Sì, dal punto di vista televisivo, noi italiani siamo tacciati sempre di essere un po’ troppo buonisti, consolanti e attaccati ad eroi nostrani o a figure di santi che non ci permettono di essere innovativi e di esprimerci al massimo sul mondo delle serie tv. Ma è del tutto vero? Di sicuro attualmente, se dovessimo fare un confronto con i prodotti seriali stranieri, l’Italia ne uscirebbe a pezzi, afflitta da fiction come Il peccato e la vergogna e L’onore e il rispetto con il duo Arcuri-Garko che lasciano un po’ a desiderare.
Tuttavia, la nostra tv non è del tutto da buttare e ci sono dei prodotti che meritano di essere elogiati per quello che offrono.
La prima rete a spingersi verso una serialità diversa è stata sicuramente SKY che, in passato, ci ha regalato vecchie gemme della serialità come Romanzo Criminale-La serie e Boris, che non hanno nulla da invidiare ai prodotti d’Oltreoceano. Romanzo Criminale è andata in onda tra il 2008 e il 2010 e raccontava, in chiave romanzesca, le vicende della Banda della Magliana. Spinta, scene di sesso, sangue, violenza e per di più un’opera scomoda, che faceva quasi gridare ad una sorta d’idolatria criminale. Troppo per un paese come il nostro? Evidentemente sì, dal momento che “la serie italiana migliore di sempre” è stata relegata in terza serata nel palinsesto Mediaset, dimostrando ancora una volta una troppa prudenza verso un tipo di televisione nuova e diversa. Ma “una nuova televisione è possibile?”. Attorno a questo dilemma si sono basate le tre stagioni di Boris, che raccontava le strampalate avventure, e restrizioni, di un regista, René Ferretti (Francesco Pannofino), di una fiction-soap italiana. Chiaramente Boris evidenziava, con molto realismo, i problemi che affliggono la nostra tv.
Prodotti come Romanzo Criminale e Boris rimangono storici, meritevoli di essere guardati, riguardati, elogiati e, non a caso, portano la firma di SKY. Una coincidenza? Non proprio. Il network pay è quello che si può permettere di osare di più rispetto alle reti generaliste, vantando sia di meno restrizioni sia un pubblico più “abituato” a prodotti più innovativi, particolari e spinti, dal momento che è la rete che manda in onda più serie tv straniere. La nostra tv, soprattutto quella generalista, deve fare i conti anche con un altro problema: il continuo rinnovo di prodotti come Don Matteo, Un medico in famiglia, I Cesaroni e compagnia bella. Sicuramente, queste fiction a tinte familiari nascono con idee gradevoli e sono tuttora molto seguite e nemmeno malaccio. Tuttavia, dal punto di vista qualitativo, si assiste ad una minestra riscaldata che non ha più sapore.
Basti pensare alle origini di Un medico in famiglia, capace di raccontare tematiche importanti come la morte della prima moglie di Lele, AIDS, omosessualità, droga, alcol e violenza sulle donne. Dopo la quarta stagione, Un medico in famiglia, così come gli altri prodotti longevi in Rai e Mediaset, è diventata una fiction seguita più per “affetto” che per piacere. I produttori avrebbero dovuto trovare il coraggio, a un certo punto, di dire basta e chiudere in bellezza gli show che non hanno più molto da raccontare, prima che venissero snaturati del tutto e diventassero ripetitivi. Nonostante ciò, sembra che qualcosa si stia muovendo in casa Rai, citando l’esempio più eclatante degli ultimi mesi, Braccialetti Rossi.
La fiction si è mostrata molto innovativa perché è riuscita a trattare tematiche delicate, come la malattia di sei giovani ragazzi, e soprattutto a coinvolgere un pubblico molto giovane. Braccialetti Rossi, sebbene sia un remake molto fedele, a tratti quasi identico, alla serie spagnola Polseres Vermelles, ha portato una ventata di novità alla nostra televisione e, senza giri di parole, non si vede tutti i giorni in casa Rai una serie in cui i ragazzini dicono molte parolacce, rischiano la vita afflitti da tumori, e da malattie varie, e addirittura uno dei protagonisti muore durante la prima stagione. Un prodotto discreto si è dimostrato anche Una grande famiglia, con un cast di qualità e abbastanza godibile.
In casa Mediaset, invece, la fiction che si differenzia di più rispetto alle altre sembra essere Squadra Antimafia. Sebbene non sia priva di difetti, come l’esasperazione di certi temi e il poco realismo mostrato in alcune circostanze, la serie non ha paura di non ricorrere all’happy ending e di essere estrema. Le serie citate ed elogiate, però, non devono essere un alibi per accontentarci di quello che abbiamo, ma devono servire da esempio per migliorarci, osare di più, anche correndo qualche rischio di troppo, risultando un po’ scomodi e particolari. Infine, non dobbiamo cullarci che il problema di fondo sia la differenza di budget tra i prodotti americani e i nostri perché, come dimostrano i casi citati, le idee valgono più di qualsiasi moneta.
Di Francesco Sciortino per Oggialcinema.net