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Chi è Lo Spazio Bianco: conosciamo Elena Orlandi

Creato il 14 giugno 2014 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco
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Continuiamo a presentare chi c’è dietro al sito e continuiamo ancora con la rappresentanza femminile, ultimamente decisamente in espansione. Dopo la new entry Maria Rossella Scarpa, una delle collaboratrici storiche: Elena Orlandi. La sua prima brevisione risale al 2010 e negli anni si è distinta come una delle penne più capaci del sito, ottima conoscitrice del fumetto, attenta osservatrice della realtà delle autoproduzioni e persona sempre affidabile quando c’è da prendere una decisione organizzativa.

Ciao Elena, che bello intervistarti. Dunque, al di fuori de Lo Spazio Bianco hai una vita intensissima: partiamo dal merito puramente professionale. Tu lavori nel campo dell’editoria da anni, approfondiamo questo aspetto?
Oddio, non saprei come, nel senso che per me è un aspetto così omnipervasivo che approfondirlo ulteriormente credo non sia possibile.
In poche parole, dopo anni in questo campo (mi sono laureata con un master in editoria nel 2008 e ho subito iniziato a lavorare con diverse redazioni milanesi), ora sono una freelance e mi occupo prevalentemente di editoria per ragazzi, anche se mi capita di lavorare (ovvero essere pagata) anche per altri settori di questo piccolo mondo.
Quasi tutto il mio tempo ruota attorno ai libri, o comunque alla parola scritta: me la godo così + il mestiere freelance ti spinge a fare così + se impari a vedere il mondo attraverso un determinato filtro è difficile poi tornare indietro.

Convivi con quella frizzante ansia da precariato che sembra sia diventata quasi un privilegio visto quanto viene esaltato dalla politica nazionale. Insomma, sei una privilegiata, vuoi mettere la noia di un posto fisso?
Il mio privilegio vero è che sono sempre stata allergica alle imposizioni. Credo che per molti sia così, ma altri invece amano confini più certi. Il mio modo di lavorare mi permette di stare più lontana da imposizioni, che siano meramente di orario o proprio di esecuzione.
A ogni modo non è una vita facile: non so se tra un anno sarò in grado di pagarmi il mutuo (ma questo è vero per tanti), se mi venisse una malattia più o meno grave non potrei permettermi di fermarmi per lunghi periodi, sono sempre alla rincorsa di nuovi lavori.
Insomma, potremmo parlarne per ore, ma a parte quello che può essere rubricato sotto il grande cappello del welfare e della protezione del lavoro, ci sono anche elementi che credo che impattino sulla materia del lavoro stesso (almeno per come viene organizzato e gestito in Italia in questo settore). Un freelance produce tantissime idee per il mondo editoriale, molto spesso queste idee non gli vengono riconosciute, sia da un punto di vista economico sia da un punto di vista di responsabilità e paternità dell’idea, che forse è ancora più doloroso. Ma passiamo oltre.

Mi hai sempre dato l’impressione di una a cui piace molto la carta, il contatto con il materiale del fumetto. E invece hai dato vita a un progetto come Retina, “piattaforma di distribuzione e promozione di fumetti digitali, pensata per facilitare la circolazione di opere altrimenti invisibili”: come mai? Come è nata l’idea? Come vedi il suo futuro?
Adoro la carta, è vero. Ma cerco sempre di ricordarmi che la cosa più importante sono le storie, gli immaginari, le visioni artistiche che finora la carta ha veicolato. È partendo da qui che io e Davide Catania abbiamo pensato di sfruttare la potenza del digitale e di internet per portare a quante più persone possibile e velocemente (a portata di clic) quelle storie a fumetti che pensavamo importanti o semplicemente belle. Ovviamente Retina è specchio del nostro gusto, ma questo cerchiamo di fare: ripescare dal mare di carta che rischia di finire nella spazzatura o nascosta in pochi cassetti, quello che pensiamo valido.
Sempre più i fumetti si muovono online, ma purtroppo ancora molti non sono abituati a pagare per leggere qualcosa che poi rimane immateriale e considerano internet come il pascolo della roba gratuita, ed è questo il principale ostacolo che abbiamo trovato. Retina rimane comunque un luogo dove trovare i primi fumetti di un autore, o quelli che ormai sono fuori catalogo o introvabili, o qualche autore straniero che in Italia ancora non è stato pubblicato. Penso che per gli autori italiani possa essere un modo in più per far circolare e vedere le proprie opere e noi fondatori ci divertiamo molto anche a fare ricerca: girare per internet e cercare autori che qui non ci sono e non capiamo perché non ci siano.

