Chinese Film Festival: videoarte, cinema e oltre le visioni fuggitive
Creato il 05 marzo 2015 da Oggialcinemanet
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Dal 18 al 27 febbraio ha preso il via la IV edizione del festival cinematografico interamente dedicato alla Cina nella città della Torre Pendente. Organizzato dalla società di produzione Polis S.r.l. e dall’Istituto Confucio di Pisa, in collaborazione con il Comune di Pisa e la Stazione Leopolda ha avuto il patrocinio della Confmmercio e del Corso universitario di Spettacolo e Comunicazione. Una programmazione alla Leopolda dal 18 al 21 Febbraio e altri appuntamenti nella città fino al 27 Febbraio. Tutti dedicati alla Cina ed ad Ingresso Gratuito. Il legame tra la Toscana e la Cina è molto forte, ma differente rispetto alle altre regioni. Qui gli studenti cinesi affollano le accademie di belle arti, qui cercano spunti e stimoli che, dopo lo studio universitario, ri-investono nel paese d’origine. Uno schema molto differente rispetto alle varie chinatown delle grandi città italiane. E forse per questo, in apertura, si possono vedere anche belle sintesi di questa convivenza tra culture tanto diverse non forzata, ma aperta e sincera.A titolo di esempio, il film proiettato come film di apertura: “SOGNI DI GLORIA” con l’attore toscano di tanti film (e tanto teatro, gli è stato dedicato anche un teatro a Campi Bisenzio in provincia di Firenze, sua città natale), Carlo Monni. Parlare di Carlo Monni non è compito facile. Eppure dovrebbe esserlo, la sua vita è tutta in una battuta che interpretò in “Berlinguer ti voglio bene” con il suo amico d’esordio: “eppure, la natura ci insegna sia su’ i monti, sia a valle che si po’ nascer bruchi pe’ diventa’ farfalle. Noi semo quella razza che l’è tra le più strane che bruchi semo nati e bruchi si rimane”. E’ andata cosi. Ma forse essere andata cosi non è poi stato cosi male. Perchè a vedere l’ultima pellicola che ha interpretato in ordine di tempo prima della sua scomparsa e presente all’apertura di oggi al IV Chinese Film Festival in programmazione in questi giorni a Pisa “sogni di gloria: un film in due episodi” del collettivo indipendente Jhon Snellinberg, Carlo Monni, con il suo pubblico, non ha mai smesso di dialogare. E per lui, la differenza stava proprio in questo forse: l’arte attoriale come dialogo e non come monologo.Un’arte da condividere, che unisca piuttosto che divida. Molti l’hanno sempre considerato eccessivo come attore, e cosi, la maggior parte del pubblico lo ricorda. Ma basta guardare questo piccolo e coraggioso film a puntate (Monni è il protagonista del secondo episodio) per capire che Carlo Monni, no, non era così. E guai a chiamarlo film postumo, questa interpretazione di Monni è un vero testamento spirituale. Il film 94 minuti in totale, è stato premiato come miglior film al Rome Independent Film Festival 2014, e come miglior film e montaggio al Worldfest Houston Annual International Independent Film Festival 2014 e si presenta ora al quarto Chinese Film Festival di Pisa con un pubblico numeroso italiano (e nella fattispecie toscano, terra di Monni) e curioso cinese. La storia del secondo episodio, narra infatti di Giulio, studente cinese di enologia ed appassionato di matematica, in cerca di se stesso e vittima di una famiglia nostalgica della Cina, iniziato alla vita da Maurino (Carlo Monni, appunto) ed ai piaceri toscani di un circolo di carte di briscola per anziani dove i trofei sono prosciutti e formaggi e buona cucina (la sorella di Maurino) oltre che all’amore di una giovane italiana che finirà a letto con il personaggio chiamato “Disumano”, per via delle proporzioni intime.Per la semplice legge del contrappasso dantesco, il messaggio dell’episodio del film e del personaggio interpretato da Monni è chiaro: proprio come il gioco delle carte, che è la forma di espressione piu’ universale per spiegare cosa significano gli eventi della nostra vita, la vita umana di un uomo alle prese con il suo destino, anche di un ragazzo cinese che pare incarnare nel film quanto di piu’ lontano (e paradossalmente piu’ vicino) possa esserci in una periferia italiana impara a giocare, a “scendere” le carte. Non ad immedesimarsi con esse, ma a giocarle al meglio. Anche quando stralunati personaggi (i partecipanti al torneo del circolo di briscola appunto) , faranno di