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Non so mai quantificare la tristezza, la sensazione di vuoto assoluto che si crea a metà, tra lo stomaco e la gola. Oggi ne scopro l'odore, il sapore acre che sei costretto a mandare giù anche se non vuoi. Avrei voluto parlarti prima, rivederti ancora un'ultima volta. Almeno per dirti qualcosa di me, della mia vita. Del punto in cui mi trovo e di tutto quello che mi sfugge, inesorabilmente. Avrei voluto sentirmi dire da te:"Vale, dove ti trovi oggi è esattamente dove dovresti essere. Continua così!". Se tu me lo avessi detto io ti avrei creduto, lo avrei fatto senz'altro.
E invece non ne ho avuto il tempo, rimani nei miei ricordi e rimane questo ultimo incontro immaginato solo nella mia testa. E fa male.
Avrei voluto sentire la tua, sugli ultimi film Marvel, ricordo quanto amavi Peter Parker. Avrei voluto parlare con te di Jep, delle sue feste e dei suoi trenini diretti da nessuna parte. Avrei voluto massacrare insieme a te la critica italiana, per poi confessarti:"Prof, ma lo sai che sono diventata un critico?". Chissà quale faccia avresti fatto...Avrei voluto parlarti di me, della mamma che sono diventata, dei miei figli e della paura terribile che ho quando penso al loro domani. Paura di non farcela a dare loro il meglio, paura di essere una donna sbagliata, figlia ancora ribelle e testarda. Ti ricordi quando mi dicesti che c'era da presentare un film di Scola, in un altro Liceo del quale non ricordo il nome, e tu pensasti bene di proporre a me la cosa. Quanta paura avevo, non te l'ho mai dato a vedere, eppure ne avevo da vendere. Quella fu la prima volta in cui io parlai davanti a un piccolo pubblico, esponendo la mia idea su un film. Era "Una giornata particolare", lì capii che quella storia d'amore appena nata, era destinata a non finire mai. Lì mi innamorai del cinema, da lì in poi io ti devo la parte di me che amo di più. La me più bella e entusiasta, la me critica e capocciona. Tu credevi in me, quando ancora io non sapevo cosa volesse dire stare al mondo. Mi urlasti contro durante la prima prova alla maturità, perché mi piangevo addosso convinta di non saper scrivere. "Valentì, non dire cazzate e scrivi!".La mano partì e la testa con lei. Ricordo ancora quando mi consegnasti il tema, con gli occhi pieni della loro gioia, e della mia. La soddisfazione di aver tirato su un piccolo mostriciattolo innamorato della letteratura, del cinema. Che voleva scrivere, anche se il suo talento nel buttar giù lacrimoni, avrebbe potuto portarmi altrove. Tu mi vedevi bene come attrice drammatica (lo so che me lo dicevi per prendermi in giro) e di una cosa sola ti importava, che io non perdessi mai la paura e trovassi la forza nella voglia di sapere quanto di più possibile c'è da sapere. La curiosità che mi leggevi in faccia, la ramanzina al quarto superiore, quando mi ricordasti che non c'era solo la Storia (io avevo un debole per la materia), e che avrei dovuto iniziare a guardare con quegli stessi occhi, alla Letteratura. Me lo avessi mai detto...Al quinto, avevo già deciso che il mio percorso senza di te, sarebbe andato avanti all'Università, studiando Lettere. La tua presenza non mi ha mai lasciato, la tua voce e il tuo modo scoraggiante, ma provocatorio, di dire: "non fa che mi vuoi diventà insegnante eh?". Ma io lo so che ti avrebbe reso fiero come nessun altro. Oggi ti prometto una cosa. Il prossimo anno mi iscrivo a Lettere per la seconda volta. Sì, voglio prendere la magistrale e voglio provarci. La voglia di vivere e l'attaccamento a questa vita l'ho imparato da te. Insieme a questa passione che mi hai trasmesso. A te non fregava nulla se il lunedì mattina qualcuno non aveva fatto "i compiti a casa". Lo dicevi spesso. "Avete visto almeno qualche film?".Se la risposta era sì, eravamo già tutti promossi. Un posto nel tuo cuore e uno in paradiso, contemporaneamente.
Oggi ti ho rivisto lasciare la classe, con la solita fierezza e l'espressione liscia, di chi ha fatto ancora una volta, il proprio dovere. Un dovere che per bocca tua, per mano tua, diventava benedizione per noi altri. Noi alunni, alle prese con i primi piani per il futuro. Ancora così stupidi e belli, in ogni cosa che ci riguardava. Oggi eravamo più grandi, con il futuro in mano, pieni di paura e mai come prima "smarriti". Oggi hai lasciato quella classe, voltandoti per l'ultima volta. E tutto rimane così com'era ieri, solo imbruttito dagli anni che hanno portato via tutte le domande che avevamo in serbo, alle quali tu, puntualmente, cercavi di rispondere. Mai in maniera definitiva, mai convinto. Ma sempre pieno d'entusiasmo. Non volevi che i tuoi alunni cercassero modelli assoluti, perché dicevi che la rivoluzione è dentro di noi. Eppure, tu per me lo eri, lo sei ancora adesso. Ora che ti ho visto andar via, verso un punto lontano dal mondo, dal quale non è previsto ritorno. Ti porterò con me, accanto alla parola insegnamento, accanto al cinema e a un libro mai chiuso. Ciao Prof!
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