Qualche anno fa hai partecipato con Giulio Mozzi alla realizzazione del libro “Il ricordo d’infanzia”. Ce ne vuoi parlare? Il libro ha trovato un editore o è ancora in attesa (e in questo caso vorrei aggiungere: perché? ma certo non dovrei rivolgere la domanda a te)?
Temo che quel progetto navighi nel limbo dei progetti editoriali mai nati. Giulio Mozzi ha lanciato l’idea, che era sostanzialmente quella di dragare i ricordi delle persone che avrebbero voluto partecipare e vedere di cosa era fatta la nostra infanzia, intesa proprio come infanzia collettiva. Vedere se c’erano dei ricordi che tornavano più o meno uguali, degli oggetti, delle esperienze.
Purtroppo non abbiamo trovato un riscontro dalle case editrici e quindi tutto si è fermato.

Da quest’anno collabori attivamente con il Bilbolbul. Quali sono i tuoi ruoli e di cosa ti stai occupando?
Bilbolbul è organizzato da un’Associazione culturale (www.hamelin.net) e in contesti di questo tipo tutti fanno molto di tutto. Lo dico soprattutto a me stessa, perché essendo ormai anni che lavoro in aziende mi rendo conto di subire a volte delle rigidità legate a ruoli ben definiti. Che per altro non mi apparterrebbero per niente. Per cui penso mi faccia molto bene tornare a dimensioni di condivisione e di discussione continua nel merito di quel che si fa. Insomma, correndo il rischio probabile di uscirne totalmente schizofrenica, l’avventura di Bilbolbul mi emoziona tantissimo e ne sono molto molto contenta. Lo dico senza piaggeria. Mi occuperò della realizzazione di alcune mostre, e poi della redazione dei testi, della comunicazione e del rapporto con i media partner. Questo sulla carta, ma tanto cambierà da qui a novembre (perché vi ricordo che quest’anno Bilbolbul è a novembre, e per la precisione dal 20 al 23 novembre!).

Infine, parliamo un poco anche de Lo Spazio Bianco? :) Che dici? Sono molti anni che “ci frequentiamo” e sicuramente hai visto tanti cambiamenti. Che rapporto hai con il sito? Gli vuoi un po’ bene?
Gli voglio bene sì. La chiamata di Ettore a scrivere su LSB ha segnato un momento importante di presa di coscienza di cosa volesse dire per me scrivere di fumetto e quanto anche affettivamente significasse per me questo mondo. Poi, come sempre, vorrei fare tanto di più di quello che ho fatto e spero più passa il tempo di riuscire a conciliare sempre di più le mie mille anime e, soprattutto, di riuscire a trovare spazi sempre più ampi e protetti per la riflessione e lo studio.

Quali pensi siano i suoi punti di forza e i suoi punti deboli?
L’approfondimento è sicuramente un suo punto di forza. Sia quando riesce ed è circostanziato, sia proprio come tensione e tentativo di approccio al fumetto e a tutto quello che lo circonda. Il punto debole, e però credo che sia difficilissimo resistere a questa tensione, è l’ansia di rincorrere la vastità di uscite sempre più cospicue e la concorrenza agguerrita sull’ultima notizia online, tutti fattori che congiurano nel minare alle basi la possibilità di fermarsi un attimo e approfondire.

Cosa è la critica fumettistica, a cosa serve, a chi serve?
Uuuuh, domandone da un milione di dollari. Non credo di essere in grado di rispondere, a dire la verità. Non penso di essere una critica di fumetto, anche se posso essere molto “critica”, questo sì. :P
A parte gli scherzi, il senso proprio della “critica“ penso sia molto mutato in tutti i campi negli ultimi decenni. Prima c’erano poche persone che leggevano, poche che scrivevano, poche che venivano pubblicate, poche che esercitavano la critica. Ora tutto è esploso e multiforme.
Io so di avere vaste letture e anche molto variegate. Cerco di tenere un occhio soprattutto su quello che tende a passare inosservato o è meno visibile. Però sono schiava del mio gusto e questo non credo che faccia di me una critica: sono molto esigente verso chi si autodefinisce in questo modo.
Quando parlo di un fumetto, cerco prima di tutto di capire cosa quel fumetto è riuscito a dare a me, pensando che dal particolare si possa in qualche modo risalire all’universale. Ma questo non mi dà il patentino di critica, solo di lettrice molto avvertita e appassionata, che per altro cerca di non fare torto a nessuno. Ho molto rispetto per le doti artistiche altrui, ma non penso che possa parlar di arte solo chi l’arte la fa. Mi limito a consigliare, e, ripeto, a cercar di scovare quelle piccole perle, quegli sguardi sul mondo laterali e poco frequentati che spesso si perdono tra le mode.

Cosa vorresti fare e non sei ancora riuscita?
Un milione di cose. E questa è la mia dannazione, nel senso che soffro nel rendermi conto che a volte è già tanto se riesco a farne bene una. Confido nell’estrema elasticità del tempo, ma ogni tanto l’elastico si spezza. Continuerò a studiare, a leggere e a guardarmi intorno. Spesso a contaminare troppo gli sguardi, ma ormai il nostro mondo è fatto così, e spero, da tutti questi influssi, di riuscire a distillare qualcosa di sensato e di riuscire a comunicarlo agli altri.

Grazie Elena!

Se siete curiosi di sapere altro di Elena, segnaliamo anche il suo blog: iamclumsy.com.


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