Chi è l’antistorico, Marchionne o Landini? Roba da codice penale
Creato il 07 gennaio 2011 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Prima di addentrarci nel tema del “post-befana” su chi oggi abbia in Italia una visione antistorica rispetto al mercato globale e alle sue anti-leggi, vorremmo fare una sola riflessione sul Marchionne pensiero o, meglio, sul “cosa-dice-Sergio-e-a-chi”, altrimenti non ne verremo mai fuori. Nel 2006, annunciando trionfalmente il piano industriale Fiat per il triennio 2007/2010, “‘o canadese”, come Zarathustra, diede queste esatte cifre: “Fatturato di 67 miliardi di euro contro i 58,1 del 2006; utile netto 3,5 miliardi contro gli 1,1 del 2006; 23 nuovi modelli e 16 restyling”. In un amen, considerata l’aria di risparmio imposta dal crollo dei mercati, quel piano servì a sostituire per un po’ la carta igienica negli stabilimenti Fiat di Termini Imerese, Pomigliano d’Arco e Mirafiori, mentre nei centri direzionali rimase quella profumata al gelsomino che piace tanto al top-manager. Considerata la fine miseranda di quel piano e soprattutto l’incapacità della Fiat di mettere mano al lancio di nuovi modelli (come invece hanno fatto tutte le altre grandi industrie automobilistiche), se qualcuno chiede a Marchionne che intenzioni abbia per il piano 2011/2013 si sentirà rispondere: “Tutta colpa di quei vetero e anti-storici comunisti della Fiom”. Se uno insiste facendogli notare che la domanda era un’altra, lui risponderà: “Se non vinco con il 51 per cento il referendum niente investimenti”. Siccome la Fiat fabbrica automobili e non passa notoriamente per una scuola di pensiero con cattedra ad Harvard, se il boss incontrastato invece di parlare di automobili gigioneggia sui rapporti sindacali c’è qualcosa che non va. Anzi. Se qualcuno, come recentemente ha fatto Landini (e la Fiom in generale) gli dice “parliamo prima del piano industriale e poi mettiamo mano al contratto”, Marchionne glissa, parla d’altro, fa finta di essere appena rientrato da Detroit e da la colpa della sua dislessia momentanea al jet-lag. Sergio ‘o canadese ha capito tutto dell’Italia. Ha la fortuna di lavorare in un paese nel quale se uno fa una domanda l’altro si sente in diritto di rispondere quel che cazzo gli pare, e se il “questionante” prova a reiterarla si becca pure una querela per calunnia. Finora Marchionne ha parlato solo di Panda e di SuperUno. Ci piacerebbe sapere dove sono i 23 nuovi modelli che dovrebbero fronteggiare la concorrenza, ma non ce n’è traccia a meno che la povertà di idee degli ingegneri progettisti Fiat non abbia a che fare con lo spionaggio industriale recentemente denunciato dalla Renault. In assenza di un piano industriale, che pure ci sarà ma che non conosce nessuno, Sergio chiede, ordina, impone, ricatta. E l’assurdo è che gli vanno tutti dietro per la paura fottuta di dover ricollocare sul mercato migliaia di lavoratori che “meglio schiavi che disoccupati”. L’ultima è di Sergio Chiamparino, il sindaco uscente di Torino che ha intenzione di presentarsi alle primarie della coalizione di centro-sinistra, il quale ha detto: “Se non si firma prima il contratto con quale faccia si può chiedere di conoscere il piano industriale?” che è come assumere un farmaco di cui non si conoscono gli effetti collaterali: lo ingoi e magari dopo cinque minuti sei morto. Detto questo, siccome ci siamo rotti cordialmente le scatole di essere considerati dei vecchi bolscevichi (al contrario di Veltroni che nega di esserlo mai stato pur avendone avuto in tasca la tessera), vediamo chi ha la visione antistorica del mercato. La “riduzione in schiavitù” è un reato previsto dall’articolo 600 del codice penale italiano e anche dall’articolo 4 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Il “ricatto” è un reato e lo è anche il “ricatto emotivo” come prevede l’articolo 629 del codice penale. La “menzogna” (in linguaggio leguleio: “artifizio o raggiro”), è anch’essa un reato espressamente previsto dall’articolo 640 del codice penale. Il “procurato allarme” (compreso quello “sociale”) è un reato previsto dall’articolo 658 del codice penale. La “reticenza” è un reato previsto dall’articolo 384 del codice penale e dall’articolo 207 di quello di procedura penale. Non figurando l’"arroganza" nell’elenco dei delitti e delle successive pene da comminare, si potrebbe parlare di “abuso” che, guarda caso, è un altro reato previsto dall’articolo 323 del codice penale. Il “millantato credito” è ancora un reato, lo dice espressamente l’articolo 346 del codice penale. Potremmo passare l’intera mattinata a citare articoli del codice penale che riguardano Marchionne, ma preferiamo essere annoverati fra gli anti-storici che vorrebbero solo un po’ di democrazia in più e meno maggiordomi in circolazione. Ma davvero per essere al passo con la Storia è necessario violare tutto il codice penale?
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