Sarà un'estate strana, forse la più strana di tutte. Non come le pigre, afose e interminabili giornate delle mie vacanze scolastiche. Giornate passate nella penombra delle tapparelle abbassate, delle tende che si muovono lievi nella poca corrente d'aria, delle lame di luce nelle quali svolazza pulviscolo invisibile. Niente ipnotico ciklet-tunf che proveniva dalla fabbrica dietro casa, nessun rumore di piatti e posate dalle finestre aperte del cortile del condominio.
Questa è un'estate di sensi di colpa, di caldo appiccicoso, di giornate passate a torturarmi il cervello per trovare una soluzione che al momento sembra non ancora nata.
La fabbrica della mia infanzia è stata sostituita da un condominio di cubi di vetro colorato, ed è saltato fuori che il cliket-tunf che segnava le mie giornate estive ha contaminato le fondamenta con i suoi scarti produttivi, molto più facili da nascondere sotto terra che da smaltire legalmente.
Le tende non danzano più e il pulviscolo nelle lame di luce si è trasformato in polveri sottili che uccidono lentamente, come Milano.
Unico rumore di fondo che ormai accompagna tutti i giorni dell'anno è quello del traffico, incessante e prepotente; camion pieni di terra che rimbalzando sui rallentatori fanno trasalire il cuore come un tuono improvviso, antifurto che suonano a intervalli regolari per ore e ore, imperterriti, fino a consumare tutta l'energia delle batterie, ma continuando con voce sempre più gracchiante a ripetere il loro verso sgraziato, quasi come i piccioni zoppi e pervicacemente intenti, giorno dopo giorno, a corteggiare con quell'insopportabile gruu-gruu femmine indifferenti.
Il caldo rende sempre più pazza quella lunatica della figlia di A., vecchia compagna delle scuole medie tornata a vivere insieme alla madre, che se è in buona, canta le canzoni di Biagio Antonacci a squarciagola, ma quando la giornata gira storta allora sì che sono vaffanculo urlati ai quattro venti fra lei e quel cerbero che l'ha partorita.
Ho voglia di andarmene via, almeno per le ferie d'agosto ma, allo stesso tempo, mi sento un incosciente. Penso che con quei soldi potremmo tirare avanti almeno un paio di mesi, ma che è ingiusto che i bambini passino tutto l'anno in mezzo a questo che, per chi non ci è abituato, potrebbe sembrare un vero inferno.
Mia madre, unica fra tutti i nonni ancora viva, mi guarda con un misto di commiserazione, compatimento e soddisfazione, come per dire:
"Lo sapevo che con quel lavoro campato in aria prima o poi finivi male! Dovevi fare l'idraulico, come dicevo io. E poi, ti sembra davvero necessario andare in vacanza in questa situazione? Hai visto? Hai buttato via i soldi dalla finestra, tu e i tuoi libri, i tuoi film, tutta quella roba elettronica, tutti quei regali per i bambini!".
Se già la situazione è un disastro, quando sono costretto a vedere mia madre, si aggiunge anche la calamità. Ha l'innato potere di mandarmi in bestia, lei e la sua pretesa di perfezione, il suo credere di sapere sempre tutto, il suo essere così permalosa e meschina anche verso i suoi nipoti e senza motivo.
l'Italia, oltre che una nazione fondata sulle partite iva, è un paese fondato sui nonni. Non lo dico io, lo dicono le statistiche. Quasi tutte le famiglie con figli si appoggiano ai nonni per la gestione dei figli, per quelle faccende che chi lavora spesso non riesce a fare e, molto spesso, anche per un sostegno economico. Bene, per noi è sempre stato l'opposto. Io ho dovuto essere sempre a servizio dei miei, accompagnarli per visite e ospedali, per commissioni e acquisti. Ho dovuto tappezzare locali, aggiustare scaldabagni, appendere quadri, spostare cucine, imbiancare soffitti. Fino a che ce l'ho fatta.
Mia moglie invece copriva i buchi finanziari del padre che si faceva rubare il motorino un mese sì e uno no, che lasciava il frigorifero vuoto al quindici del mese perché preferiva spendere la pensione in altri modi.
Oggi che il momento di difficoltà è arrivato davvero, i genitori di mia moglie sono passati a miglior vita, lasciando alla sorella prediletta e approfittatrice quel niente che possedevano, mentre mio padre se n'è andato nel fiore degli anni come una rockstar lasciandomi in balìa di mia madre e mia nonna, che è un po' come ereditare il castello di Frankenstein.