di Annalisa Chirico
La folla esultante. Il Caimano si è dimesso. Si canta “Bella ciao”. Il vertice del PDL prima della partenza verso il Colle è paragonato al Gran Consiglio. In trepidante attesa per Piazzale Loreto un cialtrone rivendica la paternità di un atto cialtronesco. Il lancio delle monetine contro l’auto del Presidente del Consiglio, che si avvicina al Quirinale. “L’ho fatto io, l’ho lanciata io”. È il coordinatore del Popolo Viola, al soldo dell’Idv.
Orbene, l’odissea berlusconiana è l’odissea di una guerra civile quasi ventennale. Una guerra non guerreggiata, ma pur sempre guerra. Alcuni gesti sono esplosioni inconsulte, comprendiamole. Possono capitare. Esasperazione irrefrenabile. È vero. Come frenare la cialtroneria?
Ora, ci raccontano che il Paese è libero. Siamo liberi. Da che cosa? Dal dittatore, che ha vinto le elezioni democraticamente nel 1994 (anche con il voto di Monti). Poi nel 2001, poi nel 2005 e, di nuovo, nel 2008. E senza il mio voto, aggiungo.
Il dittatore le elezioni le ha vinte, il consenso lo ha chiesto ai cittadini italiani, che gliel’hanno dato e confermato. Liberamente, senza camice nere ai seggi elettorali. Un governo espressione della maggioranza parlamentare, espressione a sua volta della volontà popolare.
Ora quel dittatore ha rassegnato le dimissioni. Non era tenuto a farlo. Si è dimesso senza un voto di sfiducia del Parlamento. Anzi. Un atto dunque non dovuto. Un atto di responsabilità politico-istituzionale. Per lasciare il posto a chi? A un raffinato ed accorto professorone, degno di stima, certo. Che però il consenso non lo ha chiesto agli elettori. Speriamo bene che realizzi i benedetti 39 punti europei nel più breve tempo possibile. Trangugiamo il boccone amaro. Siamo in emergenza. Ma il rischio c’è. Perché, come scriveva Ennio Flaiano, in Italia “nulla è più definitivo del provvisorio”.
In una democrazia liberale i governi devono uscire dal voto popolare. Non dall’accordicchio tra i partiti per far fronte alle domande dei mercati e del duo franco-tedesco.
Il governo “tecnico” è un governo politico a tutti gli effetti. Senza l’appoggio delle truppe partitiche in Parlamento quel governo non muoverà un passo. La classe politica è tutta lì, a manovrare i fili di questa delicata fase di transizione, e resterà lì salda al posto di comando. Quindi chi oggi esulta per la Liberazione e ieri si indignava contro banche e banchieri, contro la “casta” e le sue scorie, non c’ha capito granché. Deve fare pace con se stesso.
In definitiva, se vogliamo prenderci per il culo, possiamo anche dire che ci siamo liberati. E che il dittatore è stato defenestrato. E che questo sabato sera è scivolato così, per diapositive in successione.
Di cazzate se ne possono dire tante. Se ne sentono tante. Speravo che mi avrebbero risparmiato almeno le monetine. E invece no, neppure questo.
E dire che io Berlusconi non l’ho mai votato.
Arrivederci, Presidente.
fonte: Panorama.it
© 2007 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.