclamare maggiore vigilanza, ottenendone solo vaghe risposte.
Lui, invece, quando è stato chiamato a rapporto e invitato a maggiore moderazione, è stato assolutamente chiaro e cristallino. “Che posso farci, io la amo”. Che possiamo farci, lui la ama.