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Chi paga le guerre ?

Creato il 27 dicembre 2011 da Malpaese @IlMalpaese

Giafatto per Il Malpaese

Quando il prossimo ciarlatano di turno pubblicherà l’immancabile resoconto di fine anno sugli eventi che hanno caratterizzato il 2011, verrà annoverato altrettanto immancabilmente quell’imbroglio mediatico che ci è stato venduto come la “crisi economica” o la “crisi del credito sovrano”. Non che io voglia far credere che la crisi non esiste, intendiamoci. Il mio reddito da pensionato, purtroppo, me lo fa presente quotidianamente. È solo che ci sono state propinate troppe storie e ipotesi più o meno strampalate per spiegarcene l’esistenza.

 

Nei paesi anglosassoni, vista la natura xenofobica di queste culture, ha prevalso sin dagli albori della crisi l’ipotesi che la causa sia da trovare nei soliti, pigri paesi mediterranei dove invece di lavorare e di produrre ricchezza si è vissuto al di sopra dei propri mezzi indebitandosi fino al collo. Dopo anni e anni di tale comportamento da cicale, così va la storia mediatica, si è giunti al punto di non essere più in grado di restituire quel che si è preso a prestito. Insomma, si tratta dell’ipotesi che convenientemente diede origine all’acronimo xenofobico dei “paesi PIGS”. E non facciamoci illusioni, nella mente di questi cialtroni la “I” significava Italia. L’Irlanda con la modifica in PIIGS avvenne solo in un secondo tempo. L’Irlanda, infatti, fu solamente un incidente di percorso ed un imbarazzo minore. In ogni caso, questa storiella viene propagata non solo dai media diretti al pubblico intellettualmente meno dotato, ma specialmente da quelli che gli imbonitori mediatici nostrani continuano a chiamare “autorevoli”. Alcuni di questi media infatti, fanno o facevano parte più o meno direttamente della scuderia di Rupert Murdoch. Cosa forse anche più grave è che tra questi buffoni c’erano anche ufficiali di banche importanti come, ad esempio, il “chief economist” (Cees Bruggeman) della First National Bank, per dimensioni la seconda o terza banca in Sudafrica. Grave perché tale disinformazione rappresenta un disservizio nei confronti dei propri clienti, cosa che nei paesi anglosassoni viene presa seriamente.

 

Naturalmente, a nulla servirono le proteste della “troupe” Berlusca, specialmente nella persona del “ministrello” dell’economia, secondo le quali l’Italia è un paese solido, è solamente lo stato ad indebitarsi e questo viene tradizionalmente sorretto dai cittadini gran risparmiatori, che sottoscrivono il debito pubblico acquistando buoni del tesoro. Tuttavia, quando debito pubblico e debito privato vengono sommati, risulta che l’Italia è molto più solida economicamente della maggioranza dei paesi stranieri perché questi ultimi hanno un tasso elevatissimo di debito privato. Oltrettuto, cosi va il ragionamento, le banche italiane sono solide, non hanno sottoscritto debiti tossici e, in ogni caso, l’Italia possiede la quarta (subito dopo quella del FMI) riserva aurea mondiale. Forse, dicendo questo, il “circo” non si rendeva conto che queste erano proprio alcune delle cose che facevano gola alla Bundesbank e le multinazionali che pilotano la crisi. Pochi fecero notare che, oltre ad un debito tedesco che supera i 2500 miliardi di euro (il terzo dopo USA e giappone e maggiore di quello dell’Italia) e che si avvicina al 90% del PIL, gli USA si trovano ad affrontare un debito vicino a 15000 (quindicimila) miliardi di dollari. Anche se questo fosse stato sbandierato ai quattro venti in ogni caso, nessuno ci avrebbe fatto caso.

 

Altre ipotesi suggerivano invece che la crisi rappresentasse una guerra all’euro da parte di “centri economici” a cui l’esistenza di un euro forte dava fastidio. Tale guerra si sarebbe manifestata in attacchi agli stati finanziariamente più deboli dell’eurozona (Grecia, Italia, Spagna …). Altri ancora, facevano notare giustamente come la crisi non fosse per nulla causata dal debito sovrano di certi paesi europei, ma che fosse partita dallo stratosferico indebitamento privato degli USA e Gran Bretagna. Debito che, come sappiamo, scatenò la bolla dei mutui sub-prime americani con conseguente creazione di strumenti d’investimento per assicurare tali mutui. I cosiddetti fondi tossici.

 

Pochi commentatori però, hanno finora fatto rientrare nell’equazione i costi delle guerre. Ora, nell’ultimo mezzo secolo abbiamo avuto modo di riscontrare in un numero di casi, come i costi di guerra abbiano avuto effetti rovinosi sull’economia, sia dei paesi belligeranti che l’economia mondiale.

