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Chi di teaser ferisce #8

Creato il 06 gennaio 2015 da Ceenderella @iltempodivivere

Sto sbrodolando come una deficiente oggi perché sono a metà dell’Ordine della chiave e la mia cotta di proporzioni immani per Axel Vandemberg non fa che peggiorare man mano che tutti i suoi comportamenti bizzarri, a dir poco, per la quasi totalità dell’Ordine della spada si spiegano. Dico che mi sono innamorata di lui perché della penna della sua autrice ormai è cosa nota e penso non ci sia bisogno di ribadirlo. Quel che invece c’è bisogno di rimarcare è, nell’Anno di ferro, l’assoluta meraviglia data dalla prosa scorrevole e ironica di due autrici di enorme talento che insieme sembrano funzionare alla perfezione. E va bene, è presto per giudicarlo, dopotutto sono solo all’ottavo capitolo, ma ci sono ottime basi per cui finisca per esaltarmi!
Detto ciò, miei adorati, vi lascio due teaser oggi (le regolette sono semplici semplici e le trovate qui, ma possono riassumersi in: “bando agli spoiler!”) e vi invito ad aprire quel che state leggendo e lasciare una citazione. Chissà che non finiamo per suggerirci nuove letture!
Buona giornata!

downloadTitolo: L’anno di ferro
Titolo originale: The iron trial
Serie: Magisterium #1
Autrice: Holly Black e Cassandra Clare
Traduttrice: Beatrice Masini
Editore: Mondadori
Anno: 2014
Pagine: 319

Quando raggiunge la grotta in cima al ghiacciaio, Alastair capisce subito che il Nemico l’ha preceduto. Sua moglie Sarah è stata uccisa, come gli altri maghi lì rifugiati. Solo il debole vagito di un neonato lo rincuora: suo figlio Callum, seminascosto accanto al cadavere della madre, è ancora vivo. Ma quando Alastair lo prende fra le braccia, le terribili parole incise nel ghiaccio da Sarah prima di morire lo fanno inorridire… Dodici anni dopo, quando Call viene ammesso al Magisterium, la prestigiosa accademia riservata ai ragazzi dotati di talento magico, suo padre è contrario: sin dalla più tenera età ha insegnato al figlio a diffidare della magia. E ora Rufus, il magister più anziano della scuola, lo ha ammesso all’Anno di Ferro, il primo del Magisterium. Call non può sottrarsi al suo destino. La magia scorre, in certe famiglie. Ma sul destino di Call incombe fin dalla nascita l’artiglio del Nemico.

Callum Hunt era una leggenda nella sua cittadina del North Carolina, ma non in senso buono. Celebre per la sua abilità nello smontare i supplenti con battute sarcastiche, era specializzato nell’irritare i direttori, i bidelli e gli inservienti della mensa. Gli psicologi scolastici, che partivano sempre animati dal desiderio di aiutarlo (la madre del povero ragazzo era morta, dopotutto), finivano per sperare che non si presentasse più davanti a loro. Era piuttosto imbarazzante non riuscire ad avere la risposta pronta per mettere al suo posto un dodicenne arrabbiato.
Il perenne cipiglio di Call, la chioma nera arruffata e i sospettosi occhi grigi erano ben noti ai suoi vicini. Amava andare sullo skateboard, anche se gli ci era voluto un po’ per impadronirsi della tecnica; diverse auto recavano ancora i segni dei suoi primi tentativi. Spesso lo si vedeva appostato fuori dalle vetrine del negozio di fumetti, della sala giochi e del negozio di videogame. Perfino il sindaco lo conosceva. Difficile dimenticarsi di lui, dopo che il giorno
della Parata del Primo Maggio aveva eluso la sorveglianza del commesso del locale negozio di animali e rapito una talpa senza pelo destinata a finire nella pancia di un boa constrictor. Aveva provato pena per quella creatura cieca e rugosa dall’aria indifesa, e per amor di giustizia aveva liberato anche tutti i topi bianchi destinati a seguirla nel menu serale del serpente.
Non si era aspettato che i topi si precipitassero sotto i piedi della gente che sfilava, ma i topi non sono molto svegli. Non si era aspettato nemmeno che gli spettatori si dessero alla fuga davanti ai topi, ma nemmeno la gente è troppo sveglia, come aveva commentato più tardiil padre di Call. Non era colpa di Call se la parata era stata un disastro, ma tutti – sindaco in testa – si comportavano come se. In più, suo padre l’aveva costretto a restituire la talpa senza pelo. Il padre di Call non approvava il furto.
A suo parere era una cosa spiacevole quasi quanto la magia.

black_friars_lordine_della_chiave_de_winter_faziTitolo: L’ordine della chiave
Serie: Black Friars #0.5
Autrice: Virginia de Winter
Editore: Fazi
Anno: 2012
Pagine: 454

