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Chiesa, Massoneria e Stato: la triplice agostana

Creato il 30 agosto 2011 da Elvio Ciccardini @articolando
Chiesa, Massoneria e Stato: la triplice agostanaOgnuno ha il proprio compito ed ognuno deve ricoprirlo al meglio, anche se con un po' di sana ipocrisia. Il riferimento è alla risposta fornita da Avvenire, tramite la penna del suo direttore, riportata su buona parte della stampa italiana, a quella che è stata definita dagli ambienti vaticani "una impressionante campagna politico-mediatica scatenata contro la Chiesa".
A quanto sembra, tutto sarebbe partito il 19 Agosto, quando il Cardinal Bagnasco ha denunciato ufficialmente la realtà dell'evasione fiscale e la disattenzione verso quell'immenso e bistrattato valore a quella portentosa risorsa che è la famiglia, e la famiglia con figli. In sintesi, Bagnasco ribadisce il piano del Vaticano: di puntare su delle politiche sociali basate sulla famiglia con figli. Niente di male, se non fosse che la famiglia non è l'unica forma di organizzazione sociale e che non è detto che essa debba essere vista e interpretata solo ed esclusivamente in chiave cattolica.
Esistono altre forme di aggregazione sociale, che non si capisce per quale recondito motivo debbano essere oggetto di minore solidarietà da parte dello Stato. Così come, esiste un principio assoluto per cui lo Stato dovrebbe tutelare in primis gli individui e, secondariamente, le forme in cui essi decidono di aggregarsi. Ma questo è suscettibile di interpretazione e non è detto debba essere condiviso. Andiamo avanti.
Lo stesso giorno, Gustavo Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia della Massoneria e poi il segretario dei Radicali, Mario Staderini, hanno proposto di congelare l'otto per mille, almeno fino a quando non si raggiunga il pareggio di bilancio, e di imporre il pagamento delle tasse sugli edifici di proprietà della Chiesa non destinati al culto. La polemica sulla questione è ancora aperta e sta trovando crescenti consensi.
In risposta alla proposta, Avvenire chiede, polemicamente, se tra questi edifici siano da considerare anche le mense dei poveri, le case di accoglienza, gli oratori, gli ostelli, le scuole ed i musei. Inoltre parla di complotto contro la Chiesa che già pagherebbe le dovute tasse allo Stato italiano.
In men che non si dica si chiude l'anello di un sipario in cui i poteri, sotto diverse forme, che hanno segnato la storia d'Italia, si trovano a dialogare in evidente dissonanza cognitiva. La situazione sembra quasi comica.
Se gli esponenti del Partito Radicale hanno spesso criticato apertamente e con un certo zelo la nomenclatura ecclesiastica, ciò non può dirsi per un uomo oculato e sintetico come Raffi. Il Gran Maestro non è uomo di polemiche sterili. Spesso, in passato, quando il Cossiga era ancora tra noi, piuttosto che pronunciarsi direttamente, invitava quest'ultimo ad esprimersi sulle vicende del Paese, con la saggezza diretta e schietta che ha contraddistinto il Presidente picconatore.
La Massoneria, tanto vituperata, quanto corteggiata, più o meno sottobanco a seconda delle convenienze, non si muove contro la Chiesa, ma si muove in favore di un sentire. E' evidente che la Chiesa cattolica italiana non abbia la minima capacità d'intuito e la minima tolleranza nel discutere relativamente a temi che le stanno a cuore, poiché li considera diritti acquisiti.
I principi della solidarietà e della fratellanza dovrebbero appartenere a quella cultura cristiana, ancor prima che cattolica, e ai suoi rappresentanti. Purtroppo, così non sembra essere e non è giustificabile l'appellarsi al complotto collettivo, per non voler riconoscere che i privilegi vaticani costano e che in tempi di crisi, seppur compensati da un ruolo sociale, che non deve e non può essere dimenticato, devono essere motivati e giustificati.
Gli errori della comunicazione vaticana sono almeno due. Il primo è gridare al lupo, senza fantasia. Al complotto grida Berlusconi quotidianamente, riferendosi alla magistratura. Al complotto grida a riprese la lega, quando vuole motivare la fondatezza del progetto politico secessionista. Al complotto si grida ogni volta che si vuole giustificare l'attuale crisi economico finanziaria imputandola a soggetti non meglio definiti, "gli speculatori", quando, nei fatti, questi ultimi hanno nomi e cognomi ed agiscono all'interno di un sistema di "non regole" che tutti conoscono, ma che nessuno intende realmente modificare. Così la Chiesa grida al complotto, ma non usa buon senso.
Il secondo errore comunicativo è nel merito delle argomentazioni. In una operazione di trasparenza, sarebbe stato più semplice indicare per aggregati quanti soldi la Chiesa spende in opere di solidarietà, in servizi di assistenza e di soccorso. Avrebbero potuto quantificare i pagamenti in tasse, scorporare le esenzioni, spiegare il rapporto reale esistente tra quanto la Chiesa riceve dallo Stato e quanto restituisce alla società italiana. La Chiesa avrebbe potuto rispondere, spiegando ai cittadini italiani.
Al contrario, come gli struzzi, hanno preferito reagire con una denuncia astratta, rivolta a screditare e non a motivare le proprie posizioni. Ci sarebbe da chiedersi come mai, e per quale recondito motivo, abbiano preferito questa opzione, poco ragionata e pacata, ad una critica che, al contrario, non solo era ragionata, ma anche contestualmente motivata.
Una sola cosa sembra essere plausibile, almeno nel lungo termine: la necessaria ridefinizione del rapporto tra Stato e Chiesa, o meglio tra gli Stati ed le diverse istituzioni religiose. Nell'epoca a venire, della mondializzazione, o della globalizzazione, le verità assolute, più o meno rilevate, non potranno più giustificare la predominanza di una élite sulle logiche di governo di una comunità. Poiché le differenze religiose non potranno più essere associate a forme di identificazione culturali di stampo nazionalistico.
Venendo meno questo sistema di differenziazione tra gruppi sociali, basato sul credo e sulla fede, anche il ruolo delle Chiese dovrà essere rivisto.
In fondo, se ci si pensa bene, la fede religiosa è uno dei fattori usato per promuovere la conflittualità tra popoli e nazioni. Volendo esagerare, i luoghi più belligeranti del pianeta sono governati da teocrazie. La fede è strumento di pace e pacificazione solo ed esclusivamente all'interno di contesti sociali omogenei. Quando si passa da un "credo", alla coesistenza di "credi", i valori assoluti su cui le religioni si basano, cedono il passo alla più cieca e violenta affermazione della "propria fede rilevata", non dei rispettivi valori fondanti.
E' evidente che il primato della "propria fede" dovrà lasciare il passo al primato del "dialogo ecumenico" e che quest'ultimo non potrà non determinare una ridefinizione complessiva dei rapporti tra gli Stati e le Chiese. Non accorgersene oggi, equivale a non avere, nel prossimo futuro, i mezzi per poter coesistere pacificamente in disegni sociali liberi dalle politiche pubbliche ecclesiastiche, ma ricchi di visioni sociali vivide di libertà intellettuale e di fede, senza che si debba continuamente chiamare in causa il complottismo.

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