L’articolo di fact checking, di revisione critica, relativamente alle dichiarazioni di “straordinario successo” di «L’Huffington Post Italia» ha avuto un’incredibile attenzione in termini di visite a questo spazio e di amplificazione sociale, di condivisione sui social [GRAZIE!].
Così è stato, com’era naturale che fosse, anche da parte dei diretti interessati che, a firma del Vice Direttore della testata in questione, hanno replicato con: “Una risposta a chi dubita dei nostri dati”.
Premesso che, ovviamente, non vi sono questioni personali ma si tratta di altro tipo di questioni, di interesse a capire il vero andamento dei “new players” dell’informazione. Analizziamo la “risposta”.
Gianni Del Vecchio cita una ricerca che conosco molto bene avendola sintetizzata nella prima metà di settembre, anche perchè Human Higway, la società di ricerche che ha realizzato per conto di Banzai lo studio, tra l’altro, è stata in diverse occasioni partner in alcuni dei nostri lavori.
Citando i dati emergenti dalla precitata ricerca, si scrive che:
• Nel primo semestre del 2014 gli articoli di Huffington Post hanno generato quasi 20mila condivisioni ogni giorno, risultati che lo collocano al settimo posto nel panorama italiano, subito dietro a Corriere.it e prima di Gazzetta, La Stampa, Sole 24 Ore, Libero, Leggo, Il Post;
• Si tratta di un incremento del 154% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (a scopo di paragone, nello stesso periodo, Repubblica è cresciuta del 54%, Il Fatto dell’86%, il Corriere del 7%);
• A livello medio, ogni articolo pubblicato da Huffington genera 350 condivisioni, meglio di Corriere, Gazzetta, Linkiesta, Il Post;
• Anche in questo caso, la crescita rispetto al primo semestre 2013 è del 131%;
• In questo momento gli utenti attivi dell’Huffington Post su Facebook sono il 43% della base fan, indice di un coinvolgimento della comunità che pochi in Italia possono vantare;
Si tratta di dati che solo parzialmente hanno a che vedere con l’engagement — che comunque la Annunziata collocava al 50% circa e non al 43% — essendo le condivisioni solo uno dei parametri attraverso i quali si monitora lo stesso, come mostra l’immagine sottostante in caso di dubbi al riguardo.
Fanpage Karma mostra, come è stato scritto, che l’engagement è dello 0,1% e che il 74% dei fan della pagina Facebook interagisce solo una volta. Che HuffPost Italia mostri, e dimostri, i propri dati pubblicamente così che possano essere verificati come lo sono questi. Sarebbe comunque, a prescindere dalla questione specifica, una dimostrazione di apertura al confronto, alla socialità di cui stiamo parlando.
Più in generale, probabilmente c’è bisogno di una “ripassatina” ai basic delle metriche dei social.
Infatti si prosegue — e si conclude — con:
• Sul fronte Twitter, si contesta l’attività dell’account (“ha retwittato 26 volte [1% del totale dei tweet], ha risposto — reply — 10 volte ed ha menzionato 91 volte un account che non fosse il proprio”) ma l’engagement è un’altra cosa: è il numero di retweet, e menzioni ricevute, non quelle effettuate
Quella è la reach, gentilissimo Del Vecchio, non l’engagement. Non lo dico io ma Twitter, mi spiace.
Nessuna risposta viene invece sul fronte dei ricavi, che era il terzo punto del mio articolo di lunedì 29 settembre scorso, e sulla rilevanza dell’home page di Repubblica.it sul totale degli utenti unici nel giorno medio.
Come, altrettanto, nessun cenno viene fatto alla promessa effettuata all’esordio di non dare spazio a gossip nella terza colonna [quella dei “boxini morbosi” per intenderci] che invece guardando quali sono gli articoli più cliccati non parrebbe essere stata mantenuta. Giudicate voi.
Da anni lo scrivente, ed i suoi incauti compagni di viaggio, provano ad instillare, perlomeno, il dubbio che nell’online non è più possibile prendere le metriche solo dal punto di vista quantitativo ma che sia necessario, forse indispensabile, anche quello qualitativo e che su questo serve un salto di qualità nelle analisi dei dati. Il “celolunghismo”, i toni trionfali, basati esclusivamente su elementi quantitativi, servono a poco a tutti.
Il mio, il nostro, fact checking va in questa direzione e pace se facendo questo si toccano alcune sensibilità se ciò può contribuire a riflettere meglio su come analizzare i dati. Questo è uno spazio aperto per tutti quelli che su questi temi [senza pregiudizi o motivi autopromozionali] vogliano discuterne, non a caso, faticosamente, con le nostre sole forze, stiamo aprendo un’area community al suo interno.
Chi si loda s’imbroda?
“Bonus track”: Defining the Right Measurement for Your Digital Strategy