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Nuovo Ordine Mondiale: dal complottismo alla politica internazionale

Creato il 25 agosto 2011 da Elvio Ciccardini @articolando
Nuovo Ordine Mondiale: dal complottismo alla politica internazionaleI Complottisti ne parlano da anni, come se fosse la peggiore delle sciagure, prospettando mondi illiberali in cui gli uomini gireranno con microchip incorporati. La politica, solamente da qualche anno, ha aperto alla necessità di definire un Nuovo Ordine Mondiale, con dichiarazioni pubbliche continuative.
Il primo a parlarne ufficialmente fu George Bush, che lo presentò nel 1991, come alternativa alla legge della giungla, per il raggiungimento di una convivenza pacifica tra le Nazioni unite (video), secondo la volontà dei Padri fondatori. Quando era Presidente dell'URSS anche Michael Gorbachev affrontava pubblicamente il tema. Bill Clinton denunciando il disordine del mondo, dopo l'11 Settembre, concorda con Bush che si debba raggiungere un nuovo ordine mondiale. Anche il Presidente Napolitano ne ha accennato nel 2007, il giorno della consegna delle decorazioni militari (video). Ovviamente, sulla necessità della sua instaurazione si è espresso anche Sarkozy (video), assieme a molti altri leader mondiali.
Che il Nuovo Ordine Mondiale sia nell'agenda politica dei Capi di Stato di buona parte del mondo è un dato di fatto. Tuttavia, è un po' più complicato comprendere in cosa consista questo nuovo ordine e se sia una costruzione vuota, un bene o un male per l'umanità.
Riflettendoci bene, un "ordine mondiale" è sempre esistito. Di per se, non è un male. Nei periodi successivi alle due guerre mondiali, l'"ordine mondiale" si chiamava "Guerra Fredda", ed è solo l'ultimo sperimentato.
Con l'imposizione della forza militare e politica, niente di più deleterio e pericoloso, due super-potenze espandevano la loro egemonia oltre i confini nazionali e dettavano legge sulle sorti di tutti. Era un ordine bipolare, in cui si sperimentavano due modelli economici e sociali, oltreché politici.
L'ordine derivava dall'equilibrio conflittuale che non ha mai portato a degenerazioni distruttive, ma al mantenimento di uno status quo relativamente pacifico. In fondo la Guerra fredda si è risolta con una serie di scaramucce politico economiche, sanate nella peggiore delle ipotesi con conflitti locali. I morti e la violenza sociale, infatti, non erano legati al conflitto tra i due modelli, ma alla necessità di imporli nei rispettivi territori di riferimento. Emblematico, ma non unico nel genere, il caso Italiano, che ha visto protagonisti due partiti, uno filo-occidentale, l'altro filo-comunista, che nelle piazze ringhiavano l'uno contro l'altro, mentre nei palazzi giocavano a Titty e Gatto Silvestro.
Oggi il mondo è cambiato, vuoi per l'implosione di una delle due superpotenze, vuoi per l'impossibilità di continuare a mantenere l'ordine con l'imposizione della forza militare. A ciò bisogna aggiungere che il sistema produttivo, nato dalla rivoluzione industriale, non è più sostenibile. Se la teoria dell'adattamento delle specie all'habitat in cui vivono ha ancora un minimo di fondamento, è facile ipotizzare che, causa inquinamento e mutamenti climatici in atto, la specie umana dovrà adattarsi alla nuova atmosfera, al nuovo clima, alla nuova catena alimentare. L'alternativa è l'estinzione. Tutti questi elementi sono stati compromessi da un secolo di industrializzazione incosciente.
Pertanto è evidente che si rende necessario definire un "Nuovo Ordine Mondiale", caratterizzato da un equilibrio pacifico e consapevole, nonché eco-sostenibile, tra tutte le nazioni, che, volenti o nolenti, devono assumere comportamenti "globali". Poiché le ricadute delle scelte nazionali sono globali e non locali.
Tuttavia, rimane un problema di fondo su cui, forse, vale la pena riflettere. L'umanità, almeno quella parte delle nazioni occidentali maggiormente abituata a fare i conti con il libero pensiero, potrebbe essere resa consapevole dei mutamenti in atto, con maggior partecipazione.
Il modo migliore di far fallire un cambiamento radicale sociale a livello planetario è quello di imporlo dall'alto, attraverso la creazione, ad hoc, di condizioni capaci di determinare comportamenti sociali di reazione e non di consapevole partecipazione. Nel caso in cui questa chiave di lettura abbia un minimo di fondamento, è altrettanto evidente che il Nuovo Ordine non si sia formato da un precisa volontà politica di collaborazione internazionale tra nazioni, con un minimo di rappresentanza democratica. La sua definizione ha altra provenienza.
Al contrario, sarebbe più opportuno cominciare ad educare la popolazione, distratta e inconsapevole, a ciò che l'umanità può permettersi e a ciò che essa non può più permettersi, suo malgrado. L'Ordine, di qualsiasi tipo esso sia, non può prescindere dalla volontà della maggioranza di rispettare le regole del gioco, sopratutto se necessarie, a prescindere dal suo essere o meno democratico.
In fondo, il Nuovo Ordine Mondiale si chiama globalizzazione, ma è un obiettivo ancora lontano, perché possa dirsi raggiunto. Forse, con tutti i dubbi del caso, un nuovo ordine sarà possibile quando le società abbandoneranno la logica del branco per assumere quelle dello stormo o del formicaio, in questo il modello cinese potrebbe avere qualcosa da insegnare...

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