Giusto qualche giorno fa mi è capitato di sentirmi dire da un ragazzo – evidentemente non ha tanto le idee chiare – che quelli di sinistra come me e Travaglio passano le loro giornate a cercare di crocifiggere Berlusconi. Sarebbe stato facile dargli dell’ ignorante, visto che qualsiasi persona minimamente informata sa che Marco Travaglio non è affatto di sinistra, anzi lui stesso si è sempre definito un liberale, e ad oggi di fatto è uno dei pochi giornalisti che rievoca nei suoi articoli il nome di Indro Montanelli – un altro che proprio di sinistra non lo è mai stato-. Ma ciò mi ha fatto accendere la lampadina: non tanto per l’ accostamento di un Antiberlusconiano alla sinistra, cosa che qualsiasi lettore devoto de “ Il Giornale” o “Libero” deve fare quotidianamente 2 volte al giorno rigorosamente dopo i pasti per non avere problemi di coscienza, piuttosto perché mi ha fatto ragionare su quale sia davvero il rivale di Berlusconi. Cicerone contro Catilina, Cesare contro Pompeo, Carlo V contro Francesco I e così via per secoli e secoli fino a Togliatti contro De Gasperi o Berlinguer contro Andreotti. E Berlusconi? Per qualcuno, è molto triste dirlo, evidentemente contro Berlusconi c’è Travaglio.
La dote di Travaglio nello scrivere e nel cogliere il fatto chiave è lampante, e se a ciò si abbina un linguaggio preciso ma il meno possibile complicato, un contenuto molto sostanzioso e sempre documentato, l’ assenza di termini aulici, di orpelli o di giri di parole, la temerarietà con cui è pronto a scrivere di personaggi molto più potenti di lui e un umorismo che rasenta quasi il tragicomico, ne viene fuori un personaggio molto pericoloso per chi necessita che di alcuni temi non si parli o si diano verità distorte: efficace e comprensibile per il lettore, imparziale davanti a qualsiasi personalità – nel senso che è distante da entrambe le parti ed è pronto a scrivere su chiunque se lo meriti-, abile nel parlare di cose concrete, di come vanno e di come dovrebbero andare, senza mai sembrare un intellettuale. Ed è una conseguenza necessaria che un giornalista con queste caratteristiche si trovi a scrivere contro un personaggio come Berlusconi che ha fatto del suo gruppo imprenditoriale un partito politico, che ha cercato più volte di utilizzare la sua carica o di creare leggi su misura per non essere processato, che ha imperversato nella politica italiana di questi ultimi anni con parole e fatti scolpiti sotto i nostri occhi e che non c’è bisogno di ricordare.
Se, leggendo uno dei suoi libri, è facile dedurre il motivo per cui Marco Travaglio è considerato dai seguaci di Berlusconi un bolscevico, non è altrettanto semplice capire che rapporto ci può essere tra il giornalista e la sinistra.
La cosa da dire, infatti, è che l’accostamento fra Travaglio e la sinistra non lo si sente fare solamente da persone palpabilmente berlusconiane, ma anche da persone che gravitano all’ interno dell’ opposizione. In effetti il giornalista si è trovato più volte a “difendere” la sinistra, non per ideologia ovviamente, ma perché spiccati elementi della sinistra erano soggetti a vere e proprie campagne accusatorie, successivamente rilevatesi non solo del tutto false ma anche costruite e manovrate appositamente per infangare, con tanto di testimoni impostori. Ci si riferisce ad esempio alle ormai dimenticate campagne mediatiche contro Di Pietro, che allora non era ancora entrato in politica ma meditava già di farlo – e dopo il gran rifiuto di fare parte del primo governo Berlusconi, non poteva di certo fare ancora parte della lista dei buoni- e per l’ affare “Telekom Serbia”, in seguito al quale ci fu addirittura una commissione parlamentare d’inchiesta. Non si parla qui di difese a spada tratta su testate nazionali, ma difese costruite alla luce di carte giudiziarie, di sentenze, di condanne.
L’ arma fondamentale del giornalista infatti è la “verità”, quella dei fatti e non delle opinioni, quella che si commenta da sola, quella che si ottiene solo dopo essersi informati scrupolosamente, quella che si affida agli esiti delle indagini piuttosto che alle dichiarazioni di un imputato – ne approfitto per ricordare che non basta dichiararsi innocenti per esserlo- quella che ci vuole pazienza a raggiungerla, ma una volta che è raggiunta è insindacabile.
Basta mettere insieme i pezzi adesso: in un mondo politico diviso tra berlusconiani e antiberlusconiani, chiunque si trovi a dare una rappresentazione imparziale e meticolosa dei fatti si trova ad essere di sinistra. Sia esso giornalista, poeta, muratore, attore, spazzino, cantante, postino, musicista, uomo politico – che forse ormai vale meno del musicista- etcc. si trova al di qua di una cortina di fumo , attraverso la quale chi sta dall’ altra parte non riesce proprio a vedere. Una cortina fatta di qualunquismo, di Bagaglino, di Giuliano Ferrara, di menefreghismo, di leggi ad persona, di informazione che è diventata opinione personale, di cultura che è diventata ignoranza, di guerra che è diventata pace, di libertà che è diventa schiavitù, e di ignoranza che è diventata forza.
E allora cosa è sufficiente per essere di sinistra? Dire, per esempio, che non è vero che se Berlusconi non viene condannato perché il processo va in prescrizione, questo significa automaticamente che sia innocente: dire che è strano avere un mafioso come stalliere; dire che la Minetti forse è un po’ troppo giovane per rappresentare i Lombardi al consiglio regionale; ma di più, non solo in politica, in tutto sei di sinistra, se vai alla “Coop”, se ti piace la canzone di “Vecchioni”, se tifi per il “Livorno”, se dici che il goal di “Turone” era valido.
E allora dobbiamo ammetterlo: per ora hanno vinto loro, quelli che leggono “Il Giornale” o “Libero” e devono accostare gli antiberlusconiani alla sinistra quotidianamente 2 volte al giorno rigorosamente dopo i pasti per non avere problemi di coscienza: chissà se il povero Travaglio si sarebbe mai immaginato di finire in mezzo ai bolscevichi.
Mauro Bosia
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