Oggi Dagospia definisce Ruby una “zoccoletta minorenne“. Si sa che stiamo parlando di un organo di (dis)informazione di chiara derivazione berlusconiana. Il tentativo ancora una volta è quello di colpevolizzare le donne che, quando non se ne stanno chiuse in casa, sono puttane, sfruttatrici, arriviste, bugiarde che stanno lì di fronte a uomini che, per la loro innata generosità e ingenuità, si fanno impietosire e manipolare da queste abili malfattrici. Il male si sa, viene sempre dalle donne. Non siamo andati molto lontano dall’immaginario legato alla donna-tentatrice.
Questo fatto ci fornisce ancora una volta la misura di come le donne vengono trattate nel basso Impero berlusconiano. E ci dà delle ottime indicazioni sul modo in cui il femminismo dovrebbe agire nei confronti di tutte quelle donne che, pur facendosi portatrici concrete di immagini svilenti, nonostante siano compartecipi della degradazione della donna ad oggetto sessuale, nondimeno non possono esserne considerate le vere responsabili.
Il caso di Ruby ci dimostra come non solo le donne vengano costantemente messe nella posizione di doversi prostituire, ma che una volta fattolo vengano tacciate come puttane manipolatrici. Ovvero, le usano e poi se ne servono per svilire tutte le altre donne.
Non sono solo oggetti sessuali, ma sono anche oggetti di manipolazione dell’opinione pubblica.
Vengono sfruttate non solo come corpi, ma anche come mezzi di degradazione di tutto il genere femminile. È così che si prendono due piccioni con una fava. L’atto di sottomissione nei confronti della donna è qui infatti duplice: ci si serve di quei corpi per il proprio personale piacere e desiderio e d’altro lato si utilizza quel corpo asservito per dominare l’intero immaginario sul genere femminile.
Ma quanta responsabilità hanno queste donne in questo meccanismo perverso? Per rispondere a questa domanda occorre porre attenzione su chi davvero ne trae vantaggio. Non di sicuro le protagoniste di questi scandali, che per tutta la vita saranno tacciate come prostitute.
Ma la domanda è anche un’altra: sono davvero libere le donne che si servono del loro corpo per vivere? In un altro post (qui) avevo citato l’affermazione di una giovane prostituta che diceva “solo quando hai delle opportunità hai delle scelte”. Se vivi in un sistema che della donna propone un’immagine che la fa essere o moglie o prostituta, che non valorizza lo studio (qui la notizia della riduzione del 90% dei fondi per le borse di studio all’università), che anzichè promuovere il lavoro femminile lo ostacola, cosa ti resta da fare, quali sono concretamente le tue opportunità? Quanto sei davvero libera di scegliere?
COMMENTI (1)
Inviato il 19 gennaio a 08:42
Da una donna a tutto il genere femminile. Se fosse stato un prostituto gay, sarebbe stato il genere maschile? E perché non tutta l'etnia nordafricana? Di notte tutte le vacche sono nere, e mi pare tutte le donne sono rosa.