 

Il primo esempio che viene a mente, naturalmente, è la guerra nel Vietnam. Dopo un decennio di cosiddetta “escalation” militare nelle paludi di quella penisola, gli USA furono costretti ad abbandonare una guerra persa e scoprirono di non avere riserve d’oro sufficienti per pagarne i costi. Richard Nixon, il presidente che dovette ordinare la “ritirata” non trovò altra soluzione che quella di stampare grandi quantità di dollari ed abbandonare l’oro come riferimento monetario. La cosa, naturalmente, costrinse l’intero sistema economico “occidentale” ad abbandonare l’oro come standard internazionale su cui basare il valore delle monete nazionali. Il dollaro, in quel momento, divenne moneta di riferimento nel sistema economico e finanziario. Mezzo secolo più in giù ci ritroviamo, con questa crisi, ad osservare alcuni degli effetti di questo sistema monetario bacato.

 

Un altro esempio, forse meno visibile, fu quello del Sudafrica nazionalista che, negli anni ’70 e ’80, decise di intraprendere una politica di destabilizzazione regionale per contrastare il pericolo del “comunismo” nei paesi vicini (Zimbabwe e Mozambico). Oltre al finanziare vari movimenti terroristici in questi due paesi, il regime di Pretoria intraprese una guerra aperta  a fianco del movimento di Jonas Savimbi, contro il governo legittimo dell’Angola e gli alleati cubani. Dopo dieci anni di guerra infruttuosa nelle savane dell’Africa sudoccidentale, I nazionalisti sudafricani scoprirono che i costi della guerra erano insostenibili e dovettero ritirarsi. La cosa, in tutta probabilità e per dirla in modo semplice, condusse il regime alla bancarotta o quasi ed il governo nazionalista fu dunque costretto a negoziare un cambio di potere con elezioni democratiche.

 

Durante lo stesso decennio, l’Unione Sovietica decise di invadere l’Afganistan per proteggere i propri interessi strategici nella zona. Gli USA, apparentemente guidati dall’allora presidente Ronald Reagan, intervenirono furtivamente sovvenzionando i Talebani nella loro guerra contro l’Unione Sovietica. Anche in questo caso, dopo un decennio di guerra infruttuosa e costosa, l’Unione Sovietica dovette suonare la ritirata. I conseguenti costi della guerra probabilmente suonarono le campane a morto per il regime sovietico. Non scordiamoci che la politica del “glasnot” di Gorbachev che condusse alla “caduta del muro” nel 1989, venne sviluppata in concomitanza con questa ritirata dell’armata rossa.

 

Essendo naturalmente incapaci di imparare le lezioni della storia, gli americani per ordine del loro condottiero George W. Bush e dei suoi compari, usarono la scusa del terrorismo islamico per invadere a loro volta l’Afganistan e, due anni dopo l’Iraq. Quindi, ci chiediamo se sia davvero un caso che, dieci anni dopo l’invasione dell’Afganistan gli USA si ritrovino con 15000 miliardi di dollari di debito pubblico (senza contare quello privato) ed una crisi finanziara-economica che non ha ancora smesso di scuotere il mondo.

 

Qualcuno (http://costofwar.com/en/) ha fatto un po’ di conti (http://costofwar.com/en/tradeoffs/) (http://news.brown.edu/pressreleases/2011/06/warcosts). Altri sull’Huffington Post (http://www.huffingtonpost.com/2011/06/29/cost-of-war-iraq-afghanistan_n_887084.html) hanno amplificato. Stiamo dicendo insomma, che le invasioni di Afganistan ed Iraq sono costate  tra i tre e i quattro mila miliardi di dollari; cifra sospettosamente simile alle stime sul debito tossico fatte a suo tempo. Naturalmente questi 3-4000 miliardi sono stati tutti presi a prestito dai governi Bush (e anche Obama). Quindi, costo che continuerà a salire per i prossimi 50 anni a causa degli interessi sui prestiti e i sussidi ai veterani e famiglie.

 

Ci si potrebbe chiedere che cosa abbia a che fare questa storia con quella del debito sovrano in Europa. A questo proposito, la cosa che ci rende sospettosi è che il 2011 è iniziato con moti popolari sospettosamente sincronizzati in nord Africa e Medio Oriente poi seguiti in fretta e furia dall’invasione della Libia, ordinata dal nano di Parigi ed il suo amichetto d’oltre manica per rovinare gli affari che l’ENI si stava facendo con il Ras. Mica poi tanto stupidi quei due: i costi dell’invasione sono stati coperti dalla NATO. Insomma, il sistema economico si trova a pagare i costi di tre guerre in contemporanea. E poi ci domandiamo come mai banche e governi si ritrovano in pancia debiti astronomici e ci viene raccontata la storiella dei PIGS?

 Giafatto

CHI PAGA LE GUERRE ?

L’Italia spenderà 16 miliardi di euro solo per l’acquisto di cacciabombardieri.



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