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Chi di testa colpisce

Creato il 29 novembre 2011 da Vivalafifa @WlaFifa

Il colpo di testa: uno dei gesti più belli del calcio. Un cross ben pennellato, la palla che attraversa l’area, il centravanti che si alza sopra tutti e colpendo il pallone di testa la mette dentro. Giocatori come il tedesco Oliver Bierhoff ne hanno fatto il loro marchio di fabbrica. E uno dei gol più famosi della storia del calcio fu segnato purtroppo all’Italia da Pelè nella finale di Messico ’70. Non lasciate che restino solo un ricordo. Lo riporta oggi il quotidiano inglese Sun: ai bambini che imparano il gioco del calcio potrebbe essere intimato presto di colpire il pallone solo con i piedi.

Chi di testa colpisce

Uno studio condotto da un team di neurologi dell’Albert Einstein College of Medicine di New York ha emesso una sentenza che potrebbe cambiare l’apprendimento del calcio fin dai ‘pulcini’. Analizzando un gruppo di calciatori di 30 anni che hanno cominciato a giocare da ragazzini, è emerso che, tra coloro che hanno colpito il pallone di testa più spesso nella loro carriera si sono verificati danni in 5 aree del lobo frontale del cervello. L’analisi dei neurologi americani è semplice: nel’età dell’adolescenza, le cellule cerebrali non sono ancora mature e i continui colpi al pallone con la testa possono rallentare se non distruggere la loro crescita. I ricercatori sono arrivati alla conclusione che colpire la palla di testa 1000 volte ad inizio carriera può portare a danni cerebrali in alcuni casi irreparabili.

Le aree del cervello maggiormente danneggiate sono quelle dell’attezione, della memoria e dell’abilità visiva. I giocatori analizzati con più colpi di testa alle loro spalle hanno presentato problemi con la memoria verbale e in alcuni test di velocità visiva utilizzando il coordinamento occhi-mani. Nel 2002, un coroner attribuì la morte del leggendario Jeff Astle, ex giocatore del West Bromwich scomparso a 59 anni, ai dani cerebrali riportati dai numerosi colpi di testa in carriera.

E così, nuove linee guida potrebbero essere seguite presto da genitori, scuole e club di calcio, anche se non è stato indicato da che età le cellule cerebrali non rischiano più danni permanenti. Un portavoce della inglese Brain Injury Association ha spiegato che “lo studio è stato condotto solo su 30 giocatori, non saltiamo a connclusioni affrettate”. Non lo faremo, anche se abiamo riportato la notizia. Attendiamo di sapere se lo studio verrà esteso. E se dovremo vietare ai nostri figli di imparare come si fanno le ‘incornate vincenti’.


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