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"Chiunque si esalta sarà umiliato" (30° Domenica TO anno C)

Creato il 27 ottobre 2013 da Ambrogio Ponzi @lucecolore
27 ottobre 2013 30° DOMENICA TEMPO ORDINARIO ANNO C
Antifona d'Ingresso  Sal 104,3-4Gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
cercate sempre il suo volto.

CollettaO Dio, tu non fai preferenze di persone e ci dai la certezza che la preghiera dell'umile penetra le nubi; guarda anche a noi come al pubblicano pentito, e fa' che ci apriamo alla confidenza nella tua misericordia per essere giustificati nel tuo nome. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura  Sir 35, 15-17.20-22 La preghiera del povero attraversa le nubi.Dal libro del SiràcideIl Signore è giudice
e per lui non c’è preferenza di persone.
Non è parziale a danno del povero
e ascolta la preghiera dell’oppresso.
Non trascura la supplica dell’orfano,
né la vedova, quando si sfoga nel lamento.
Chi la soccorre è accolto con benevolenza,
la sua preghiera arriva fino alle nubi.
La preghiera del povero attraversa le nubi
né si quieta finché non sia arrivata;
non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto
e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.
  • Parola di Dio
    Salmo Responsoriale  Dal Salmo 33
    Rit. : Il povero grida e il Signore lo ascolta.
    Benedirò il Signore in ogni tempo,
    sulla mia bocca sempre la sua lode.
    Io mi glorio nel Signore:
    i poveri ascoltino e si rallegrino. - Rit.
    Il volto del Signore contro i malfattori,
    per eliminarne dalla terra il ricordo.
    Gridano e il Signore li ascolta,
    li libera da tutte le loro angosce. - Rit.
    Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
    egli salva gli spiriti affranti.
    Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
    non sarà condannato chi in lui si rifugia. - Rit.
    Seconda Lettura  2 Tm 4,6-8.16-18 Mi resta solo la corona di giustizia. 
    Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione. Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone. Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.  - Parola di Dio
Canto al Vangelo  2 Cor 5,19
Alleluia, alleluia.
Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo,
affidando a noi la parola della riconciliazione.
Alleluia.


