Chi cade e chi gode al gran ballo Expo di Gianni Barbacetto e Marco Maroni
Creato il 03 marzo 2015 da Funicelli
Dal Fatto quotidiano del 27
febbraio (ma lo trovate anche qui): le prime pagine del libro di Gianni Barbacetto e Marco
Maroni per Chiarelettere “Excelsior - Il gran ballo dell'Expo”
Pubblichiamo
le prime pagine del libro “Excelsior. Il gran ballo dell’Expo”
(Chiarelettere), da domani in libreria. Nel
2007, quando l’ideona prende forma, la Fiera di Milano era in crisi
nera. Realizzare l’Expo sui terreni di proprietà della Fondazione
che la controlla voleva dire risolvere ogni problema e resuscitare
l’ente Fiera. Chi controllava, allora, la Fondazione? Il
presidentissimo della Regione Lombardia Roberto Formigoni e gli
uomini di Comunione e liberazione (o “Comunione e fatturazione”,
come la chiamano i maligni). Al confine nordovest di Milano, tra
l’autostrada dei Laghi e quella che porta a Torino, c’era un
Triangolo delle Bermude racchiuso tra la nuova Fiera di Rho, il
carcere di Bollate e il Cimitero Maggiore. Era in massima parte di
proprietà della Fondazione Fiera di Milano. Un’area agricola
inutilizzabile. A meno che... A meno che non arrivasse il tocco di
una bacchetta magica a trasformare quella landa desolata,
schiacciata tra due autostrade, un carcere e un camposanto, che non
volevano neppure gli agricoltori. Valeva niente. Dopo il tocco
dell’Expo, vale più di 300 milioni di euro. NEL
2006, quando l’ideona è nata, sindaco di Milano era Letizia
Moratti. È lei che vuole Expo: il successo mondiale dell’evento
sarebbe stato un suo planetario successo personale. L’Expo
all’inizio è questo: il sogno personale di Donna Letizia. Lo fa
subito suo il Celeste Formigoni, che lo rimette con i piedi per terra
con una bella operazione immobiliare sui terreni della Fiera. Una
speculazione da 300 milioni di euro per riempire di cemento un’area
altrimenti inutilizzabile. Realizzato il colpo dei terreni, si passa
al banchetto vero e proprio: Expo è un’operazione che all’inizio
promette investimenti per 15 miliardi di euro, tra l’esposizione
(4) e le opere connesse (11). Il tema scelto è l’alimentazione.
Effettivamente da mangiare ce n’è. seguono infatti tre lunghi anni
spesi esclusivamente a litigare per decidere chi comanda. Senza fare
assolutamente niente. Intanto però i soldi arrivano e cominciano a
essere spesi: sono divorati 40 milioni di euro per la gestione del
circo Expo, senza muovere neanche un mattone. Anzi, senza ancora
neppure sapere se i terreni per l’esposizione sarebbero stati
comprati oppure utilizzati in comodato d’uso. La Casta dell’Expo
prende forma e prende, soprattutto, gettoni, stipendi, incarichi e
potere. Ma attenzione: Expo, come Crono, divora i suoi figli. La
prima a cadere è proprio lei: Donna Letizia. Nel 2011, anno in cui
torna alle elezioni con la speranza di essere confermata sindaco per
poter finalmente gestire la “sua” Expo, un sondaggio le rivela
che i milanesi ritengono proprio i ritardi su Expo il suo problema
principale. Non sarà rieletta. Clamoroso, per Milano: Expo uccide la
sua ideatrice e fa diventar sindaco il candidato di
centrosinistra, Giuliano Pisapia. Costretto a lasciare la scena (per
altre vicende politiche e giudiziarie) anche chi era uscito vincente
dallo scontro con Moratti, quel Formigoni che si preparava a
diventare il vero padrone di Expo. Divorati pure i manager posti al
vertice dell’evento: prima Paolo Glisenti, poi Lucio Stanca. Il
loro successore, Giuseppe Sala, è messo a dura prova, ma alla fine
ce la fa, tra polemiche, scandali, ritardi, inchieste e arresti.
Racconteremo anche come, mentre la politica perdeva tempo a litigare,
il mondo degli affari si preparava a banchettare con i soldi
dell’Expo. Primi fra tutti, dentro la comunità degli affari,
quegli imprenditori un po’ particolari che fanno riferimento alle
cosche mafiose della
’ndrangheta,chehannodimostratodiessereprontiprimadeglialtri. Alla
fine, Pisapia eredita l’operazione Expo, ne accetta il peccato
originale – i presupposti immobiliari stabiliti da Formigoni – e
cerca di gestirla con l’obiettivo di ottenere il minimo danno per
sé e qualche beneficio per Milano. Sa che la fine dell’esposizione
coinciderà con la fine del suo mandato: se andrà bene, sarà la
migliore delle campagne elettorali; se andrà male, Crono avrà il
suo ultimo pasto.
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