Axel Vandemberg, giovane crede al trono del regno più importante del Vecchio Continente, farebbe qualsiasi cosa per amore, anche picchiare uno dei suoi migliori amici. Imprigionato nel carcere degli studenti per una rissa, il suo unico, struggente pensiero è dedicato a Eloise Weiss, la ragazza cui ha consacrato la vita fin dall’infanzia. Axel non sa che il suo mondo sta per essere sconvolto dal fatale incontro con Belladore de Lanchale, una cortigiana dal fascino oscuro che ben presto imprigiona il ragazzo in una trama fitta di bugie e ricatti. Mentre Axel lotta contro la seduzione del male, la città pare farsi specchio dei suoi tormenti, trasformandosi in uno scenario di efferati delitti. Protetto dalla notte, tra i vicoli non ancora illuminati dalla luce a gas di una città ammantata di atmosfere gotiche, un assassino inafferrabile uccide giovani umane e bellissime vampire. Unica traccia utile alla Magistratura incaricata delle indagini è il macabro e accurato gioco dell’omicida, che ricompone i corpi delle vittime ispirandosi a celebri fiabe: Raperonzolo strangolata dalle sue lunghe trecce, la Bella Addormentata dilaniata dal morso del principe. Biancaneve avvelenata dalla mela…

Tutti i giorni le parlava nella sua mente, collezionando pensieri di cui metterla a parte.
In quel momento però le parole e i pensieri lo tradivano. Aveva la bocca arida per la tensione e un groviglio di sentimenti checombattevano nel petto, chiedendo ognuno una voce per esprimersi.
L’improvviso turbamento lo indusse a nasconderle lo sguardo piegandosi su un ginocchio ai suoi piedie prendendole una mano per baciarne rispettosamente il dorso.
“Vostra altezza mi confonde”.
La voce di lei era calma ma non gli nascose un’eco di allarme. Sembrava soffrire e, quando sollevò lo sguardo per incontrare il suo, lui lo vide colmo di inquietudine.
Il volto però era sereno, il tono basso e dolce: Eloise sembrava possedere dentro di sé un principio femminile che nonostante la giovanissima età rendeva alcuni suoi gesti quelli di una donna fatta.
“Mi scrivete quasi ogni giorno, Lady Eloise”, un tono scherzoso lo soccorse. “Da quando, dunque, avete l’abitudine di tacermi notizie importanti?”
Tentò di sorriderle. Sentiva la mano di lei tremare tra le proprie.
“Non capisco di cosa stiate parlando”, gli rispose.
Gli occhi neri, fossi nei suoi, erano indagatori.
Lui pensò a quando aveva visto quegli occhi la prima volta, sul viso di una fragile neonata tra le sue braccia. Erano così scuri e la gente che lui aveva attorno aveva sempre gli occhi chiari.
Era stato impossibile resistere.
Non ci aveva nemmeno provato.
“Avete dimenticato di dirmi che diventate ogni giorno più bella”, disse rauco.
Un’emozione dolorosa e sconosciuta si stava facendo largo tra le altre, dando un senso alla sofferenza confusa e all’ansia di ritrovarle nello sguardo l’espressione di sempre quando si posava su di lui.
Si accorse, sorpreso, che l’accento delle sue parole si era leggermente indurito.
Lei invece sembrò leggere con un unico sguardo dove lui stesso non riusciva.
Di colpo la sua espressione si addolcì e soltanto un’ombra di inquietudine rimase sul suo volto quando gli prese le mani e parlò di nuovo: “Alzati, Axel”.
“Questo posto mi piace”, sussurrò lui. “Abbiate la bontà di accordarmelo”.
“Ti prego”.
“Il posto ai vostri piedi, adesso, compete forse a qualcun altro?”
“Come preferisci”.
Con un lieve scrollare di spalle lei scivolò in avanti e si inginocchiò a sua volta davanti a lui. Era minuta e per guardarlo in viso doveva piegare il collo all’indietro. Se si fosse chinata appena in avanti la sua fronte avrebbe toccato il punto esatto nell’incavo della sua spalla, là dove lui amava tenerla.
Rimasero così, i loro occhi legati da un nastro invisibile, entrambi in ginocchio, le dita di lei sul tappeto sfioravano le sue come per caso.
“Sono felice che tu mi ritenga bella”, disse Eloise, e la sua voce bassa sembrava una diga troppo debole davanti all’emozione. “Se anche qualcun altro è dello stesso avviso, non me ne sono accorta”.
Era impossibile sentirsi allo stesso tempo così umile e potente, ma quando gli gettò le braccia al collo e poté finalmente stringerla a sé, fu come se all’improvviso un’agitazione di cui non era nemmeno pienamente consapevole si placasse senza lasciare traccia.


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