Vangelo  Lc 18, 9-14 Il pubblicano tornò a casa giustificato, a differenza del fariseo.
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».  - Parola del Signore
RIFLESSIONI
  • Gesù, per mezzo dell’evangelista Luca, affida il suo messaggio a due figure che appaiono contrapposte.
Io direi di fare una attenta lettura dei particolari delle due diverse figure, perché emerga il messaggio per noi. Le due figure non si identificano tanto nella persona singola, quanto in un comportamento, in una coscienza. Un primo comportamento è espresso dal fariseo Il fariseo nella cultura del tempo e nella società era un personaggio importante: amministrava, era una persona di rilievo, in vista ; non era per forza un malvagio, ma aveva un atteggiamento di autosufficienza che Gesù smaschera con il suo insegnamento e il suo annuncio di salvezza. Nel contesto del brano, tutto si compie nel tempio in un momento di preghiera. Fariseo e pubblicano sono nel tempio e pregano. Andare al tempio non è di per sé una garanzia di autentica preghiera. Noi siamo qui a leggere la Parola, ma questo non ci garantisce di essere migliori degli altri, possiamo anche sciupare questo momento. La prima domanda è questa: come è la nostra preghiera, la nostra lettura della Parola e quale il legame con la vita? Nell’opzione della linea da seguire è essenziale non andare solo al tempio, ma andarci con verità e vivendo una preghiera vera. Quindi, considerando anche quanto espresso nel Vangelo di domenica scorsa, bisogna avere il coraggio di pregare e avere il coraggio di dire: non sono sicuro di portare frutto, cioè di ammettere che non è garantito il risultato. Fermiamoci un momento e proviamo a pensare: come vivo la Parola che leggo e ascolto? Le due modalità, rappresentate dai due personaggi, sono diverse, opposte; ciò che è bene per uno non lo è per l’altro, almeno come coscienza. I due uomini vanno al tempio, pregano, ma com’è questa preghiera? Com’è la loro postura? Il fariseo si porta davanti in piedi in modo che si veda, cioè si pone con un atteggiamento di esibizione. Cosa dice ? É la sua una preghiera vera ? Dinanzi a Dio lui dice: O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il fariseo non loda Dio, ma loda se stesso; è lui il bravo che si comporta bene, o meglio che crede di comportarsi bene. Il fatto grave è ciò che si nasconde dietro questa illusione e non corrisponde tanto all'andare al tempio, ma all’andarci senza cogliere l’evidenza di questo atteggiamento. Cosa vuol dire andare al tempio? Il fariseo continua il suo discorso facendo riferimento alla legge morale che Dio ha dato ad Israele. Ci sono due passaggi: non sono come gli altri e rispetto la legge. Il fariseo si identifica così con la fedeltà letterale alla legge di Dio, ma chiude il cuore al fatto più importante: lodare e ringraziare Dio. È Lui che va ringraziato veramente. Il nodo è proprio in questa autoesaltazione, in una preghiera che potremmo definire autoritratto. Il fariseo si dipinge e fa notare le cose che fa per sua soddisfazione. Ringrazia Dio a parole, ma non nella sostanza. È Dio il datore dei doni; le nostre bravure sono per grazia di Dio e per questo il ringraziamento va rivolto sempre al Signore. In questo emerge la ragione importante della seconda figura. Quando mi confronto con Dio non tanto per giustificarmi, ma per riconoscere la sua santità, allora mi accorgo di essere un povero che ha bisogno di Lui, soprattutto per obbedirgli, per riconoscerlo come maestro e per dire, come San Paolo, che non merito nulla per quello che ho fatto, ma che tutto è grazia. Il pubblicano ringrazia Dio, il fariseo invece ringrazia se stesso e si afferma.
Il vangelo stabilisce una opposizione che non è possibile risolvere. Il pubblicano è nel tempio, prega e si pone dietro, quasi vergognoso, si fa piccolo battendosi il petto :Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore ”. Questo dice il senso del peccato, la coscienza di non essere all’altezza davanti a Dio, la distanza che c’è tra lui e Dio e che solo Dio può superare. Gesù è la concretezza di questo fatto. La figura del pubblicano si trova nella posizione opposta a quella del fariseo. Viene allora naturale la domanda: se io non riconosco di essere peccatore, non c’è salvezza per me? La salvezza c’è e il suo vertice è in Gesù crocifisso, dove Gesù non aspetta che la gente si muova e vada da Lui, ma è Lui che scende in mezzo a noi, si consegna nelle nostre mani come il crocifisso. Per noi questo è il grande annuncio. Noi non annunciamo la nostra bravura, ma la misericordia di Dio che salva. Allora questo polo apre la via di una conversione. C’è una via di uscita: fidarsi realmente e veramente di Dio, amare i fratelli se non come perfezione almeno come atteggiamento. Battersi il petto vuol dire evidenziare ed esprimere una coscienza e sostenerla. Detto questo, alcune conseguenze pratiche. Il fariseo e il pubblicano esprimono anche il nostro atteggiamento, il nostro modo di vedere Dio e i fratelli. Non è secondario il fatto che il fariseo disprezza quel povero laggiù, mentre il pubblicano non colpisce l’altra persona, ma l’accoglie e la riconosce. È evidente l’opposizione tra il vantarsi personale e la misericordia invocata del pubblicano. Il nostro rapporto con Dio, per essere vero, deve scendere nella concretezza del vivere quotidiano, con tutte le miserie che nel quotidiano troviamo e che vanno superate nella fede, nella speranza e nella carità. Potremmo dire che da come prego emerge come penso a Dio e ai fratelli; e da come penso a Dio e ai fratelli emerge il come prego.
LA PREGHIERA RICHIEDE UMILTÀ
La preghiera richiede umiltà. E umiltà è adesione alla realtà, alla povertà e alla piccolezza della condizione umana, all’humus di cui siamo fatti. Umiltà non è falsa modestia, non equivale ad un io minimo, ma è autenticità, verità personale. Essa è coraggiosa conoscenza di sé di fronte a Dio che ha manifestato se stesso nell’umiltà e nell’abbassamento del Figlio. Dove c’è umiltà, c’è apertura alla grazia e c’è carità; dove c’è orgoglio, c’è senso di superiorità e disprezzo degli altri. ( Bose: “Eucarestia e Parola” XXX dom. )
Non c’è famiglia, non c’è comunità nella misura in cui non c’è umiltà. Non importano i bravi, ma gli umili secondo il Vangelo. Umiltà è riconoscere i propri limiti e quelli del fratello, raccoglierli nella misericordia di Dio che vuole la nostra salvezza, che riconosce il dono di tutti e lo valorizza.
Il Signore ci aiuti a rinnovare la nostra coscienza superando i limiti.

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