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Chiara Cecilia Santamaria – Quello che le mamme non dicono

Creato il 06 settembre 2011 da Margheritadolcevita @MargheritaDolcevita

Dal Pampero ai Pampers alla ricerca dell’istinto materno

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Prosegue la lettura di libri/romanzi tratti/ispirati/nati da blog, ovviamente femminili. Questa volta è il turno di un blog che seguo da poco tempo, Ma che davvero?, un mummy blog per la precisione, di una ragazza rimasta incinta un po’ per caso a 27 anni e che ha sfornato una bella Polpetta bionda boccolosa che ieri ha compiuto tre anni. La seguo anche su Twitter ed è sorprendente la quantità di foto scattate con instagram che posta quotidianamente, deve essere tipo una droga, non so.

Comunque, per una volta ho preso il libro nonostante il blog non lo leggessi da molto, anzi, i post più vecchi non penso di averli mai letti, però mi ispirava e quindi mi sono lasciata ispirare. E’ un libro semplicemente fantastico. Dico sul serio. Certo già so che i libri fantastici sono altri, tipo i fratelli Karamazov o Anna Karenina, per l’amor del cielo, avete anche ragione eh, ma leggeteveli voi, che io mi leggo qualcosa d’altro, tipo un libro divertente, molto vero e sincero, scritto bene e assolutamente attuale. Mannaggia, no, non ci sono dentro due fratelli russi, nessuno ammazza il proprio padre e nessuno dei personaggi si chiama Smerdjakov, pazienza, sopravviveremo, che dite?

E per una volta, un libro “tratto” da un blog non ha il grande macroscopico difetto che solitamente i libri tratti da blog hanno: la frammentarietà. Non dà l’idea di essere un collage di post scritti in momenti congiunturali particolari, è un unicum coeso, coerente, logico, caratteristica difficile da trovare, giacchè è caratteristica peculiare dei blog l’essere formati da piccoli pezzi sconnessi, legati al momento, poco proiettati al futuro e spesso non frutto di intense riflessioni (in pratica questo posticino qua). Ecco, questo libro no, non è così, non sembra tratto da un blog ecco.

Dicevo, è un libro sincero. Sì, lo è. Io non sono madre e non intendo diventarlo, però, non so per quale recondita ragione, sono appassionata di “letteratura” (sì sì ho capito, virgoletto già io il termine, puristi dei miei stivali) mummy e ultimamente anche di blog tenuti da mamme, spesso neomamme. Io di maternità non ci capisco molto, non ho mai tenuto in braccia un neonato, figuriamoci, a volte penso di non essere mai stata neonata, forse sono nata già adulta, vecchia decrepita. Se c’è una cosa che colpisce sempre… anzi, le cose che colpiscono sono tante. Intanto la mancata sincerità che generalmente si affianca ad un naturale (mi viene da pensare che sia naturale) spirito di competizione tra madri: non dico che mio figlio scagazza otto volte per notte perchè voglio che tutti pensino sia il bambino migliore di questo mondo (come se scagazzare fosse un peccato mortale, cioè, io sono felice quando faccio la cacca, secondo me un bambino lo è di più). Poi non sopporto la smania del confronto, questo bisogno di confrontarsi su tutto tutto tutto ma proprio tuuuuuuuuuuuuuuutto quanto; io non dico che non sia giusto sentire, parlare, frequentare altre madri, però bisogna stare attenti, questa cosa genera mostri, diciamolo. Intanto fomenta lo spirito di competizione di cui parlavo sopra. E poi fa sentire inadeguate con una facilità impressionante. Lo dico perchè lo leggo, lo percepisco. Confronto sì ma con moderazione. Da ultimo, una cosa che non sopporto è l’attenzione rivolta a dettagli che secondo me non hanno alcuna importanza. Se c’è una cosa che mi incuriosisce della gravidanza e dell’inizio della vita è vedere un piccolo nuovo essere umano che entra in questo mondo, entra di prepotenza (è il caso di dirlo) e quotidianamente si fa strada scoprendolo, questo mondo. E’ una cosa più zoologica che antropologica, perchè mi interessa anche quando guardo i documentari sugli animali. E poi senti le mamme e di cosa parlano? Del colore della cacca, del colore del vomito, dell’intensità del ruttino postprandiale. E’ tutto lì? Cioè davvero non c’è altro? Ma non è un po’, come dire, svilente? Secondo me mamma Orsa non parla con l’altra mamma Orsa della cacca dei suoi cuccioli, a Quark c’avrebbero già fatto una puntata, altroché. Si è mai vista una mamma Tigre discutere con un’altra mamma Tigre del colore del vomito dei loro tigrotti? Che poi tutte le energie siano assorbite dal cambio dei pannolini e da astrusi ritmi sonno veglia io ci credo eh, per carità, però ci deve essere qualcosa d’altro.

E per fortuna che qualcuna, nella fattispecie l’autrice, ma non è mica l’unica eh, grazie al cielo ce ne sono anche altre, ci prova a parlare di qualcosa d’altro.

Apprezzabile, oltre che la sincerità, anche la franchezza con cui certe cose vengono scritte, proprio dette fuori dai denti (e meno male). E’ incredibile come molte mamme facciano fatica a dire cose che chiunque, ma proprio chiunque, penserebbe nei loro panni.

Ve lo dico io: nei primi mesi di vita avrete la tentazione di buttare il pupo dalla finestra almeno tre volte a settimana. Di venderlo su eBay, dalla due alla cinque volte al mese. Di acquistare un volo di sola andata per Ovunquesia, facendo perdere le vostre tracce, circa una volta al giorno.
Poi passa.

Un altro dei problemi è appunto questo fatto: molte madri, per il solo fatto di essere madri, si credono migliori. Ma non solo, vengono viste come persone migliori, in virtù del fatto che sono madri. “Eh ma sa, io sono una mamma”, “Eh ma sa, mi scusi se 3,5kg non mi sono usciti dalla vagina”. Lo dico: chiunque può diventare madre. Chiunque. Non stiamo qua a disquisire sul significato di termine “madre”, parlo di “donna che dà alla luce un figlio e decide di crescerlo”. Basta che un uomo ci metta il semino ed è fatta, anche la donna peggiore di questo mondo è mamma. Se una 9 mesi fa era una stronza, magari delinquente, magari siluraminchia, ma perchè mai adesso dovrebbe essere un essere mitologico, un incrocio tra Maria Montessori e zia Polly (quella con la crocchia in Pollyanna)? E nessuno le dice niente eh (e qua aprirei volentieri un dibattito sui requisiti per l’adozione, ma ho sonno e la faccenda è estremamente lunga). Anna Maria Franzoni è madre, ed ha ammazzato un figlio, e ne ha fatto un altro dopo averlo ammazzato. Eh però, è una mamma, mamma Anna Maria. Ma vai a cagare sulle ortiche.

Tornando al libro, si parla di coppia, di IVG, di altre mamme, di nonni, di giochi, di tutto. E’ davvero un libro che consiglio, a tutte, mamme e non mamme (anzi, secondo me piace più alle non mamme che alle mamme, ma non so quanto sia veritiera questa mia opinione), fa ridere, fa anche scendere la lacrimuccia, e soprattutto fa riflettere. Oh e che palle e che volete di più? Ho capito, alla prossima edizione chiediamo alla Rizzoli se lo intitola “Maternità e castigo” e se l’autrice può cambiare il nome in Клара Цецилия Cвятаяmария e siamo tutti contenti.

La dura lotta contro gli intellettualoidi di stocazzo si fa sempre più acerrima.



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