E’ difficile portare il mio cognome e non essere affezionati a questo giornale. Non mi dilungo a raccontare la storia del giornale che potete trovare qui soprattutto vi chiedo di dare un’occhiata alle penne che ne hanno solcato la carta.
Dico solcare perché il giornalismo e la scrittura sono un viaggio e il giornalismo è, dovrebbe per lo meno essere, un viaggio cronachistico nelle pieghe del Paese, un viaggio che un giornale “di sinistra” deve raccontare con sguardo sempre nuovo, uno sguardo che deve somigliare più a quello dello scrittore che del politico.
Il politico di oggi (inteso come militante di partito) non somiglia a quello del novecento. E'imbevuto di interesse e di "parte", lo scrittore invece è nudo e crudo a raccontare la realtà, ovunque essa vada ed offre alla politica lo stato delle cose, gliele offre affinché lui possa cambiarle. Sempre più spesso oggi i politici si limitano a fare analisi logorroiche della realtà a cui non segue alcuna idea.
La percezione dei nostri cittadini, quella che è ormai sfociata comunemente nell'antipolitica, pur se semplicistica è in parte corretta ed è in realtà la declinazione basica (cioè la vulgata comune della "base") dell’eterno dibattito che ha visto in questi quasi 100 anni l'Unità come protagonista.
Da sempre l'Unità è il luogo di discussione metafisico dove il dibattito del più grande partito di opposizione svolge il suo tema prediletto, punto nodale dell’eterna diatriba interna.
L'Unità è il luogo dove “fedeli alla linea” e “dissidenti” si sono incontrati e scontrati spesso.
Basti pensare ad Elio Vittorini ed alla polemica su quale forma dovesse avere l’impegno degli intellettuali. O alla fondazione del Manifesto a seguito dell’espulsione dal PCI di Luigi Pintor e Rossana Rossanda.
D'Alema e Veltroni sono stati tutti e due direttori nell’ultimo esercizio post-alicatiano di dare il giornale ad un dirigente di partito "attivo".
L'"epurazione" di Concita De Gregorio, rientra in questo eterno dibattito. Ed è un delitto in cui c’è il cadavere, c’è il movente e c’è l’assassino che sta lasciando impronte ovunque. Non posso nemmeno citare Pasolini per dire che so, ma non ho le prove. Lo sappiamo tutti e abbiamo anche le prove. Sappiamo tutti che Concita è una direttrice dell’era veltroniana, di un’idea più aperta di partito, liquida, osmotica. Visione che non funziona nella gestione di un partito, ma funziona nella gestione di un giornale, nel suo contenuto, almeno a mio parere. Il limite del nostro partito è che D'Alema e Veltroni (intese semplicisticamente come le due anime del partito) vogliono gestire il partito e la comunicazione con lo stesso metodo essendo loro figli del monolitismo novecentesco.
Nel novecento il legame tra pensiero grande e partito era ancora forte ed era difficile scindere le due cose…chi faceva politica aveva esperienza della società e la società era meno complessa. Oggi va detto senza timore che chi è cresciuto nella fedeltà di partito difficilmente riesce a muoversi nella complessità della società del nuovo secolo e nello stesso tempo non si può gestire un partito come se fosse un movimento e riducendo a simboli i settori della società (le famose candidature tematiche veltroniane).
Mandare via Concita De Gregorio è il più grande errore che Bersani può fare oggi. E lo sta facendo lui, in persona. Non so se abbiamo anche trovato un modo per fare calare le vendite ad hoc (è facile quando il “partito” è il più grande cliente del giornale). Non so quanto ha pesato una redazione fortemente scelta su criteri correntizi e non meritocratici ereditata da Concita. Magari oggi quella parte ora è pronta a non mettere più i bastoni tra le ruote del prossimo direttore che, ricordo, è il giornalista intervistatore del libro appena uscito di Bersani. Maschio, 50 anni, giornalista de "Il Messagero" che si occupa di stampa parlamentare. Insomma uno imbevuto nei partiti e nelle loro dinamiche.
Diciamo che questa operazione mi ricorda l’epurazione di Biagi. Lo dico chiaro. E’ la cosa più berlusconiana che vedo fare al PD (ex DS, ex PDS, ex PCI) da quando sono al mondo.