tutto per vincere. Perchè la cosa importante dice appunto Maurino a Giorgio nella scena più vera del film: “devi mettere ordine nel Caos”.Un piccolo dettaglio non trascurabile. Nel film Maurino ha un vecchio ex amico, non solo di gioco e di vecchia data che “gli ha rubato il futuro 30 anni fa e se l’è spartito con gli altri”. Il rimando diretto di quello che è stato nella realtà il grande amico poi in sodalizio artistico di Carlo Monni ovviamente non c’è, ma lascia in queste poche battute tutto il testamento spirituale di questo attore verace per cui l’unico imprevisto a cui non ci si puo’ mai preparare è il tradimento del miglior compagno di gioco, quello di tutta una vita “che ti cala le carte sbagliate non per errore ma per denaro”. Il tipico finale di umorismo nero toscano, porta comunque in sè un messaggio di speranza: il vizio della vita , se uno ce l’ha, non se lo puo’ levare. Forse la Cupola del Brunelleschi e la Grande Muraglia Cinese non sono cosi lontani.Si conclude così il Chinese Film Festival di Pisa con un fuori-festival sulla Cina nella video arte, e che puo’ essere un sottotitolo interessante per questo chinese film festival. Un festival questo di Pisa, che ha visto vari artisti e giovani designer cinesi affiancare il chinese film festival in programmazione fino a pochi giorni fa, alla Leopolda. Interessante quest’anno è che il Pisa Chinese Festival, grazie alla collaborazione del dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, ha anche proposto due seminari: il primo, organizzato ieri mattin La Cina nella videoarte di Robert Cahen con professoressa Sandra Lischi e che ha presentato alcuni lavori del videoartista Robert Cahen. Il secondo, in programma per oggi alle 16.00, tratterà de I quadri cinesi di Bruno Oliviero, e sarà tenuto dallo studioso e giornalista Danilo Soscia.I film proposti in cartellone, invece, hanno fatto perno su cio’ che il cinema cinese rappresenta oggi, ovvero un cinema in evoluzione dopo che nel 1949, anno di nascita della repubblica popolare cinesi, tanto che ora sono emersi i registi della cosi detta “quinta generazione” ovvero quei registi che hanno vissuto nel cinema cinese stesso i cambiamenti di un’epoca in profonda evoluzione. Il cinema cinese infatti dapprima è sempre stato tacciato di arte di stato, tanto vale non dimenticarlo, necessario come strumento di diffusione di massa di principi e propaganda. Mentre poi, con le grandi aperture dellle accademie del cinema ad opera di Deng Xiaoping è diventato sempre piu’ indipendente con una generazione di registi interessante anche fuori dai confini nazionali. Ed ecco cosi che al Pisa Chinese Festival troviamo Sogni di gloria di John Snellinberg ed Il tocco del peccato di Jia Zhangke, mentre colpisce China Eavyweight di Yung Chang; la rassegna ha poi proposto l’intenso film di Zhang Yuan del 2006 La guerra dei fiori rossi tratto dall’omonimo romanzo semi-autobiografico di Zhan Shuo e co-prodotto dalla cinese anche dall’italiana downtown pitcures.Il film, che tratta della storia del piccolo Qiang, un bambino di appena 4 anni che viene messo in un asilo a convitto dal momento che il padre è un militare e la madre un’impiegata del ministero cinese. Il bimbo, tra una serie di marachelle ed incomprensioni con le maestre, sara’ sempre alla ricerca della conquista dei fiori rossi, ovvero quei fiori che identificano i bimbi bravi da quelli cattivi. Presentato al Sundance Film Festival ed al Festival di Berlino nello stesso anno di produzione, vinse il premio CICAE. Da segnalare la scelta della conferenza di approfondimento su Robert Cahen nel cartellone del fuori-festival.Il suo Sept visions fugitives del 1995 interamente girato in Cina, restano i 35 minuti di “finestre” sul mondo cinese più artistici di sempre. Fu il primo lavoro di Cahen ad essere fatto con le telecamere digitali e senza operatori professionsiti e che poi divenne un’installazione memorabile (con sette lunghe casse di legno in cui venne inserito ad un estremo all’altro un monito dove gli spettatori, a turno, potevano guardare) sulla propria visione fuggitiva della Cina attraverso la videoarte.di Cristina T. Chiochia per Oggialcinema.netChinese Film Festival: videoarte, cinema e oltre le visioni fuggitive
ultima modifica: 2015-03-05T00:19:33+00:00
da Redazione OAC
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