Concita è una delle penne più condivise sul WEB. Non porta soldi, certo. Porta consenso, perché comunque la gente il nostro popolo - quello fuori dalle dinamiche che capiamo solo noi, la identifica ancora con il PDl'Unità. Concita è invitata in tv a parlare e quando parla tutti la considerano una delle voci del PD. Gente come Concita tiene unito al PD quel pezzo border line che riesce a dialogare con i movimenti, con gli incazzati, con le donne, con i giovani, con i gay. Insomma con quel pezzo non rappresentato dal partito adeguatamente e che però rappresenta la complessità di una società moderna. Concita è stata un punto di riferimento per tutti coloro che credono ancora che questo partito possa migliorare e quindi ha contribuito a farlo votare. Concita è, doveva essere, l’altra faccia di Bersani. I due volti, vivendo contemporaneamente, erano l’esercizio di gestione interna e di dialogo con l’esterno. Organizzazione e comunicazione. Tradizione e innovazione. Declinare più fortemente la convivenza di questi due aspetti era la direzione da prendere adesso. Invece sta accadendo in tutti settori del Partito una cosa strana. Le urne hanno parlato chiaramente. Premiando la dirigenza diffusa del Partito, ma non le scelte che il partito fa per guidarla se si escludono i casi di Torino e Bologna. L’elettore del PD sembra dare fiducia al progetto ma chiede un cambiamento e lo chiede in modo chiaro premiando candidati più di sinistra, più movimentisti, più carismatici e scelti in modo più innovativo. In sostanza tiene il PD (i volti della dirigenza diffusa, di seconda linea), ma non i volti di cui si dota per farsi rappresentare. Anche i referendum su cui siamo stati tiepidi se non contrari e scettici (come non dimenticare la fatica che abbiamo fatto sull’acqua pubblica) sono un risultato nato dal basso e poi, in seconda battuta, abbracciato dal PD. E accanto a quella suggestione, quell’anticipo di vittoria, quegli entusiasmi scordinati, Concita c’era sempre. E con lei, quindi, un pezzo di PD. E anche grazie a lei, oggi, noi possiamo attribuirci a pieno titolo parte di queste ultime vittorie. Vedo D'Alema (il meno rappresentativo di queste vittorie) parlare a Ballarò dopo i referendum. Sembrava di essere nel 1996. Sento dire che l’UDC è fondamentale quando queste urne hanno decretato l’inutilità del Terzo Polo. Cosa sta succedendo? Perché ci manca quel coraggio di cavalcare l’onda? Perché stiamo riponendo la tavola da surf e proteggendoci dallo stesso vento che stiamo chiamando “bello”? Qual è la paura? Invece di aprire delle porte a chi interpreta rapidamente per attitudine genetica, questi cambiamenti, il PD si sta barricando. Si sente persino il giro di chiave, i ponti levatoi che si alzano con gran fragore metallico. Io personalmente ho una crisi di claustrofobia. La mia prima da 4 anni a questa parte.
Quello che io farei oggi, invece, è dare maggiore delega a Concita, chiederle di continuare il suo lavoro, lavorarci fianco a fianco. Aiutarla a lavorare meglio. Continuerei a chiederle di tenere aperto quel portone, calpestabile quel ponte, avvicinabile quella carta. E’ tipicamente italiano scegliere per fedeltà, avere a fianco un “simile”. E’ straordinariamente coraggioso ed europeo mettersi accanto qualcuno, nella battaglia che ci aspetta, che ci offra un altro punto di vista. Bersani, non farlo.
Fonte: Cristiana Alicata - iMille
COMMENTI (1)
Inviato il 04 luglio a 09:20
Trovo queste considerazioni estremamentne giuste e anche belle perchè esprimono un sentimento che credo abbiamo provato in molti. Non sono mai stata una comunista ortodossa ma ho sentito e condiviso il medesimo afflato per un rinnovamento sin dalla mia lontana gioventù; sempre comunque ho riscontrato questo passo indietro, questo non voler puntare finalmente al passo finale. Forse ci sono degli interessi dietro, non paura. Comunque sono scelte di piccoli uomini.